Ma Caramon non lo stava ascoltando. In preda all’alcool e all’autocommiserazione, crollò al suolo.
Appoggiandosi con la schiena a un albero, farfugliò frasi incoerenti su orrori senza nome, implorando Tika di riportarlo a casa.
Bupu si alzò in piedi e si avvicinò al grosso guerriero. «Me andare via,» disse, disgustata. «Me non volere grasso, ubriaco piagnucolone, trovare tanti a casa.» Annuendo con la testa s’incamminò lungo il sentiero. Tas le corse dietro, l’afferrò e la trascinò con sé.
«No, Bupu! Non puoi! Siamo quasi arrivati!»
D’un tratto Tasslehoff perse la pazienza. Tanis non c’era. Nessuno era là per aiutarlo. Era come quella volta quando aveva rotto il globo dei draghi. Forse quello che stava facendo non era la cosa giusta, ma era l’unica che adesso gli era venuta in mente.
Si avvicinò a Caramon e gli tirò un calcio negli stinchi.
«Ahi!» esclamò Caramon. Deglutì rumorosamente e fissò Tas sorpreso, con un’espressione perplessa e ferita sul viso. «Perché l’hai fatto?»
Come risposta, Tas gli tirò un altro calcio, ancora più forte. Gemendo, Caramon si afferrò la gamba.
«Ehi, adesso sì che ci divertiamo,» disse Bupu. Correndo avanti tutta felice, appioppò un calcio all’altra gamba di Caramon. «Me rimanere adesso. Sì.»
L’omone ruggì. Alzandosi in piedi con movimenti impacciati, fissò Tas con occhi furenti.
«Maledizione, Burrfoot, se è uno dei tuoi giochetti...»
«Non è un giochetto, grosso manzo che non sei altro!» urlò il kender. «Ho deciso di farti entrare in testa un po’ di buonsenso a suon di calci, tutto qui! Ne ho abbastanza dei tuoi piagnistei! Non hai fatto altro che piagnucolare, tutti questi anni! Il nobile Caramon, che si sacrificava tutto per il suo ingrato fratello. L’amorevole Caramon che metteva sempre Raistlin per primo! Be’, forse l’hai fatto, o forse no. Comincio a pensare che tu abbia sempre messo Caramon per primo! E forse Raistlin lo sapeva, nel suo intimo, quello che io soltanto adesso comincio a capire! L’hai fatto soltanto perché ti faceva sentire bene! Raistlin non aveva bisogno di te, eri tu ad aver bisogno di lui! Hai vissuto la sua vita perché avevi troppa paura di vivere una tua vita!»
Gli occhi di Caramon ardevano febbricitanti, il suo volto era impallidito per la rabbia. Lentamente si sollevò in piedi serrando i pugni. «Sei andato troppo oltre, stavolta, piccolo bastardo...»
«Davvero?». Adesso Tas si era messo a urlare, saltando su e giù. «Bene, ascolta questo, Caramon! Hai sempre piagnucolato perché nessuno aveva bisogno di te. Ti sei mai soffermato a pensare che adesso Raistlin ha bisogno di te più di quanto ne abbia mai avuto prima d’ora? E Dama Crysania ha bisogno di te! E tu te ne stai là come un grosso grumo di gelatina tremolante con il cervello tutto inzuppato e ridotto in poltiglia!»
Per un momento Tasslehoff pensò di essersi spinto troppo oltre. Caramon avanzò incerto d’un passo, la sua faccia era chiazzata, sporca e imbruttita. Bupu cacciò un urlo e si rifugiò dietro a Tas.
Il kender tenne duro, proprio come aveva fatto quando i Signori degli elfi, inferociti, erano stati sul punto di tagliarlo in due per aver rotto il globo dei draghi. Caramon si stagliò minaccioso sopra di lui, l’alito dell’omone puzzolente di liquore fece quasi vomitare Tas. Involontariamente chiuse gli occhi. Non per paura ma per la terribile espressione di angoscia e di rabbia sulla faccia di Caramon.
