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«Non puoi fermarmi,» replicò Dalamar, e non c’era nessuna emozione nella sua voce. «Ho detto altre volte che avrei dato la mia anima per poter studiare con qualcuno come lui. E adesso, anche se dovesse costarmi la vita, rimarrò con lui. Si aspetta che io ritorni. Mi lascia la responsabilità della Torre della Grande Stregoneria in sua assenza.»

«Ti lascia di guardia?» chiese dubbioso il mago vestito di rosso. «Tu, che l’hai tradito?»

«Mi conosce,» spiegò Dalamar con amarezza. «Sa di avermi intrappolato. Ha punto il mio corpo e ha succhiato via la mia anima disseccandola, eppure tornerò nella ragnatela. Né sarò io il primo.»

Dalamar indicò la forma bianca distesa immobile sul giaciglio davanti a lui. Poi, quasi voltandosi, l’elfo scuro lanciò un’occhiata a Caramon. «Vero, fratello!» disse, con un sogghigno.

Finalmente, Caramon parve indotto ad agire. Scuotendo via con rabbia Bupu dal suo piede, il guerriero fece un passo avanti. Il kender e la nana dei burroni lo seguirono.

«Chi è costui?» volle sapere Caramon, fissando accigliato l’elfo scuro. «Cosa sta succedendo? Di chi stai parlando?»

Prima che Par-Salian potesse rispondere, Dalamar girò il volto verso il grosso guerriero.

«Mi chiamano Dalamar,» disse con freddezza l’elfo scuro. «E sto parlando di tuo fratello gemello, Raistlin. È il mio maestro. Io sono il suo apprendista. Inoltre sono una spia mandata da questa augusta compagnia che vedi davanti a te per riferire delle azioni di tuo fratello.»

Caramon non rispose. Era come se non avesse sentito. I suoi occhi, spalancati per l’orrore, erano fissi sul petto dell’elfo scuro. Seguendo lo sguardo di Caramon, Tas vide i cinque fori bruciati e insanguinati sulla pelle di Dalamar. Il kender deglutì provando d’un tratto una sensazione di nausea.

«Sì, è stata la mano di tuo fratello a far questo,» dichiarò Dalamar, indovinando i pensieri di Caramon. Sorridendo cupo l’elfo scuro afferrò con le mani gli orli strappati delle sue vesti nere e li ricongiunse nascondendo le ferite. «Non ha importanza,» borbottò. «Non è più di quanto meritavo.»

Caramon si affrettò a distogliere lo sguardo da Dalamar: aveva il volto talmente pallido che Tas infilò la sua mano in quella dell’omone, temendo che potesse accasciarsi al suolo.

«Cosa c’è?» chiese. «Non lo credevi capace di questo?» L’elfo scuro scosse la testa, incredulo, poi spazzò con lo sguardo l’assemblea. «No, siete come tutti gli altri. Sciocchi... tutti sciocchi.»

I maghi mormorarono insieme, qualche voce era rabbiosa, qualche altra intimorita, la maggior parte perplessa. Alla fine, Par-Salian sollevò la mano per ottenere silenzio.

«Dalamar, dicci quello che ha in mente. A meno che, naturalmente, non ti abbia proibito di parlarne.» C’era una nota d’ironia nella voce del mago che non sfuggì all’elfo scuro.

«No.» Dalamar sorrise tetro. «Conosco i suoi piani. Abbastanza, comunque. Mi ha perfino chiesto di accertarmi di essere in grado di riferirveli con la massima accuratezza.»

Nell’udire questo, si levarono mormorii e sbuffate di derisione. Ma Par-Salian parve soltanto ancora più preoccupato di prima, sempre che questo fosse possibile. «Continua,» gli intimò, quasi senza voce.

Dalamar tirò un lungo respiro.

«Viaggerà indietro nel tempo, nei giorni che hanno preceduto il Cataclisma, quando il grande Fistandantilus era al culmine del suo potere. È intenzione del mio Shalafi incontrare questo grande mago, studiare con lui, e recuperare quelle opere di Fistandantilus che sappiamo essere andate perdute nel corso del Cataclisma, poiché il mio Shalafi crede, da quanto ha letto nei libri degli incantesimi che ha preso nella Grande Biblioteca di Palanthas, che Fistandantilus abbia appreso come varcare la soglia che esiste fra dio e gli uomini. Così, il grande stregone è stato in grado di prolungare la sua vita dopo il Cataclisma per combattere le Guerre dei Nani. Così è stato in grado di sopravvivere alla terribile esplosione che devastò la terra di Dergoth. Così è stato in grado di vivere fino a quando non ha trovato un nuovo ricettacolo per la sua anima.»

