Eppure, malgrado la loro esistenza di continuo e contorto dolore, i Vivi non pronunciavano nessuna parola per lamentarsi. Stavano assai meglio loro che quelli che vagavano per la Torre, conosciuti come i Morti...
Raistlin si materializzò all’interno della Casa della Visione, un’ombra scura che emerse dal buio. La fiamma azzurra sfavillava sui fili d’argento che decoravano le sue vesti, irradiandosi anche dentro il tessuto nero. Dalamar comparve accanto a lui, e i due si fecero avanti, fermandosi accanto all’acqua nera e immobile.
«Dove?» chiese Raistlin.
«Qui, M...maestro,» farfugliò uno dei Vivi, puntando un’appendice deforme.
Raistlin si portò rapidamente al suo fianco. Dalamar gli camminò accanto. Le loro vesti nere produssero un fruscio morbido e sussurrante sulle pietre viscide del pavimento. Fissando l’acqua, Raistlin fece cenno a Dalamar di fare lo stesso. L’elfo scuro guardò dentro la superficie immobile, e per un istante vi vide soltanto il riflesso del getto fiammeggiante azzurro. Poi la fiamma e l’acqua si fusero, quindi si dischiusero e Dalamar si trovò in una foresta. Un grosso maschio umano, abbigliato con un’armatura del tutto sproporzionata alla sua mole, stava fissando il corpo di una giovane femmina umana abbigliata di bianco. Un kender era inginocchiato accanto al corpo della donna, tenendole la mano nella sua. Dalamar sentì l’omone parlare con la stessa chiarezza come se lui si fosse trovato al suo fianco.
«È morta...»
«Non... non ne sono sicuro, Caramon. Penso...»
«Ho visto la morte tanto spesso quanto basta, credimi. È morta. Ed è tutta colpa mia... colpa mia...»
«Caramon, imbecille!» Raistlin ringhiò un’imprecazione. «Cos’è successo? Cos’è andato storto?»
Mentre il mago parlava, Dalamar vide il kender sollevare rapidamente lo sguardo.
«Hai detto qualcosa?» chiese il kender al grosso umano, che stava scavando il terreno.
«No, è stato il vento.»
«Cosa stai facendo!»
«Sto scavando una tomba. Dobbiamo seppellirla.»
«Seppellirla?» Raistlin se ne uscì in una breve, amara risata. «Oh, naturalmente, idiota pasticcione! È tutto quello che riesci a pensare di fare!» Il mago era furente. «Seppellirla! Devo sapere cos’è accaduto!». Si rivolse al Vivo. «Cos’hai visto?»
«L... loro ac... campati tra gli alberi, M... maestro.» La bava gocciolava dalla bocca. «D... draco uc... ucciso...»
«Draconici?» ripetè Raistlin con stupore. «Vicino a Solace? Da dove sono venuti?»
«N... non so! N... non so!» Il Vivo si ritrasse terrorizzato. «I... io...»
«Sst,» lo ammonì Dalamar, riportando l’attenzione del suo maestro sulla pozza dove il kender stava discutendo.
«Caramon, non puoi seppellirla! E...»
«Non abbiamo altra scelta. So che non è corretto ma Paladine farà in modo che la sua anima viaggi in pace. Non possiamo rischiare di erigere una pira funeraria, non con questi draconici intorno...»
«Ma Caramon, credo proprio che dovresti venire a darle un’occhiata! Non c’è un solo segno sul suo corpo!»
«Non voglio guardarla! È morta! È stata colpa mia! La seppelliremo qui, poi io tornerò a Solace, tornerò per scavare la mia stessa tomba...»
«Caramon!»
«Vai a cercare qualche fiore e lasciami in pace!»
Dalamar vide l’omone strappare dal suolo le zolle umide a mani nude, scagliandole da parte mentre le lacrime gli scorrevano giù per il viso. Il kender rimase accanto al corpo della donna, irresoluto. Il suo volto era coperto di sangue disseccato, la sua espressione era un misto di dolore e di dubbio.
«Nessun segno, nessuna ferita, i draconici sbucati dal nulla...». Raistlin corrugò la fronte pensieroso. Poi, d’un tratto s’inginocchiò accanto al Vivo, che cercò di sgusciare via da lui. «Parla. Dimmi tutto. Devo sapere. Perché non sono stato chiamato prima?»
«I... il d... draco uccide, M... maestro,» farfugliò il Vivo in preda all’angoscia. M... ma an... anche l’o...omone h... ha uc... ucciso. P... poi gr... grande buio v... venuto! O... occhi di f... fuoco. I... io p... paura, ca... cadere in ac... acqua...»
