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«Forse non abbiamo fallito, forse ho imparato un po’ di compassione,» mormorò. Gentilmente accarezzò i capelli scarmigliati della nana dei burroni. «No, Raistlin non avrebbe mai riso di te, piccolina. Sapeva. Ricordava. In troppi avevano riso di lui.»

Tas non riusciva a vedere attraverso le sue lacrime, e sentì Caramon che piangeva in silenzio accanto a lui. Il kender si soffiò il naso nel fazzoletto, poi venne avanti per recuperare Bupu che stava piagnucolando dentro l’orlo della veste bianca di Par-Salian.

«Così, questa è la ragione per la quale Dama Crysania ha intrapreso questo viaggio?» chiese Par-Salian a Tas quando il kender si avvicinò. Il mago lanciò un’occhiata alla forma bianca, fredda e immobile, stesa sotto il telo di lino, con gli occhi ciechi fissi sull’oscurità avvolta nelle ombre.

«Crede di poter riattizzare la scintilla del Bene che noi abbiamo cercato di accendere, senza riuscirci?»

«Sì,» rispose Tas, improvvisamente a disagio sotto lo sguardo penetrante degli occhi azzurri del mago.

«E perché vuole tentare questo?» insistette Par-Salian.

Tas tirò in piedi Bupu e le porse il suo fazzoletto, cercando d’ignorare il fatto che la nana lo fissava con stupore, ovviamente senza la più pallida idea dell’uso che avrebbe dovuto farne. Si soffiò il naso dentro l’orlo del suo vestito.

«Uhm, be’, Tika ha detto...» Tas s’interruppe, arrossendo.

«Cos’è che ha detto Tika?» chiese Par-Salian, con voce sommessa.

«Tika ha detto,» Tas deglutì, «Tika ha detto che lo faceva perché... perché Dama Crysania a... amava lui... Raistlin.»

Par-Salian annuì. Il suo sguardo andò a Caramon. «E tu che cosa mi dici, gemello?» chiese d’un tratto. Caramon sollevò la testa e fissò Par-Salian con occhi ossessionati.

«Lo ami ancora? Hai dichiarato che saresti tornato indietro nel tempo per uccidere Fistandantilus. Il pericolo che affronterai sarà grande. Ami abbastanza tuo fratello da intraprendere questo pericoloso viaggio? Da rischiare la tua vita per lui, come ha fatto questa Dama? Ricordati, prima di rispondere, che non tornerai indietro nel tempo per salvare il mondo. Tu tornerai indietro avventurandoti in una ricerca per salvare un’anima, niente di più. . Niente di nuovo.»

Le labbra di Caramon si mossero, ma nessun suono uscì da esse. Però la sua faccia era illuminata dalla gioia, c’era una felicità che sprizzava dalle profondità del suo essere. Riuscì soltanto ad annuire.

Par-Salian si voltò verso il Conclave.

«Ho preso la mia decisione,» cominciò.

Una delle Vesti Nere si alzò e buttò indietro il cappuccio. Tas vide che era la donna che l’aveva accompagnato qui. La collera ardeva nei suoi occhi. La donna fece un rapido movimento tagliente con la mano.

«Noi ci opponiamo a questa decisione, Par-Salian,» disse a bassa voce. «E sai che ciò significa che non puoi lanciare l’incantesimo.»

«Il Maestro della Torre può lanciare l’incantesimo da solo, Ladonna,» rispose Par-Salian, tetro. «Il potere viene conferito a tutti i maestri. Così Raistlin scoprì il segreto quando divenne Maestro della Torre a Palanthas. Non ho bisogno dell’aiuto né delle Vesti Rosse né delle Vesti Nere.»

Un mormorio si levò anche dalle Vesti Rosse; molti guardarono le Vesti Nere, annuendo in segno di accordo con loro. Ladonna sorrise.

«Invero, Grande Mago,» disse, «lo so, tu non hai bisogno di noi per lanciare quell’incantesimo, ma ugualmente hai bisogno di noi. Hai bisogno della nostra collaborazione, Par-Salian, altrimenti le ombre della nostra magia si leveranno e oscureranno la luce della luna d’argento. E tu fallirai.»

Il volto di Par-Salian divenne freddo e grigio. «Che mi dici della vita di questa donna?» intimò, indicando Crysania.

«Cos’è per noi la vita di un chierico di Paladine?» esclamò con disprezzo Ladonna. «I nostri interessi sono assai più grandi e non possono essere discussi in presenza di estranei. Mandali via,» indicò Caramon, «e ne discuteremo privatamente.»

