La polvere che ricopriva la nana dei burroni cominciò ad ardere di un giallo pallido. Tas cacciò un breve rantolo. Il bagliore divenne sempre più luminoso, cambiando colore, trasformandosi in gialloverde, poi verdeazzurro, quindi azzurro, e all’improvviso...
«Bupu!» bisbigliò Tas.
La nana dei burroni era scomparsa!
«E io sono il prossimo!» si rese conto Tas con orrore. E infatti il mago vestito di rosso si stava avvicinando zoppicando al letto dove il previdente kender aveva deposto un fantoccio alla bell’e meglio perché Caramon non si preoccupasse, nel caso in cui si fosse svegliato.
«Tasslehoff Burrfoot,» chiamò con voce sommessa il mago dalle Vesti Rosse. Era uscito dalla visuale di Tas. Il kender rimase pietrificato, in fremente attesa che il mago scoprisse che lui non c’era. Non che avesse paura di venir preso. Era abituato a venir preso ed era abbastanza certo di riuscire a scamparla con la sua parlantina. Ma aveva paura di essere mandato a casa! Non si sarebbero davvero aspettati che Caramon andasse da qualche parte senza di lui, vero?
«Caramon ha bisogno di me,» bisbigliò Tas in preda all’angoscia. «Non sanno in quali brutte condizioni si trova. Diamine, cosa succederebbe se non ci fossi io, con lui, a trascinarlo fuori dalle osterie?»
«Tasslehoff,» ripetè la voce del mago dalle Vesti Rosse. Doveva essere vicino al letto, ormai.
Tas affondò rapidamente la mano in una borsa. Tirando fuori una manciata di cianfrusaglie, sperò contro ogni speranza di trovare qualcosa di utile. Aprendo la piccola mano, la sollevò alla luce della candela. Si ritrovò con un anello, un grappolo d’uva, e un grumo di cera per baffi. La cera e l’uva erano ovviamente da scartare. Le buttò sul pavimento.
Tas sentì il mago vestito di rosso che esclamava con severità: «Caramon!». Sentì Caramon che grugniva e gemeva e s’immaginò il mago che lo scuoteva. «Caramon, svegliati. Dov’è il kender?»
Cercando d’ignorare quello che stava accadendo nella stanza, Tas si concentrò nell’esame dell’anello. L’aveva preso nella terza stanza sulla sinistra. Oppure era la quarta? E di solito gli anelli magici funzionavano semplicemente infilandoseli al dito. Tas era un esperto dell’argomento. Una volta si era infilato per sbaglio un anello magico che l’aveva teleportato dritto nel cuore del palazzo d’uno stregone malvagio. Non aveva nessuna idea, adesso, di come operasse l’anello che aveva in mano.
Forse c’era qualche indizio sull’anello?
Tas lo rigirò, facendolo quasi cadere per la fretta. Grazie agli dei, era così difficile svegliare Caramon!
Era un anello dall’aspetto comune, intagliato nell’avorio, con due piccole pietre color rosa. C’erano alcune rune tracciate all’interno. Tas ricordò con uno spasimo i suoi Occhiali Magici della Veggenza, ma erano andati smarriti a Neraka, a meno che adesso non li inforcasse qualche draconico.
«Co... co...» stava farfugliando Caramon. «Kender? Gli ho detto... non uscire là fuori... cadaveri...»
«Dannazione!» Il mago dalle Vesti Rosse era già diretto verso la porta.
Poi, qualcosa cominciò ad accadere, anche se non proprio quello che Tas si era aspettato. Il corridoio si stava ingrandendo! Un sibilo assordante risuonò alle orecchie del kender mentre le pareti gli passavano accanto sfrecciando e il soffitto schizzava in alto lontano da lui. A bocca aperta fissò la porta che diventava sempre più grande, fino a raggiungere dimensioni sterminate.
Cos’ho fatto? si chiese Tas allarmato. Ho fatto crescere la Torre? Qualcuno se ne accorgerà? E quando se ne accorgeranno, si arrabbieranno poi tanto!
L’immensa porta si aprì con una raffica di vento che quasi appiattì il kender. Un’enorme figura vestita di rosso riempì il vano della porta.
Un gigante! rantolò Tas. Non soltanto ho fatto crescere la Torre... ho fatto crescere anche i maghi !
