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«Davvero?» Caramon smise di far roteare la mazza e si girò verso Tas.

«Sì. Io non l’ho visto, ma alcuni dei chierici ne parlavano. Immagino sia ricomparso la scorsa notte, proprio nella Sala delle Udienze del Gran Sacerdote. Proprio così: pufl, ed eccolo là. Molto d’effetto.»

«Già,» grugnì Caramon. Facendo roteare distrattamente la mazza, rimase zitto per così tanto tempo che Tas sbadigliò e cominciò a scivolare nel sonno. La voce di Caramon lo riportò alla piena coscienza con un sussulto.

«Tas,» esclamò Caramon, «questa è la nostra possibilità.» «Possibilità di che?» Il kender sbadigliò di nuovo.

«La nostra possibilità di assassinare Fistandantilus,» disse con calma il guerriero.

Capitolo settimo.

La gelida affermazione di Caramon fece risvegliare di colpo il kender.

«A... assassinarlo? Credo, uh, credo che dovresti pensarci, Caramon,» balbettò Tas. «Voglio dire, insomma, cerca di vedere la cosa in questo modo. Questo Fistandantilus è davvero, sì, davvero, in gamba, vo... voglio dire che è un fruitore di magia molto dotato. Meglio ancora di Raistlin e Par-Salian messi insieme, se tutto quello che dicono è vero. Tu litui arrivi furtivo alle spalle d’un tipo del genere e lo ammazzi, così, semplicemente. Soprattutto quando non hai mai assassinato nessuno! Non sto mica dicendo che dovremmo fare pratica, intendiamoci, ma...» «Dovrà pur dormire, no?» chiese Caramon.

«Be’,» replicò Tas con voce esitante, «suppongo di sì. Tutti devono dormire , immagino, perfino i fruitori di magia...» «Soprattutto i fruitori di magia,» lo interruppe con freddezza Caramon. «Non ricordi quanto s’indeboliva Raistlin, se non dormiva? E questo vale per tutti gli stregoni, anche quelli più potenti. Per questo hanno perso le grandi battaglie: le Battaglie Perdute, appunto. Dovevano riposare. E smettila di dire “noi”. Lo farò io. Tu non dovrai neppure accompagnarmi. Basterà che tu scopra dov’è la sua stanza, quali difese ci siano, e quando va a letto. Da lì in avanti, me ne occuperò io.»

«Caramon,» cominciò a dire Tas, incerto, «credi davvero che sia giusto? Voglio dire, so che è questo il motivo per cui i maghi ti hanno mandato fin qui, indietro nel tempo. Per lo meno io penso che sia questo il perché. Ma qui ha finito per essere tutto un pasticcio, in un certo senso. e so che questo Fistandantilus, a quanto pare, è una persona davvero malvagia, indossa le Vesti Nere, e tutto il resto ma, poi, è giusto assassinarlo? Voglio dire, a me pare che questo ci faccia diventare altrettanto malvagi, non ti pare?»

«Non m’importa,» dichiarò Caramon senza mostrare emozione, con gli occhi sulla mazza che stava lentamente ruotando avanti e indietro. «Si tratta della sua vita o di quella di Raistlin, Tas. Se ucciderò Fistandantilus adesso, in quest’epoca, lui non sarà in grado di farsi avanti e d’impadronirsi di Raistlin. Potrei liberare Raistlin da quel corpo infranto, Tas, e farne una persona intera! Una volta che avrò estirpato da lui il male di quell’uomo, allora saprò che sarà tornato ad essere il vecchio Raist, il fratellino che amavo.» La voce di Caramon era diventata nostalgica e gli occhi gli si erano inumiditi. «Potrebbe venire a vivere con noi, Tas.»

«E Tika?» chiese Tas, esitante. «Che cosa proverà al pensiero che hai assassinato qualcuno?»

Gli occhi castani di Caramon lampeggiarono per la collera. «Te l’ho già detto altre volte, non parlarmi di lei, Tas!» «Ma Caramon...» «Parlo sul serio, Tas!»

E questa volta nella voce dell’omone c’era quella nota acuta la quale indicava che lui, come ben sapeva, era andato troppo oltre. Il kender si sedette sul letto, tutto curvo e con un’espressione infelice. Lanciandogli un’occhiata, Caramon sospirò.