«Credo che sarebbe saggio farlo, Par-Salian,» disse con voce pacata il mago vestito di rosso. «I nostri ospiti sono stanchi e affamati, e troverebbero del tutto noiosi i nostri disaccordi familiari.»

«Molto bene,» disse d’un tratto Par-Salian. Ma Tas riconobbe la collera sul volto del mago vestito di bianco, quando si voltò verso di loro. «Verrete convocati.»

«Aspetta!» urlò Caramon. «Esigo di essere presente! Io...»

L’omone tacque di colpo quasi strangolandosi da solo. La sala era scomparsa, i maghi erano scomparsi, i seggi di pietra erano scomparsi. Caramon stava urlando a una cappelliera.

Stordito, Tas si guardò intorno. Lui, Caramon e Bupu erano in una comoda stanza che avrebbe potuto benissimo trovarsi nella Locanda dell’Ultima Casa. Un fuoco bruciava nel caminetto, sul lato opposto c’erano dei comodi letti. Un tavolo pieno di cibo era accanto al fuoco. L’odore del pane appena cotto e della carne arrostita fece loro venire l’acquolina in bocca. Tas sospirò deliziato.

«Credo che questo sia il posto più bello del mondo,» disse.

Capitolo quattordicesimo.

Il vecchio mago vestito di bianco sedeva in uno studio che assomigliava molto a quello di Raistlin nella Torre di Palanthas, soltanto che i libri che riempivano gli scaffali di Par-Salian erano rilegati in cuoio bianco. Le rune d’argento tracciate sui loro dorsi e sulle loro copertine luccicavano al bagliore d’una fiamma scoppiettante. Chiunque fosse entrato avrebbe pensato che la stanza fosse invasa da un caldo soffocante, ma Par-Salian sentiva il gelo dell’età penetrargli le ossa. Per lui la stanza era del tutto confortevole.

Sedeva alla scrivania con gli occhi fissi sulle fiamme. Trasalì leggermente nel sentire un lieve bussare alla porta poi, sospirando, disse con voce sommessa: «Entra.»

Un giovane mago vestito di bianco aprì la porta, rivolgendo un inchino al mago vestito di nero che gli passò davanti, come si confaceva a qualcuno della sua posizione. Il mago dalle Vesti Nere, Ladonna, accettò l’omaggio senza far commenti. Buttando indietro il cappuccio, avanzò nella camera di Par-Salian ma si fermò subito oltre la soglia. Il mago vestito di bianco chiuse senza far rumore la porta alle sue spalle, e lasciò soli i capi dei rispettivi Ordini.

Ladonna lanciò uno sguardo rapido e penetrante intorno a sé. La maggior parte di quell’ambiente si smarriva fra le ombre, il fuoco proiettava l’unica luce esistente. Perfino le tende erano state tirate, escludendo l’arcano bagliore delle lune. Sollevando la mano, Ladonna mormorò poche parole sommesse. Parecchi oggetti presenti nella stanza cominciarono a luccicare d’una bizzarra luce rossastra mostrando di possedere proprietà magiche: un bastone appoggiato a una parete, un prisma di cristallo sulla scrivania di Par-Salian, un candelabro dalle molte braccia, un’enorme clessidra, e fra le altre cose parecchi anelli che ornavano le dita del vecchio. Niente di tutto questo parve allarmare Ladonna. Si limitò semplicemente a fissare ognuno di essi e ad annuire. Poi, soddisfatta, prese posto sulla sedia più vicina alla scrivania. Par-Salian la guardò con un lieve sorriso sulla faccia segnata.

«Non ci sono creature dell’Oltretomba annidate negli angoli, Ladonna, te lo assicuro,» disse asciutto il vecchio mago. «Se avessi voluto bandirti da questo piano avrei potuto farlo molto tempo fa, mia cara.»

«Quando eravamo giovani?». Ladonna buttò ancora più indietro il cappuccio. I capelli color grigioferro, raccolti in una treccia complicata avvolta a crocchia intorno alla testa, incorniciavano un volto la cui bellezza pareva accresciuta dalle rughe dell’età, e disegnata da un maestro, tanto dava risalto alla sua intelligenza quanto alla sua tenebrosa saggezza. «Quello sì sarebbe stato il contesto adatto, Grande Mago.»

«Lascia perdere il titolo, Ladonna,» replicò Par-Salian. «Ci conosciamo da troppo tempo ormai per usarlo ancora.»

«Da molto tempo e molto bene, Par-Salian,» disse Ladonna con un sorriso. «Molto bene,» ripetè sommessamente, girando gli occhi verso il fuoco.