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Rivolgendo un inchino a entrambe con grazia squisita, Quarath passò oltre, proseguendo lungo il corridoio.

«Non assiste al rito?» chiese Crysania, seguendo il chierico con lo sguardo.

«No, mia cara,» replicò Elsa, sorridendo per l’ingenuità di Crysania. «Assiste il Gran Sacerdote ogni mattina durante le sue cerimonie private. Dopotutto, Quarath è secondo soltanto al Gran Sacerdote e ogni giorno deve occuparsi di questioni di grande importanza. Si potrebbe dire che se il Gran Sacerdote è il cuore e l’anima della chiesa, Quarath ne è la mente.»

«Cielo, com’è strano,» mormorò Crysania pensando a Elistan.

«Strano, mia cara?» disse Elsa, con una lieve sfumatura di rimprovero. «I pensieri del Gran Sacerdote si accompagnano agli dei. Non ci si può aspettare che debba occuparsi di faccende mondane, come quelle quotidiane della chiesa, non ti pare?»

«Oh, certo che no.» Crysania arrossì per l’imbarazzo.

Quanto doveva apparire provinciale, lei, a quella gente: semplice ed arretrata. Mentre seguiva Elsa lungo i corridoi luminosi e arieggiati, la bellissima musica delle campane e il suono glorioso del coro dei fanciulli colmarono la sua anima di gioia estatica. Crysania ricordò il semplice rito che Elistan celebrava ogni mattina. E per di più, badava anche, personalmente, alla maggior parte delle attività quotidiane della chiesa.

Adesso quel semplice rito le appariva scialbo, e il lavoro cui si sottoponeva ogni giorno Elistan degradante. Certamente la sua salute ne aveva pagato lo scotto. Forse, pensò Crysania con uno spasimo di rincrescimento, non avrebbe accorciato così la sua vita, se fosse stato circondato ed aiutato da gente come quella...

Bene, questo cambierà, decise tutt’a un tratto Crysania, rendendosi conto che quella doveva essere stata un’altra ragione per la quale era stata rispedita indietro nel tempo: era stata scelta per ripristinare la gloria della chiesa! Tremando per l’eccitazione, la mente già indaffarata a tracciare piani per il cambiamento, Crysania chiese a Elsa di descriverle il funzionamento interno della gerarchia della chiesa. Elsa fu fin troppo lieta d’illustrargliela, mentre proseguivano lungo il corridoio.

Smarrita nel suo interesse per la conversazione, attenta ad ogni singola parola di Elsa, Crysania non pensò più a Quarath che stava, in quel momento, aprendo in silenzio la porta della camera da letto di lei, sgusciandovi dentro furtivamente.

Capitolo quinto.

Bastarono pochi istanti, a Quarath, per trovare la lettera di Par-Salian. Aveva notato quasi subito, nell’entrare, che la scatola dorata sopra il tavolino della toilette era stata spostata. Una rapida perquisizione dei cassetti glielo confermò e, dal momento che aveva un passepartout che gli consentiva di aprire ogni scatola, cassetto e porta in tutto il Tempio, l’aprì con facilità.

Ma il chierico non capì con altrettanta facilità la lettera. Gli ci vollero soltanto pochi secondi per memorizzarne il contenuto. Questo sarebbe rimasto impresso nella sua mente: la fenomenale abilità di Quarath di mandare a memoria all’istante qualunque cosa gli capitasse sotto gli occhi era uno dei suoi doni più grandi. Fu così che in pochi istanti ebbe rinserrato nella propria mente il testo completo del messaggio.

Ma, si rese conto, ci sarebbero volute ore di riflessione per trarne un senso.

Con fare assente, Quarath ripiegò il foglio e lo rimise nella scatola, poi riportò la scatola nell’esatta posizione all’interno del cassetto. Lo chiuse con il passepartout, diede un’occhiata dentro agli altri cassetti senza troppo interesse e, non avendo trovato niente, lasciò la stanza della giovane donna immerso nei suoi pensieri.

Il contenuto della lettera era così sconcertante e inquietante da indurlo a cancellare i suoi appuntamenti di quella mattina o a trasferirli sulle spalle dei suoi subordinati. Poi andò nel suo studio. Qui si sedette e richiamò alla memoria ogni singola parola, ogni singola frase.

