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«È... è la mia serata libera,» disse Tas, con quello che sperava fosse uno squittio indignato.

«Umpf!» il mago tirò su col naso. «Sei stato troppo tempo insieme a quel pigrone di Faikus. Domattina dirò due paroline a quel giovanotto. In quanto a te, no, non c’è bisogno che tu cominci a contorcerti! Hai forse dimenticato che i famigli di Sudora si aggirano per i corridoi durante la notte? Avresti potuto essere il dessert di Marigold! Vieni con me, una volta che avrò finito con la faccenda di stasera, ti riporterò dal tuo padrone.»

Tas, che si era tenuto pronto ad affondare i suoi piccoli denti aguzzi nel pollice del mago, d’un tratto pensò che non sarebbe stata, dopotutto, una grande idea. “Finito con la faccenda di stasera”?

Certo doveva trattarsi di Caramon! Questo era anche meglio che essere invisibili! L’avrebbe accompagnato nel viaggio!

Il kender piegò la testa in quella che sperò fosse un’espressione topesca di docilità e contrizione.

Ciò parve soddisfare il mago rossovestito, poiché esibì un sorriso preoccupato e cominciò a frugare nella tasca della sua veste cercando qualcosa.

«Cosa c’è, Justarius?». Là c’era Caramon che appariva stordito e ancora mezzo addormentato.

Sbirciò con espressione vaga a destra e a sinistra nel corridoio. «Hai trovato Tas?»

«Il kender? No.» Il mago sorrise di nuovo, questa volta piuttosto addolorato. «Potrebbe volerci un po’ di tempo prima che riusciamo a trovarlo, temo.»

«Non gli farai del male?» chiese Caramon, con ansia. Con tanta di quell’ansia che Tas si sentì dispiaciuto per l’omone, ardendo dalla voglia di rassicurarlo.

«No, certo che no,» rispose Justarius, in tono rassicurante, sempre frugando tra le sue vesti. «Anche se,» aggiunse, come ripensamento, «lui potrebbe farsi inavvertitamente male. Ci sono oggetti sparsi sul pavimento qui intorno con cui non è consigliabile giocare. Bene, adesso, sei pronto?»

«Non voglio andarmene fino a quando Tas non sarà tornato e sarò sicuro che sta bene,» dichiarò Caramon, cocciuto.

«Temo che tu non abbia molta scelta,» replicò il mago, e Tas sentì la voce dell’uomo diventare gelida. «Tuo fratello partirà domani. Anche tu devi essere pronto a partire, nello stesso tempo. Ci vogliono ore perché Par-Salian riesca a memorizzare e a lanciare il suo complicato incantesimo. Ha già cominciato. Io ho perso anche troppo tempo a cercare il kender, in realtà. Siamo in ritardo. Vieni.»

«Aspetta... le mie cose...» disse Caramon, patetico. «La mia spada... »

«Niente di tutto questo deve preoccuparti,» rispose Justarius. Dando l’impressione di aver trovato quello che stava cercando, tirò fuori una borsa d’argento da una tasca delle sue vesti. «Non puoi tornare indietro nel tempo con qualunque arma o congegno appartenenti alla nostra epoca. Una parte dell’incantesimo si preoccuperà di fare in modo che tu sia vestito in modo adeguato al periodo nel quale ti muoverai.»

Caramon abbassò lo sguardo sul proprio corpo, sconcertato. «V... vuoi dire che dovrò cambiare vestiti? Che non avrò una spada... Cosa...»

E vuoi spedire quest’uomo indietro nel tempo tutto solo! pensò Tas indignato. Durerà soltanto cinque minuti. Cinque minuti, sempre che riesca a durare tanto a lungo! No, per tutti gli dei, io...

Quello che esattamente avrebbe fatto il kender andò perduto, quando si ritrovò all’improvviso cacciato a testa in giù nella borsa di seta!

Tutto divenne nero come l’inchiostro. Tas ruzzolò su se stesso in fondo alla borsa, atterrando sulla testa. Da qualche parte del suo intimo giunse l’orrenda paura di trovarsi rovesciato sulla schiena in una posizione vulnerabile. Freneticamente lottò per raddrizzarsi, annaspando all’impazzata sui lati lisci della borsa con le zampine artigliate. Alla fine riuscì a mettersi dritto, e quella terribile sensazione scomparve.

Ecco cosa vuol dire esser presi dal panico, pensò Tas con un sospiro. Io non ci penso mai troppo, questo è sicuro. Sono contentissimo che i kender, in generale, non ne soffrano. Adesso che cosa succede?