Oh, cielo. Immagino che di questo si accorgeranno! Per lo meno, accadrà la prima volta che cercheranno d’infilarsi le scarpe! E sono sicuro che si arrabbieranno. Io mi arrabbierei, se fossi alto sei metri e nessuno dei miei vestiti mi andasse più bene.
Ma il mago vestito di rosso, con grande stupore di Tas, non pareva affatto turbato per essere schizzato d’un tratto a quell’altezza. Si limitò a sbirciare su e giù lungo il corridoio, gridando:
«Tasslehoff Burrfoot!»
Guardò perfino a destra, dove lui si trovava, e non lo vide!
«Oh, grazie, Fizban!» squittì il kender. Poi tossì. Certo la sua voce suonava strana. Per prova, disse di nuovo: «Fizban?»
Ancora una volta uno squittio.
In quel momento, il mago dalle Vesti Rosse abbassò lo sguardo.
«Ah, ah! E da quale stanza sei scappato, mio piccolo amico?» esclamò il mago.
Mentre Tasslehoff guardava sgomento, una mano gigantesca calò verso di lui, si stava abbassando per prenderlo! Le dita si avvicinarono sempre di più. Tas era talmente sorpreso da non riuscire a correre o a fare nient’altro se non aspettare che quell’enorme mano lo afferrasse. Poi sarebbe tutto finito! Lo avrebbero rispedito subito a casa, sempre che non gì’infliggessero una punizione peggiore per aver ingrandito la loro Torre quando lui non era affatto sicuro che la volessero ingrandita.
La mano si librò sopra di lui e poi lo prese su per la coda.
«La mia coda» pensò Tas, fuori di sé, squittendo a mezz’aria quando la mano lo sollevò dal pavimento. «Io non ho una coda... ma devo averla! La mano mi ha agguantato da qualche parte!»
Torcendo la testa, Tas vide che aveva davvero una coda! Non soltanto una coda, ma quattro zampette rosse. Quattro! E invece dei suoi splendenti gambali azzurri, indossava una pelliccia bianca!
«Adesso,» tuonò una voce severa proprio dentro uno dei suoi orecchi, «rispondimi, piccolo roditore: di chi sei famiglio?»
Capitolo sedicesimo.
Famiglio! Tasslehoff si aggrappò a quella parola. Famiglio... Le conversazioni fatte con Raistlin gli ritornarono nella mente febbricitante.
«Alcuni maghi possiedono animali che sono obbligati a obbedire ai loro ordini,» gli aveva detto un giorno Raistlin. «Questi animali, o famigli come vengono chiamati, possono fungere da estensione dei sensi di un mago. Possono andare in luoghi a noi inaccessibili, vedere cose che il mago è incapace di vedere, udire conversazioni che lui non è stato invitato a condividere.»
A quell’epoca Tasslehoff l’aveva giudicata un’idea meravigliosa, anche se ricordava che Raistlin non ne era affatto entusiasta. Pareva considerarla una debolezza, trovarsi a dipendere in una simile maniera da un altro essere vivente.
«Be’, vuoi rispondermi?» gli intimò il mago vestito di rosso, scrollando Tasslehoff per la coda. Il sangue affluì alla testa del kender, facendogli venire le vertigini. Inoltre l’esser tenuto per la coda era molto doloroso, per non parlare poi dell’indegnità della cosa! Tutto quello che Tas riuscì a fare sul momento fu di ringraziare il cielo che Flint non potesse vederlo.
Suppongo, pensò cupo, che i famigli possano parlare. Spero che parlino comune, non qualche linguaggio strano, come il topese, per esempio.
«A... appartengo, uh...» qual era un buon nome di mago? «a Fa... Faikus,» squittì, ricordando che Raistlin aveva usato quel nome riferendosi a un suo compagno di studi di tanti anni prima.
«Ah,» disse il mago dalle Vesti Rosse, corrugando la fronte, «avrei dovuto saperlo. Andavi in giro per incarico del tuo padrone oppure stavi semplicemente vagando per tuo conto?»
Per sua fortuna, la stretta del mago cambiò: non lo tenne più appeso per la coda, ma saldamente stretto nella mano. Le zampe anteriori del kender erano appoggiate adesso, tremanti, sul pollice del mago dalle Vesti Rosse. I suoi occhietti luccicanti fissavano quelli freddi e scuri del mago.
Cosa gli devo rispondere? si chiese frenetico Tas. Nessuna delle scelte possibili gli pareva molto buona.