Выбрать главу

Adesso, mentre Caramon si guardava intorno, vide che quegli stessi alberi erano ancora attorno a loro... su tre lati. Ma adesso, sul quarto lato, a sud, gli alberi erano cambiati.

Quegli alberi, per la maggior parte morti, erano allineati in bell’ordine fila dopo fila. Qua e là, guardando più in profondità nella Foresta, era possibile vedere un albero vivo che sorvegliava come un ufficiale i ranghi silenziosi delle sue truppe. Il sole non risplendeva fra quegli alberi. Una nebbia densa e maligna fluiva dai tronchi, oscurando la luce. Gli alberi stessi erano orrendi a guardarsi, contorti e deformi, le radici e i rami si trascinavano sul terreno come grandi artigli. I loro rami non si muovevano, nessun vento agitava le loro foglie morte. Ma, cosa più orribile di tutte, c’erano creature all’interno della foresta che si muovevano. Mentre Caramon e Tas guardavano, potevano intravedere delle ombre che svolazzavano fra i tronchi, muovendosi furtive in mezzo al sottobosco spinoso.

«Guarda, adesso,» disse Tas. Ignorando il grido allarmato di Caramon, il kender corse dritto verso la foresta. E davanti a lui gli alberi si dischiusero! Un sentiero si spalancò davanti a lui, conduceva dritto dentro il cuore buio della Foresta. «Puoi fare di meglio?» gridò Tas, meravigliato, fermandosi un momento prima di metter piede sul sentiero. «E quando arretro...»

Il kender camminò all’indietro, allontanandosi dagli alberi, e i tronchi si ricongiunsero di nuovo, chiudendo i loro ranghi e ripresentando una barriera compatta.

«Hai ragione,» disse Caramon, con voce rauca. «È la Foresta di Wayreth. È così che ci è comparsa davanti una mattina.» Abbassò la testa. «Io non volevo entrare. Cercai di fermare Raist. Ma lui non aveva paura! Gli alberi gli si aprirono davanti, e lui entrò. “Rimani accanto a me, fratello mio”, mi disse, “ed io ti proteggerò”. Quanto spesso io gli avevo detto quelle parole? Non aveva paura! Ed io l’avevo!»

D’un tratto Caramon si alzò. «Usciamo da qui!». Afferrò con mani tremanti, fremente, il sacco a pelo, rovesciò l’intero contenuto della bottiglia sopra tutta la coperta.

«Non funziona,» disse Tas, laconico. «Ci ho provato. Guarda.»

Voltando le spalle agli alberi, il kender s’incamminò verso nord. Gli alberi non si mossero. Ma, cosa inesplicabile, Tasslehoff si stava dirigendo ancora una volta verso la Foresta. Per quanto tentasse, per quanto girasse, finiva sempre per camminare dritto in mezzo a quei filari di alberi da incubo immersi nella nebbia.

Sospirando, Tas si avvicinò a Caramon. Il kender sollevò solennemente lo sguardo sugli occhi cerchiati di rosso e chiazzati di lacrime dell’omone e sollevò la sua piccola mano appoggiandola sul braccio un tempo robusto del guerriero.

«Caramon, sei il solo ad essere passato di qua! Sei il solo che conosce la strada. E c’è qualcos’altro.» Tas puntò un dito. Caramon girò la testa. «Hai chiesto di Dama Crysania. Eccola là. È viva, ma allo stesso tempo è morta. La sua pelle è come il ghiaccio. I suoi occhi sono fissi in un’espressione terribile. Respira, il cuore batte, ma sarebbe lo stesso se pompasse attraverso il suo corpo quel fluido speziato che gli elfi usano per conservare i loro morti!». Il kender esalò un profondo, tremulo respiro. «Dobbiamo trovare aiuto per lei, Caramon. Forse là dentro,» Tas indicò la Foresta, «i maghi potranno aiutarla! Io non posso trasportarla.» Sollevò le mani, impotente. «Ho bisogno di te, Caramon. Lei ha bisogno di te! Immagino si potrebbe dire che glielo devi.»

«Da quando in qua è colpa mia se si è fatta male?» borbottò Caramon, con un ringhio.

«No, non volevo dire questo,» replicò Tas, inclinando la testa e sfregandosi gli occhi con la mano.

«Non è colpa di nessuno, immagino.»

