Un cattivo segno, pensò Tas con ansia, sapendo che quel guerriero bene addestrato (quando non era ubriaco) un tempo si sarebbe prontamente svegliato a un rumore di passi fuori della stanza. Ma Caramon non aveva parlato né si era mosso sin da quando le guardie l’avevano condotto là dentro il giorno prima. Aveva rifiutato il cibo e l’acqua (anche se Tas gli aveva assicurato che il trattamento era di un buon gradino al di sopra della maggior parte dei cibi delle prigioni). Era rimasto disteso sulla lastra di pietra e aveva fissato il soffitto fino al calar della notte, poi si era mosso, almeno un po’, e aveva chiuso gli occhi.
La chiave sferragliava più forte che mai, e in aggiunta a quel rumore c’era quello del carceriere che imprecava. Tas si affrettò ad alzarsi ed a percorrere il pavimento di pietra, togliendosi la paglia dai capelli e lisciandosi i vestiti mentre camminava. Vedendo uno sgabello in un angolo, il kender lo trascinò fino alla porta, vi salì sopra e attraverso la finestrella sbarrata della porta abbassò lo sguardo sul carceriere che si trovava dall’altra parte.
«Buongiorno,» gli disse Tas con allegria. «Problemi?»
Il carceriere dette in un balzo di almeno tre piedi a quella voce inaspettata e quasi lasciò cadere le chiavi. Era un uomo piccolo, vizzo e grigio come le pareti. Alzando uno sguardo furente sul volto del kender attraverso le sbarre ringhiò e, inserendo la chiave ancora una volta frugò nella serratura, scuotendola vigorosamente. L’uomo accanto al carceriere aggrottò le sopracciglia. Era un uomo grande e grosso, abbigliato in modo raffinato e avvolto in un mantello di pelle d’orso per proteggersi dal gelo del mattino. Teneva in mano una lavagnetta, un pezzo di gesso penzolava da questa appeso a una cinghia di cuoio.
«Spicciati,» ringhiò l’uomo rivolto al carceriere. «Il mercato apre a mezzogiorno e devo ancora pulire questo lotto e farlo apparire decente per quell’ora.»
«Dev’essere rotta,» borbottò il carceriere.
«Oh, no, non è rotta,» disse Tas, servizievole. «In effetti, penso che la tua chiave entrerebbe benissimo se non ci fosse di mezzo il mio grimaldello.»
Il carceriere abbassò lentamente le chiavi e sollevò uno sguardo minaccioso sul kender.
«È stato l’incidente più strano che mi sia mai capitato,» continuò Tas. «Vedi, ero piuttosto annoiato, stanotte, Caramon si è addormentato presto, e tu mi avevi portato via tutte le mie cose, così, quando mi è capitato di scoprire che vi eravate dimenticati di un grimaldello che tenevo nella calza, ho deciso di provarlo su questa porta, giusto per tenere in esercizio la mano, per così dire, e vedere che razza di prigioni costruivate in quest’epoca. Avete costruito proprio una bella prigione, a proposito,» dichiarò Tas con voce solenne. «Una delle più belle in cui mi sia capitato di trovarmi. A proposito, mi chiamo Tasslehoff Burrfoot.»
Il kender infilò la mano attraverso le sbarre, nel caso in cui qualcuno avesse voluto stringergliela.
Nessuno dei due la strinse. «E vengo da Solace. E anche il mio amico. Siamo qui per una specie di missione, si potrebbe dire e, oh, sì, la serratura. Be’, non c’è bisogno che mi guardi così di brutto, non è stata colpa mia. In realtà è stata la vostra stupida serratura a rompere il mio grimaldello! Uno dei migliori che avessi, per giunta. Di mio padre,» disse il kender con tristezza. «Me l’ha dato il giorno in cui sono diventato adulto. Penso proprio,» aggiunse Tas con voce severa, «che potresti per lo meno scusarti.»
A queste parole il carceriere produsse uno strano suono, una specie di sbuffata e un’esplosione.
Scuotendo il suo anello di chiavi in faccia al kender ringhiò qualcosa d’incoerente su «marcire in quella cella per sempre» e fece per allontanarsi, ma l’uomo con il mantello di pelle d’orso lo afferrò per le spalle.
«Non così in fretta, mi serve quello là dentro.»
