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Il kender sentì il cuore sprofondargli fino alle zampe posteriori. Naturalmente, gli sarebbe stato facile uscire se fosse tornato ad essere se Stesso. Soltanto che allora l’avrebbero preso e rispedito a casa. Ma se fosse rimasto topo avrebbe finito per mangiare grano in compagnia di <, Faikus! Il kender gemette e si rannicchiò in fondo alla borsa, col naso tra le zampe. Quella era di gran lunga la situazione peggiore in cui si fosse provato in tutta la sua vita, anche tenendo conto di quella volta che i due Stregoni avevano scoperto che stava scappando col loro mammuth lanoso. E per coronare il tutto, cominciava a provare una sensazione di nausea, a causa del continuo oscillare della piccola borsa, del fatto di trovarsi rinchiuso in uno spazio angusto, e in più per lo strano odore, là dentro, il continuo sbatacchiare e tutto il resto. , «L’errore è stato rivolgere una preghiera a Fizban,» si disse il kender, , cupo. «Potrà anche essere Paladine, in realtà, ma scommetto che da qualche , parte quel vecchio mago strambo si sta facendo una solenne sghignazzata » per questo scherzetto.»

Pensando a Fizban, e a quanto sentiva la mancanza del vecchio mago pazzo, Tas non si sentì affatto meglio, così escluse quel pensiero dalla sua mente e cercò ancora una volta di concentrarsi sull’ambiente in cui si trovava, nella speranza di trovare una via d’uscita. Fissò quell’oscurità di seta e all’improvviso...

«Idiota che non sei altro!» si disse tutto eccitato. «Tonto pomolo di porta di un kender che non sei altro, come avrebbe detto Flint! Oppure tonto di un topino, poiché non sono più un kender! Sono un topo... e ho i denti!»

In fretta e furia Tas dette un morso di prova. A tutta prima non riuscì a far presa su quel tessuto liscio, e ancora una volta fu preso dalla disperazione.

«Prova alle giunture, sciocco,» si rimproverò con severità, e affondò i denti dentro il filo che teneva insieme i lembi della borsa. La cucitura cedette quasi subito quando i suoi piccoli denti aguzzi la recisero. Tas rosicchiò via rapidamente parecchi altri punti e ben presto riuscì ad intravedere qualcosa di rosso: la veste del mago. Colse un refolo di aria fresca «cos’aveva mai tenuto là dentro quell’uomo?» e così, imbaldanzito, continuò con i suoi morsi.

Poi si fermò. Se avesse continuato ad allargare il foro, sarebbe caduto , fuori. E non era pronto, per lo meno non ancora. Non fino a quando non fossero arrivati dove dovevano arrivare. A quanto pareva non era più molto lontano. Tas si rese conto che da un po’ non avevano fatto altro che salire una serie di scale. Poteva sentire Caramon che ansimava a causa di quell’insolito esercizio fisico e perfino il mago vestito di rosso pareva avere il fiato corto.

«Perché non puoi semplicemente trasferirci in questo laboratorio con un po’ di magia?» brontolò Caramon, ansante.

«No!» rispose Justarius con voce sommessa e pervasa di sgomento. «Posso sentire l’aria stessa prudere e crepitare per il potere che Par-Salian irradia nell’eseguire questo incantesimo. Non vorrei mai che un mio piccolo incantesimo turbasse le forze che sono all’opera qui, stanotte!».

Tas rabbrividì sotto la pelliccia a queste parole, e pensò che Caramon potesse aver fatto lo stesso, poiché sentì l’omone che si schiariva la gola innervosito per poi continuare a salire le scale in silenzio. D’un tratto si fermarono.

«Siamo arrivati?» chiese Caramon, sforzandosi di mantener calma la voce.

«Sì,» giunse la risposta bisbigliata. Tas si sforzò di ascoltare. «Ti accompagnerò su per questi pochi, ultimi gradini poi, quando saremo arrivati alla porta in cima, io l’aprirò il più silenziosamente possibile e ti lascerò entrare. Non dire una sola parola! Non dire niente che possa disturbare Par-Salian nella sua concentrazione. Per questo incantesimo ci vogliono giorni di preparativi...»

«Vuoi dire che Par-Salian sapeva già da molti giorni che avrebbe fatto questo?» lo interruppe Caramon con voce aspra.