«Ho trovato il Vivo ai bordi dell’acqua,» riferì Dalamar con freddezza, «quando uno degli altri mi ha detto che stava accadendo qualcosa di strano. Ho guardato nell’acqua. Conoscendo il tuo interesse per questa femmina umana, ho pensato che tu...»
«Giusto,» mormorò Raistlin, interrompendo con impazienza la spiegazione di Dalamar. Gli occhi dorati del mago si restrinsero, le sue labbra sottili si stirarono. Percependo la sua collera, il povero Vivo trascinò il proprio corpo quanto più lontano possibile dal mago. Dalamar trattenne il fiato. Ma la collera di Raistlin non era diretta contro di loro.
«“Grande buio, occhi di fuoco”... Lord Soth! Così, sorella mia, mi tradisci,» bisbigliò Raistlin.
«Sento l’odore della tua paura, Kitiara! Vile! Codarda! Avrei potuto farti regina di questo mondo. Avrei potuto darti una ricchezza incalcolabile, un potere sconfinato. Ma no. Dopotutto, sei soltanto un verme!»
Rimase là in silenzio, riflettendo, fissando la pozza immobile. Quando riprese a parlare, la sua voce era sommessa, letale. «Non dimenticherò mai questo, mia cara sorella. Sei fortunata che io abbia faccende più urgenti e incalzanti di cui occuparmi, altrimenti ti troveresti già nell’identica dimora degli inferi insieme al lord fantasma che ti serve!» Raistlin serrò il pugno sottile, poi, con un chiaro sforzo, si costrinse a rilassarsi. «Ma adesso, cosa devo fare in proposito? Devo fare qualcosa prima che mio fratello pianti il chierico in un’aiuola!»
«Shalafi, cos’è successo?» chiese Dalamar, osando molto. «Questa donna... cos’è per te? Non capisco.»
Raistlin lanciò un’occhiata irritata a Dalamar e parve sul punto di rampognarlo aspramente per la sua impertinenza. Poi il mago esitò. I suoi occhi dorati balenarono all’improvviso d’un lampo di luce interiore che fece retrocedere Dalamar per la paura, prima di recuperare la sua espressione fissa e impassibile.
«Naturalmente, apprendista, saprai ogni cosa. Ma prima...»
Raistlin ristette. Un’altra figura era entrata in scena nella foresta che stavano osservando con tanta attenzione. Era una nana dei burroni, infagottata in strati e strati d’indumenti cenciosi e multicolori, che si trascinava dietro una borsa gigantesca.
«Bupu!» bisbigliò Raistlin, il suo raro sorriso gli sfiorò le labbra. «Eccellente. Ancora una volta mi servirai, piccolina.»
Allungando una mano, Raistlin toccò l’acqua immobile. I Vivi intorno alla pozza urlarono di orrore, poiché avevano visto molti della loro specie cadere dentro quell’acqua scura, per poi accartocciarsi e rimpicciolire e diventare null’altro che un filo di fumo che si levava in aria con un grido stridulo. Ma Raistlin si limitò a mormorare delle parole sommesse e poi ritirò la mano. Le sue dita erano bianche come il marmo, uno spasimo di dolore gli attraversò il viso. Raistlin si affrettò a infilare la mano dentro una tasca della sua veste.
«Osserva,» bisbigliò esultante.
Dalamar fissò l’acqua, osservando la nana dei burroni che si avvicinava alla forma immobile e senza vita della donna.
«Me aiutare.»
«No, Bupu!»
«Tu non piacere mia magia? io andare casa. Ma prima me aiutare graziosa dama.»
«Nel nome dell’Abisso, che cosa...» borbottò Dalamar.
«Osserva», gli intimò Raistlin.
Dalamar osservò la manina sudicia della nana dei burroni affondare nella sacca al suo fianco. Dopo aver frugato alla cieca per un paio di minuti, ne emerse con un oggetto ripugnante: una lucertola morta e irrigidita con una cinghia di cuoio intorno al collo. Bupu si avvicinò alla donna e quando il kender cercò di fermarla gli puntò in faccia il piccolo pugno a mo’ di ammonimento. Con un sospiro e un’occhiata in tralice a Caramon, che stava scavando furiosamente, con la faccia ridotta a una maschera di dolore e di sangue, il kender fece un passo indietro. Bupu si lasciò cadere accanto alla forma senza vita della donna e appoggiò con cura la lucertola morta sul suo petto.