Alla fine trovò una spiegazione, anche se non del tutto soddisfacente, almeno sufficiente a stabilire una linea d’azione. Tre cose erano evidenti. Primo, la giovane donna poteva anche essere un chierico, ma aveva a che fare con fruitori di magia ed era perciò sospetta. Secondo, il Gran Sacerdote era in pericolo. Questo non era sorprendente, i fruitori di magia avevano buone ragioni per odiare e temere quell’uomo. Terzo, il giovane trovato insieme a Crysania era senza alcun dubbio un assassino. Crysania stessa poteva essere una complice.

Quarath ebbe un sorriso sinistro, congratulandosi con se stesso per aver già preso le misure più appropriate ad affrontare la minaccia. Aveva fatto in modo che il giovane, a quanto pareva il suo nome era Caramon, prestasse servizio in un luogo dove di tanto in tanto, accadevano sfortunati incidenti.

In quanto a Crysania, si trovava al sicuro all’interno delle mura del Tempio, dove poteva venir sorvegliata e interrogata in maniera da non destare sospetti.

Respirando con più calma, la mente più limpida, il chierico suonò per farsi portare il pranzo dal servo, contento di sapere che, almeno per il momento, il Gran Sacerdote era al sicuro.

Quarath era un uomo insolito sotto molti aspetti, uno dei quali, tra i più importanti, era che, malgrado fosse molto ambizioso, conosceva i limiti delle proprie capacità. Aveva bisogno del Gran Sacerdote, e non aveva nessun desiderio di prendere il suo posto. Quarath si accontentava di crogiolarsi alla luce del suo padrone, estendendo allo stesso tempo il proprio controllo, autorità e potere sul mondo, il tutto in nome della chiesa.

Quarath sentiva che era una sfortuna che gli dei avessero considerato giusto creare altre razze più deboli... Razze come gli umani i quali, con la loro vita breve e frenetica, erano facili bersagli per le tentazioni del Male. Ma gli elfi stavano imparando ad affrontare questo. Anche se non erano in grado di spazzar via completamente il Male dal mondo (ma si stavano impegnando), potevano per lo meno metterlo sotto controllo. Era la libertà che causava il male. La libertà di scelta.

Specialmente per gli umani, che abusavano continuamente di questo dono. Bisognava dar loro delle rigide regole da seguire, chiarire quello che era giusto e quello che era sbagliato senza lasciare adito a incertezze, limitare quella irrefrenabile libertà della quale facevano tanto cattivo uso. Così, era convinto Quarath, gli umani sarebbero rientrati nelle righe, con piena soddisfazione.

In quanto alle altre razze su Krynn: gnomi, nani e (sospirò) kender, Quarath - e la chiesa - li stavano rapidamente costringendo a vivere in piccoli territori isolati, dove potevano causare pochi guai e, col tempo, si sarebbero probabilmente estinti. (Questo piano stava funzionando bene con gli gnomi e i nani, i quali comunque non servivano molto al resto di Krynn. Per sfortuna, però, i kender non si adattavano per niente e se ne gironzolavano ancora felici per il mondo, causando guai a non finire godendosi in pieno la vita.)

Tutto questo passava per la mente di Quarath mentre pranzava e cominciava a tracciare i suoi piani. Non avrebbe fatto niente di precipitoso a proposito di Dama Crysania, non era quello il suo modo di agire, né il modo degli elfi, se era per questo. Per ogni cosa ci voleva pazienza. Osservare. Aspettare. Adesso gli serviva soltanto una cosa: maggiori informazioni. A questo fine fece squillare un minuscolo campanello d’oro. Il giovane accolito che aveva accompagnato Denubis dal Grande Sacerdote rispose con tanta rapidità e silenzio alla convocazione che avrebbe potuto benissimo essere entrato sgusciando da sotto la porta invece che aprirla.

«Che cosa ordini, Reverendo Figlio?»

«Due piccoli incarichi,» disse Quarath, senza sollevare lo sguardo, essendo impegnato a scrivere un appunto. «Porta questo a Fistandantilus. È passato un po’ di tempo da quando è stato mio ospite a cena, e desidero parlare con lui.»

«Fistandantilus non si trova qui, mio signore,» rispose l’accolito. «In effetti, stavo giusto venendo a riferirtelo.»

Quarath sollevò la testa, stupito.

«Non è qui?»