«Non capisco niente di tutto questo! Ditemi cosa sta succedendo!» intimò Caramon, avanzando a grandi passi, in preda alla collera. «Altrimenti distruggerò questo miserando luogo fino a farvelo crollare in testa! Chi sarebbe questo Fistandantilus? Cosa mai ha a che fare con mio fratello?»

«Sst,» gli disse Tas, lanciando un’occhiata apprensiva ai maghi.

«Comprendiamo, kender,» disse Par-Salian, sorridendo a Tas con gentilezza, «comprendiamo la sua collera e il suo dolore. E ha ragione. Gli dobbiamo una spiegazione.» Il vecchio mago sospirò.

«Forse quello che ho fatto era sbagliato. Eppure, avevo forse una scelta? Dove mi troverei, oggi, se non avessi preso la decisione che presi?»

Tas vide Par-Salian che si voltava a guardare i maghi seduti sull’uno e sull’altro lato, e d’un tratto il kender si rese conto che la risposta del Grande Mago era tanto per loro quanto per Caramon. Molti avevano gettato indietro i loro cappucci e adesso Tas poteva vedere i loro volti. La rabbia s’irradiava dai visi di coloro che indossavano le Vesti Nere, la tristezza e la paura si riflettevano sui volti di coloro che indossavano le Vesti Bianche. Fra le Vesti Rosse, un uomo in particolare colse l’attenzione di Tas, soprattutto perché il suo volto era liscio, impassibile, eppure i suoi occhi scuri erano carichi d’emozione. Era il mago che aveva messo in dubbio il potere di Raistlin. Parve a Tas che Par-Salian rivolgesse le sue parole soprattutto a quell’uomo.

«Più di sette anni fa, Paladine mi comparve davanti.» Gli occhi di Par-Salian fissarono le ombre. «Il grande dio mi avvertì che un tempo di terrore sarebbe giunto e avrebbe inghiottito il mondo. La Regina delle Tenebre aveva svegliato i draghi malvagi e aveva progettato di far guerra alle genti per cercare di conquistarle. “Sceglierai uno fra quelli del tuo Ordine perché ti aiuti a combattere questo male” mi disse Paladine. “Scegli bene, poiché questa persona sarà come una spada che deve fendere la tenebra. Non potrai dirgli nulla di ciò che il futuro ci riserva poiché grazie alle sue decisioni e alle decisioni di altri, il tuo mondo rimarrà in piedi oppure precipiterà per sempre nella notte eterna”.»

Par-Salian venne interrotto da voci rabbiose, provenienti in modo particolare da coloro che indossavano le Vesti Nere. Par-Salian lanciò loro un’occhiata con occhi lampeggianti. In quell’istante Tas vide rivelati il potere e l’autorità che si celavano dentro quel mago vecchio e debole.

«Sì, forse avrei dovuto portare tutto questo avanti al Conclave,» riprese Par-Salian, con voce tagliente. «Ma credevo allora, come credo adesso, che la decisione doveva essere mia, e mia soltanto. Potevo ben prevedere le ore che il Conclave avrebbe sprecato bisticciando, sapevo bene che nessuno di voi sarebbe stato d’accordo! Io presi la mia decisione. Qualcuno di voi mette in discussione il mio diritto di farlo?»

Tas trattenne il respiro, sentendo la rabbia di Par-Salian ripercuotersi nella sala come un tuono. Le Vesti Nere riaffondarono nei loro sedili di pietra, borbottando. Par-Salian rimase silenzioso per qualche istante, poi riportò lo sguardo su Caramon, e la sua espressione severa si addolcì.

«Scelsi Raistlin,» disse.

Caramon corrugò la fronte. «Perché?» volle sapere.

«Avevo le mie ragioni,» disse Par-Salian, con gentilezza. «Alcune non posso spiegartele, neppure adesso. Ma posso dirti questo: è nato con il dono. È questa è la cosa più importante. La magia dimorava nel profondo di tuo fratello. Sapevi che fin dal primo giorno in cui Raistlin frequentò la scuola, il suo maestro provava paura e sgomento davanti a lui? Come può qualcuno istruire un allievo che ne sa più dell’insegnante? E insieme al dono della magia c’è quello dell’intelligenza. La mente di Raistlin non è mai ferma, cerca conoscenze, esige risposte. Ed è coraggioso, più coraggioso di quanto lo sia tu, guerriero. Combatte contro il dolore ogni giorno della sua vita. Ha affrontato la morte più d’una volta e l’ha sconfitta. Non teme nulla, né la luce né la tenebra. È la sua anima...» Par-Salian fece una pausa. «La sua anima brucia di ambizione, del desiderio di potere, del desiderio di altre conoscenze. Sapevo che niente, neanche la paura della stessa morte, gli avrebbe impedito di raggiungere i suoi scopi. E sapevo che gli scopi che lui cercava di raggiungere potevano beneficare il mondo, anche se lui avesse scelto di voltargli la schiena.»