«Lo so, lo so,» gemette il carceriere con voce esile. «Ma dovrai aspettare il fabbro...»
«Impossibile, ho l’ordine di metterlo sul blocco oggi.»
«Bene, allora trova tu il modo di tirarli fuori da là,» lo schernì il carceriere. «Procura al kender un altro grimaldello. Ora, vuoi il resto del lotto oppure no?»
Cominciò ad allontanarsi con passo ballonzolante, lasciando l’uomo con il mantello di pelle d’orso a rimirare cupamente la porta.
«Tu sai da dove vengono i miei ordini,» disse questi con una nota sinistra nella voce.
«I miei ordini vengono dallo stesso posto,» disse il carceriere da sopra le spalle ossute. «E se a loro non va, possono venire qui a pregare la porta di aprirsi. E se il sistema non dovesse funzionare, dovranno aspettare il fabbro, proprio come chiunque altro.»
«Intendete farci uscire?» chiese Tas con voce ansiosa. «Se è così potremmo essere in grado di aiutarvi...». Poi un pensiero improvviso gli attraversò la mente. «Non avete intenzione di giustiziarci, vero? Poiché, in questo caso, credo che preferiremmo aspettare il fabbro...»
«Giustiziarvi!» ringhiò l’uomo con la pelle d’orso. «Non c’è più stata un’esecuzione a Istar da dieci anni, ormai. La chiesa l’ha proibito.»
«Già, una morte rapida e pulita era troppo bella per un uomo,» ridacchiò il carceriere, che si era voltato di nuovo. «Ora, com’è che vorresti aiutarci, piccola bestia?»
«Be’» disse Tas, con qualche esitazione, «se non avete intenzione di giustiziarci, cosa farete di noi, allora? Immagino che non ci lascerete andare. Dopotutto, siamo innocenti. Voglio dire, non...»
«Non ho intenzione di fare niente con te,» l’interruppe sarcastico l’uomo con la pelle d’orso. «E il tuo amico che voglio. E, no, non lo lasciamo andare.»
«Una morte rapida e pulita,» borbottò il vecchio carceriere, con un sogghigno sdentato. «E c’è sempre una bella folla che si riunisce a guardare, per giunta. Faceva sentire ad un uomo che la sua uscita significava qualcosa, ed è proprio quello che Harry Snaggle mi disse mentre lo conducevano fuori per impiccarlo. Sperava che ci fosse una bella folla... e c’era. Gli fece venire i lucciconi agli occhi. “Tutta questa gente,” mi disse, “che rinuncia alle sue vacanze per venire a salutarmi”. Un gentiluomo fino in fondo.»
«È destinato al blocco!» dichiarò ad alta voce l’uomo con la pelle d’orso, ignorando il carceriere.
«Rapida, pulita.» Il carceriere scosse la testa.
«Be’,» disse Tas, dubbioso, «non sono sicuro di cosa voglia dire, ma se davvero ci farete uscire, forse Caramon potrà aiutarci.»
Il kender scomparve dalla finestrella, e lo sentirono gridare: «Caramon, svegliati! Vogliono farci uscire e non riescono ad aprire la porta e temo sia colpa mia, in parte almeno...»
«Ti rendi conto che devi prenderli tutti e due?» disse il carceriere, furbescamente.
«Cosa?» L’uomo dalla pelle d’orso si girò di scatto per fissare il carceriere. «Questo non è mai stato detto...»
«Devono venir venduti insieme. Questi sono i miei ordini e dal momento che i tuoi ordini e i miei arrivano dallo stesso posto...»
«È messo per iscritto?» si accigliò l’uomo.
«Certo.» Il carceriere era compiaciuto.
«Perderò quattrini. Chi mai vorrà comperare un kender?»
Il carceriere scrollò le spalle. Non erano affari suoi.
L’uomo con la pelle d’orso aprì di nuovo la bocca, poi tornò a chiuderla quando un’altra faccia comparve incorniciata nella finestrella della porta. Questa volta non era il kender. Era il volto di un uomo, di un giovane sui ventott’anni. Un tempo quel volto avrebbe anche potuto essere notevole, ma adesso la forte linea della mascella era confusa nel grasso, gli occhi castani erano spenti, i capelli riccioluti incrostati e arruffati.