«Zitto!» gli intimò Justarius, e la sua voce era gravida di collera. «Certo, sapeva che questa era una possibilità. Doveva tenersi pronto. Ed è stato un bene che l’abbia fatto poiché non avevamo nessuna idea che tuo fratello intendesse agire così presto!». Tas sentì il mago tirare un profondo sospiro.

Quando riprese a parlare, lo fece con un tono di voce più calmo. «Adesso, ripeto, quando avremo salito questi ultimi gradini, non dire una sola parola! Capito?»

«Sì.» Caramon parve ammansito.

«Fai esattamente quello che Par-Salian ti ordinerà di fare. Non fare alcuna domanda! Obbedisci e basta. Ci riuscirai?»

«Sì.» Caramon parve ancora più ammansito di prima. Tas percepì un leggero tremito nella risposta dell’omone.

Il kender si rese conto che Caramon aveva paura. Povero Caramon. Perché gli fanno questo? Non capisco. Qui sta succedendo più di quanto sembri a prima vista. Be’, questo taglia la testa al toro.

Non m’importa se io spezzerò la concentrazione di Par-Salian. Dovrò rischiare. In qualche modo, con qualche espediente, riuscirò a partire con Caramon! Ha bisogno di me. Inoltre, sospirò il kender, viaggiare indietro nel tempo... Meraviglioso!

«Molto bene.» Justarius esitò, e Tas potè sentire il suo corpo farsi teso e rigido. «Ti saluterò qui, Caramon. Che gli dei ti accompagnino. Ciò che fai è pericoloso... per tutti noi. Non puoi neppure cominciare a capire quale pericolo sia...». Queste ultime parole le aveva dette così sommessamente che soltanto Tas le aveva udite, e le orecchie del kender si contrassero allarmate. Poi il mago vestito di rosso sospirò. «Vorrei poter dire di aver pensato che per tuo fratello ne valesse la pena...»

«Vale la pena,» replicò Caramon con fermezza. «Vedrai.»

«Prego Gilean che tu abbia ragione... Adesso sei pronto?»

«Sì.»

Tas sentì un fruscio, come se il mago incappucciato avesse annuito. ripresero a muoversi, salendo lentamente la scala. Il kender sbirciò fuori, dal foro sul fondo della piccola borsa osservando i gradini immersi nell’ombra che scorrevano sotto di lui. Sapeva che gli rimanevano soltanto pochi secondi.

I gradini finirono. Poteva vedere sotto di sé un ampio pianerottolo di pietra. (Ci siamo!) si disse con un singulto. Sentì di nuovo il fruscio, e il corpo del mago che si muoveva. Una porta scricchiolò.

Fulmineamente, quei piccoli denti aguzzi recisero i fili rimasti che ancora tenevano unita la cucitura. Sentì i passi lenti di Caramon che attraversavano la soglia. sentì la porta che cominciava a chiudersi... La cucitura cedette. Tas cadde fuori dalla borsa. Ebbe un attimo per Chiedersi se i topi cadessero sempre sulle zampe, come i gatti. Una volta aveva fatto cadere un gatto dal tetto di casa per vedere se quell’antico ,detto era vero (lo era). E poi colpì il pavimento di pietra zampettando via veloce. La porta venne chiusa, il mago vestito di rosso si era allontanato. Senza fermarsi per guardarsi intorno il kender sfrecciò rapidamente e in silenzio lungo il pavimento. Appiattendo il suo piccolo corpo, si divincolò per passare attraverso la fessura che c’era tra la porta e il pavimento e si tuffò sotto la libreria che si trovava accanto alla parete. Qui, Tas si fermò per riprendere il fiato e ascoltare. E se Justarius avesse scoperto la sua assenza? Sarebbe tornato a cercarlo? Smettila, Tas si rampognò severamente. Non può sapere che sono caduto. E in ogni caso non tornerà qui. Potrebbe disturbare l’incantesimo. Qualche istante dopo il minuscolo cuore del kender rallentò il suo battito, così che poteva sentire al di sopra del rumore del sangue che gli rimbombava nelle orecchie.

Sfortunatamente le sue orecchie gli dissero molto poco. Poteva udire un sommesso mormorio come se qualcuno stesse ripassando una recita di artisti ambulanti. Poteva sentire Caramon che cercava di riprender fiato dopo la lunga salita mantenendo allo stesso tempo ovattato il suo respiro per non disturbare il mago. Gli stivali di cuoio dell’omone scricchiolarono mentre si spostava nervosamente da un piede all’altro.

Ma questo era tutto.

«Devo vedere!» si disse Tas. «Altrimenti non saprò quello che sta succedendo.»