«No, è colpa mia,» dichiarò Caramon. Tas sollevò lo sguardo su di lui, sentendo una nota nella voce di Caramon che da molto, moltissimo tempo non aveva più sentito. L’omone se ne stava là, fissando la bottiglia che stringeva fra le mani. «È ora che guardi in faccia la realtà. Ho dato la colpa a tutti: Raistlin, Tika... ma per tutto il tempo ho saputo, dentro di me, di essere io il colpevole. Si manifestava nei miei sogni. Giacevo in fondo ad una tomba, e mi rendevo conto: questo è il fondo! Non posso scendere più in basso. O rimango qui e lascio che mi buttino sopra la terra, proprio come io stesso avrei seppellito Crysania, oppure mi arrampico fuori.» Caramon sospirò, un lungo, tremulo sospiro. Poi, presa un’improvvisa decisione, rimise il turacciolo alla bottiglia e la restituì a Tas.

«Ecco,» disse con voce sommessa. «Sarà una lunga arrampicata e avrò bisogno di aiuto, immagino. Ma non questo genere di aiuto.»

«Oh, Caramon!» Tas buttò le braccia intorno alla vita dell’omone fin dove poteva arrivare, abbracciandolo con forza. «Non ho mai avuto paura di questo bosco spettrale, no davvero. Ma mi stavo chiedendo come avrei fatto ad attraversarlo da solo. Per non parlare di Dama Crysania e... oh, Caramon! Sono così contento che tu sia tornato. Io...»

«Su, su,» borbottò Caramon, arrossendo per l’imbarazzo e spingendo delicatamente Tasslehoff lontano da sé. «Basta così. Non so quanto potrò essere di aiuto, ero spaventato a morte la prima volta che entrai in quel posto. Ma hai ragione. Forse potranno aiutare Crysania.» Il volto di Caramon s’indurì. «Forse potranno rispondere anche a qualche domanda che ho su Raist. Adesso, dov’è finita quella nana dei burroni? E...» abbassò lo sguardo sulla sua cintura, «... dov’è il mio pugnale?»

«Quale pugnale?» chiese Tas, voltandosi di scatto, volgendo lo sguardo verso la Foresta.

Allungando una mano, la faccia cupa, Caramon afferrò il kender. Il suo sguardo andò alla cintura di Tas. Tas seguì il suo sguardo, i suoi occhi si spalancarono per lo stupore.

«Vuoi dire quel pugnale? Cielo, mi chiedo come sia finito là... Sai,» disse pensieroso, «scommetto che l’hai lasciato cadere durante il combattimento.»

«Già,» borbottò Caramon. Ringhiando recuperò il pugnale e lo stava infilando di nuovo nel fodero quando udì un rumore alle sue spalle. Girandosi di scatto, allarmato, ricevette una secchiata d’acqua gelida in piena faccia.

«Lui sveglio adesso,» fece Bupu compiaciuta, lasciando cadere il secchio.

Mentre faceva asciugare i suoi indumenti Caramon, seduto per terra, studiava gli alberi, col volto teso per il dolore causatogli dai ricordi. Infine, tirando un sospiro, si rivestì, controllò le armi, poi si alzò in piedi. Subito Tasslehoff gli fu accanto.

«Andiamo!» disse con foga.

Caramon si fermò. «Dentro la Foresta?» chiese con voce disperata.

«Sì, certo!» esclamò Tas, sorpreso. «E dove, altrimenti?»

Caramon si accigliò, poi sospirò, quindi scosse la testa. «No, Tas,» disse burbero. «Tu rimani con Dama Crysania. Adesso, guarda,» disse in risposta all’indignato lamento di protesta del kender, «io m’inoltrerò nella Foresta per un piccolo tratto, per... ehm... controllare.»

«Pensi che ci sia qualcosa là dentro, non è vero?» Tas accusò l’omone. «È per questo che mi costringi a rimanere fuori ! Tu andrai là dentro e ci sarà un grosso combattimento. Tu l’ammazzerai e io mi perderò tutto!»

«Ne dubito,» borbottò Caramon. Lanciando un’occhiata apprensiva alla Foresta immersa nella nebbia, strinse la cintura che reggeva la spada.»

«Per lo meno potresti dirmi quello che pensi che sia,» disse Tas. «E, ascolta, Caramon, che cosa dovrò fare se ti uccidesse? Allora potrò entrare? Quanto tempo dovrò aspettare? Potrebbe ucciderti in... diciamo... cinque minuti? Dieci? Non penso che lo farà, intendiamoci,» si affrettò ad aggiungere, vedendo che Caramon spalancava gli occhi. «Ma dovrei saperlo, visto che mi lasci il comando.»