Rimase là fermo, tenendo i piedi saldamente piantati nel terreno, in attesa del colpo che con ogni probabilità gli avrebbe fracassato il naso, facendolo schizzar fuori dall’altro lato della testa.
Ma il colpo non arrivò. Vi fu un fracasso di rami schiantati, di passi giganteschi che si addentravano in mezzo alla folta boscaglia destando sordi rimbombi.
Tas aprì cautamente gli occhi. Caramon se n’era andato, lasciando dietro di sé una scia di vegetazione abbattuta che si perdeva nella foresta. Sospirando, Tas lo seguì con lo sguardo. Bupu strisciò fuori da dietro la sua schiena.
«È divertente,» annunciò. «Dopotutto rimango. Forse giochiamo di nuovo?»
«Non credo, Bupu,» disse Tas con voce infelice. «Vieni, credo che faremo meglio a seguirlo.»
«Oh, be’,» rifletté con filosofia la nana dei burroni. «Altro gioco arriverà, divertente.»
«Sì,» fu d’accordo Tas con aria assente. Voltandosi, timoroso che qualcuno dentro quella disgraziata taverna potesse aver sentito e intendesse creare guai, sgranò gli occhi, allibito.
La Taverna del Boccale Rotto era scomparsa. L’edificio fatiscente, l’insegna appesa alla catena, i nani, i rangers, l’oste, perfino il bicchiere che Caramon aveva portato alle labbra... ogni cosa era scomparsa nell’aria di metà pomeriggio come un sogno malefico scompare nel momento del risveglio.
Capitolo settimo.
Entro sera Caramon era ubriaco fradicio.
Tasslehoff e Bupu raggiunsero l’omone mentre era in piedi in mezzo ad un sentiero, intento a prosciugare le ultime gocce di spirito dei nani dalla fiasca. Aveva spinto la testa indietro così da poter succhiare ogni singola goccia. Quando finalmente abbassò la fiasca, fu per sbirciare al suo interno con disappunto. Oscillando incerto sui piedi, la scosse.
«Tutto finito,» lo sentì borbottare Tas in tono infelice.
Il kender provò un tuffo al cuore.
«Adesso l’ho fatta grossa,» si disse Tas sconsolato. «Non posso dirgli che la locanda è scomparsa. Non quando si trova in queste condizioni! Non farei altro che peggiorare le cose!»
Ma non si era reso conto di quanto effettivamente fossero peggiorate fino a quando non si fu avvicinato a Caramon battendogli una mano sulla spalla. L’omone si girò di scatto, allarmato.
«Cosa ci è? Chi... chi ci è?». Sporse la testa a scrutare la foresta che si stava rapidamente oscurando.
«Io, qua sotto,» rispose Tas con un filo di voce. «Volevo... volevo dirti che mi dispiace, Caramon, e...»
«Uh? Oh...» Caramon lo fissò, barcollando all’indietro. Poi sorrise scioccamente. «Oh, ciao piccoletto. Un kender,» il suo sguardo andò a Bupu, «e un na... nano dei bu... burroni,» terminò d’impeto. Fece un inchino. «Come vi chiamate?»
«Cosa?» fece Tas.
«Cuomevicchiamate?» ripetè Caramon, con estrema dignità. «Tu mi conosci, Caramon,» disse Tas perplesso. «Io sono Tasslehoff.»
«Me Bupu,» rispose la nana dei burroni, illuminandosi in viso. Era ovvio che sperava che quello fosse un gioco. «Chi tu?»
«Ma tu sai chi è...» cominciò a dire Tas, irritato, poi quasi inghiottì la lingua quando Caramon lo interruppe.
«Io sono Raistlin,» dichiarò l’omone, in tono solenne, facendo un altro inchino, barcollando pericolosamente sulle gambe. «Un... uh... grrrande e pos... pos... possente maguo...»
«Uffa, smettila, Caramon!» esclamò Tas, disgustato. «Ho detto che mi dispiace, perciò non...»
«Caramon?» Gli occhi dell’omone si spalancarono, poi si strinsero astutamente. «Caramon è morto. L’ho ucciso. Molto tempo fa nella Tor-tor-tor... nella Tuorre della Grande Stregoneriaaa...»