«Ascolta, Tas,» disse con calma, «te l’ho già spiegato una volta. Non... non mi sono comportato bene con Tika. Ha avuto ragione a buttarmi fuori. Adesso lo capisco, anche se c’è stato un tempo in cui ero convinto che non l’avrei mai perdonata.» L’omone rimase silenzioso per un momento, mettendo ordine fra i suoi pensieri. Poi, con un altro sospiro, continuò: «Una volta le dissi che fintanto che Raistlin fosse vissuto, sarebbe sempre venuto lui per primo nei miei pensieri. L’avvertì di cercarsi qualcuno che potesse darle tutto il suo amore. Dapprima pensai che io avrei potuto farlo, quando Raistlin se ne andò per conto suo. Ma,» scosse la testa, «non ho potuto, non ha funzionato. E devo far così, adesso più che mai, non capisci? Non posso pensare a Tika! Lei... lei non fa altro che interferire...»

«Ma Tika ti ama tanto! » fu tutto quello che Tas riuscì a replicare. E, naturalmente, era la cosa sbagliata. Caramon si accigliò e riprese a roteare la mazza.

«D’accordo, Tas,» annuì, con una voce così profonda che avrebbe potuto provenire da sotto i piedi del kender. «Immagino che questo significhi un addio. Chiedi al nano un’altra stanza. Io lo farò. Se qualcosa dovesse andare storto, non vorrei cacciarti in un guaio...»

«Caramon, tu sai che non intendevo dire che non ti avrei aiutato,» borbottò Tas. «Hai bisogno di me!»

«Già, immagino di sì,» borbottò Caramon, arrossendo. Poi, guardando in direzione di Tas, ebbe un sorriso di scusa. «Mi spiace. Soltanto, non parlare più di Tika, va bene?»

«Va bene,» replicò Tas, infelice. A sua volta sorrise a Caramon, guardandolo mentre metteva via le armi e si preparava ad andare a letto. Ma v’era un flebile sorriso, e quando a sua volta strisciò dentro al proprio letto, Tas si sentì depresso e infelice come non si era più sentito dalla morte di Flint.

«Lui non avrebbe approvato, questo è sicuro,» disse Tas tra sé, ripensando al vecchio e burbero nano. «Adesso mi pare di sentirlo. “Stupido pomolo di porta di un kender!” direbbe. “Assassinare degli stregoni! Perché non risparmi guai a tutti e non ti ammazzi?”. E poi c’è Tanis,» pensò ancora Tas, mentre la sua infelicità cresceva. «Immagino quello che direbbe lui!». Girandosi sull’altro fianco, Tas si tirò le coperte fin sotto il mento. «Vorrei che fosse qui! Vorrei tanto che qualcuno fosse qui ad aiutarci ! Caramon non pensa bene, so che è così ! Ma cosa posso fare? Devo aiutarlo. E mio amico. Ed è probabile che si caccerà in un interminabile mare di guai senza di me!»

Il giorno seguente fu il primo in cui Caramon partecipò ai Giochi. Tas fece la sua visita al Tempio di prima mattina e fu di ritorno in tempo per assistere al combattimento di Caramon che avrebbe avuto luogo nel pomeriggio. Seduto sul letto, facendo dondolare avanti e indietro le tozze gambe, il kender fece il suo rapporto mentre Caramon camminava nervosamente su e giù per la stanza, aspettando che il nano e Pheragas gli portassero il suo costume.

«Hai ragione,» ammise Tas con riluttanza. «Fistandantilus ha bisogno di dormire un mucchio di tempo, a quanto pare. Va a letto presto ogni notte e dorme come un morto... voglio dire,» farfugliò correggendosi, «dorme profondamente fino alla mattina.»

Caramon lo fissò con espressione truce.

«Guardie?»

«No,» disse Tas, scrollando le spalle. «E neppure chiude la porta. Nessuno chiude le porte, al Tempio. Dopotutto, è un luogo sacro, e immagino che ognuno si fidi di tutti gli altri... oppure non hanno niente che valga la pena d’esser tenuto sotto chiave. Sai,» aggiunse il kender dopo una breve riflessione, «ho sempre detestato le serrature, ma adesso ho deciso che la vita senza di esse sarebbe davvero noiosa. Sono stato dentro ad alcune stanze del Tempio,» Tas ignorò beatamente l’espressione inorridita di Caramon, «e, credimi, non ne valeva proprio la pena. Ti verrebbe da pensare che con un fruitore di magia le cose possano essere diverse, ma Fistandantilus non tiene là dentro nessuno dei suoi trucchi per gli incantesimi. Immagino che usi quella stanza soltanto per passarvi la notte quando è in visita a corte. Inoltre,» fece notare il kender con un improvviso lampo di logica, «è l’unica persona malvagia a corte, perciò non ha bisogno di proteggersi da nessuno, a parte se stesso!»