Costringendo se stesso alla calma, e il suo cuoricino a smettere di battere forte forte, Tas si rannicchiò in fondo alla borsa di seta cercando di riflettere su ciò che avrebbe dovuto fare adesso.

Durante quel frenetico annaspare aveva perso la cognizione di ciò che stava accadendo poiché, ascoltando, sentì due paia di piedi che procedevano lungo un corridoio di pietra: i piedi calzati da pesanti stivali di Caramon, e il passo felpato del mago. Avvertì anche un lieve movimento ondeggiante, e sentì il lieve fruscio di tessuto sopra il tessuto. D’un tratto gli venne in mente che il mago vestito di rosso aveva senza alcun dubbio appeso alla cintura la borsa in cui lui si trovava,

«Cosa dovrei fare laggiù? E una volta finito, cos’è che dovrei fare per tornare qui?...»

Quella era la voce di Caramon, un po’ ovattata dal tessuto del sacchetto ma ancora abbastanza chiara.

«Tutto questo ti sarà spiegato.» La voce del mago suonava fin troppo paziente. «Mi stavo chiedendo... Ti sono venuti dei dubbi, dei ripensamenti, forse? Se è così, dovresti dircelo adesso.»

«No.» C’era fermezza nella voce di Caramon, più fermezza di quanta ce ne fosse stata da lungo tempo. «No, non ho dubbi. Andrò. Riporterò con me Dama Crysania. È colpa mia se è ferita, non importa quello che dice quel vecchio. Farò in modo che ottenga l’aiuto che le serve e mi occuperò per vostro conto di questo Fistandantilus.»

«Mmmm...»

Tas sentì quel «Mmmm...», anche se dubitò che Caramon fosse stato in grado di udirlo. L’omone stava divagando su ciò che avrebbe fatto a Fistandantilus una volta che l’avesse acchiappato. Ma Tas provò un brivido di gelo, come quando Par-Salian aveva lanciato a Caramon un’occhiata strana e triste là nella Sala. Il kender, dimenticando dove si trovava, squittì per la frustrazione.

«Sst,» mormorò Justarius in tono assente, accarezzando la piccola borsa con la mano. «È soltanto per poco. Poi tornerai nella tua gabbia a mangiare grano.»

«Uh?» sbottò Caramon. Tas potè quasi vedere l’espressione sorpresa dell’omone. Il kender digrignò i suoi piccoli denti. La parola «gabbia» aveva richiamato alla sua mente un’immagine orribile e gli venne un pensiero davvero allarmante: e se non potessi più ritornare ad essere me stesso?

«Oh, non dicevo a te!» si affrettò a precisare il mago. «Stavo parlando con il mio piccolo amico peloso qua dentro. Sta diventando irrequieto. Se non fosse tardi lo riporterei subito alla sua gabbia.»

Tas s’immobilizzò. «Ecco, pare che si sia calmato. Ora... cos’è che stavi dicendo?»

Tas non gli prestò più nessuna attenzione. Si sentiva tremendamente infelice e si tenne aggrappato al sacchetto mentre questo ondeggiava avanti e indietro, sbattendo leggermente contro le cosce del mago che avanzava zoppicando. Certo, pensò, l’incantesimo poteva venir invertito semplicemente sfilandosi l’anello...

Tas si sentiva prudere le dita dalla voglia di provarci, per vedere cosa sarebbe successo. L’ultimo anello magico che si era messo addosso... non era più riuscito a toglierselo! E se con questo gli fosse capitata la stessa cosa? Era forse condannato ad una vita di pelliccia bianca e zampette rosse?

A questo pensiero Tas avvolse una zampa intorno all’anello che gli era rimasto incastrato a un dito del piede (o qualunque cosa fosse) e fece quasi per sfilarselo, giusto per esser sicuro.

Ma gli venne in mente che, così facendo, sarebbe schizzato fuori all’improvviso dalla piccola borsa di seta sotto forma di kender adulto per atterrare ai piedi del mago. AI che costrinse la sua zampina fremente a fermarsi. No, per lo meno, finché si trovava in quella forma, sarebbe stato portato dovunque Caramon veniva condotto. Se non altro, forse sarebbe riuscito a tornare indietro nel tempo insieme a lui sotto forma di topo. Potevano esserci cose peggiori...

Come avrebbe fatto ad uscire dalla borsa?