Caramon vibrò un affondo con la spada retrattile. Il Barbaro lo schivò con facilità e, facendo lo sgambetto a Caramon con il calcagno lo fece cadere lungo disteso. Caramon stramazzò con un ruggito. Il pubblico gemette (le donne sospirarono), ma vi furono molti applausi per il Barbaro, che era uno dei favoriti. Il Barbaro si lanciò su Caramon, ancora a terra, puntando una lancia. Le donne urlarono per il terrore. All’ultimo istante Caramon con un guizzo balzò di lato e, afferrando il piede del Barbaro, lo fece cadere sulla piattaforma coperta di segatura.
Applausi tonanti. I due uomini si avvinghiarono, rotolando al suolo. Kiiri si precipitò in avanti per aiutare il compagno caduto, e il Barbaro li respinse entrambi, con grande delizia della folla. Poi Caramon, con un gesto galante, ordinò a Kiiri di ritirarsi. Risultò ovvio alla folla che si sarebbe occupato lui stesso di quell’insolente avversario.
Kiiri dette a Caramon una pacca sul sedere (questo non era nel copione, e Caramon quasi si dimenticò della mossa successiva), poi corse via. Il Barbaro si scagliò contro Caramon, il quale sfoderò il suo pugnale retrattile. Come avevano progettato, quello era il punto culminante dello spettacolo. Passando con un’abilissima manovra sotto il braccio sollevato dell’avversario, Caramon piantò il finto pugnale dritto nel ventre del Barbaro, dov’era stata abilmente nascosta, sotto il pettorale piumato, una vescica colma di sangue di pollo.
Funzionò! Il sangue di pollo schizzò sopra Caramon, scorrendogli sul viso e sul braccio. Caramon guardò il volto del Barbaro, pronto a un altro ammiccamento trionfante...
Qualcosa non andava.
Gli occhi dell’uomo si erano spalancati, com’era nel copione. Ma si erano spalancati per un dolore e uno choc veri. Barcollò in avanti, anche questo era nel copione, ma non il rantolo di agonia.
Neil’afferrarlo, Caramon si rese conto con orrore che il sangue che gli scorreva sul braccio era caldo!
Strappando fuori il pugnale dal corpo dell’altro, Caramon lo fissò, mentre cercava di reggere il Barbaro, il quale gli si era accasciato addosso. La lama non rientrava... era vera!
«Caramon...» esclamò l’uomo con voce soffocata. Il sangue gli sprizzò dalla bocca.
Il pubblico era in visibilio. Erano mesi che non vedeva effetti speciali come quelli!
«Barbaro! Non lo sapevo!» gridò Caramon, fissando con orrore il pugnale. «Lo giuro!»
E poi Pheragas e Kiiri gli furono al fianco, aiutandolo a calare il Barbaro morente sul suolo dell’arena.
«Continua a recitare!» intimò seccamente Kiiri a Caramon.
Caramon fece per colpirla per la collera, ma Pheragas gli bloccò il braccio. «La tua vita, la nostra vita, dipendono da questo!» sibilò il nero. «E la vita del tuo piccolo amico!»
Caramon li fissò in preda alla confusione. Cosa volevano dire? Cosa mai stavano dicendo? Lui aveva appena ucciso un uomo... un amico! Gemendo, si allontanò con uno scatto da Pheragas e s’inginocchiò accanto al Barbaro. Vagamente sentì che la folla applaudiva, e seppe, dentro di sé, che gli spettatori abboccavano. Il Vincitore stava rendendo omaggio al Morto...
«Perdonami,» disse al Barbaro, che annuì.
«Non è colpa tua,» bisbigliò l’uomo. «Non biasimarti...». Gli occhi gli divennero vitrei, una bolla di sangue gli esplose fuori dalle labbra.
«Dobbiamo portarlo fuori dall’arena,» bisbigliò Pheragas a Caramon, in tono asciutto, «e farlo apparire vero. Così come abbiamo fatto durante le prove... Hai capito?»
Caramon annuì scoraggiato. La tua vita... la vita del tuo piccolo amico. Sono un guerriero. Ho ucciso altre volte. La morte non è niente di nuovo, per me. La vita del tuo piccolo amico. Obbedisci agli ordini. Ci sono abituato. Obbedisci agli ordini, poi troverai le risposte.
Ripetendolo più e più volte, Caramon fu in grado di tenere a freno quella parte della sua mente che bruciava di rabbia e di dolore. Con freddezza e con calma aiutò Kiiri e Pheragas a rimettere in piedi il «corpo senza vita» del Barbaro come avevano fatto innumerevoli volte durante le prove.
Pheragas, con un abile movimento del braccio libero, fece anche in modo che il Barbaro «morto» sembrasse eseguire un inchino. Cosa che la folla, alla quale ciò piaceva moltissimo, accolse con applausi frenetici. Poi i tre amici trasportarono il cadavere giù dal palcoscenico, inoltrandosi nelle buie corsie sottostanti.
Una volta laggiù, Caramon li aiutò a distendere il Barbaro sulla fredda pietra. Rimase là per lunghi momenti a fissare il cadavere, vagamente conscio degli altri gladiatori i quali, in attesa del proprio turno di entrare nell’arena, guardavano quel corpo senza vita per poi riconfondersi con le ombre.
Caramon si risollevò lentamente. Girandosi di scatto afferrò Pheragas e, con tutta la forza che aveva, scagliò il nero contro la parete. Estratto dalla cintura il pugnale macchiato di sangue, Caramon lo tenne sospeso davanti agli occhi di Pheragas.
«È stato un incidente,» disse Pheragas a denti stretti.
«Armi affilate!» gridò Caramon, spingendo brutalmente la testa di Pheragas contro la parete di pietra. «Soltanto un po’ di sangue. Adesso, dimmi: in nome dell’Abisso, che cosa sta succedendo?»
«È stato un incidente, tanghero,» giunse una voce piena di scherno.
Caramon si girò. Il nano era lì, davanti a lui, il suo corpo tozzo era una piccola ombra contorta nel corridoio buio e umido sotto l’arena.
«E adesso ti parlerò degli incidenti,» proseguì Arack con voce sommessa e malevola. Dietro di lui si stagliava la gigantesca figura di Raag, con il randello stretto nell’enorme mano. «Lascia andare Pheragas. Lui e Kiiri devono tornare nell’arena a salutare il pubblico. Oggi tutti voi siete stati i Vincitori.»
Caramon fissò Pheragas per un attimo, poi lasciò ricadere la mano. Il pugnale gli scivolò dalle dita snervate cadendo sul pavimento. Quindi, il grosso guerriero si accasciò contro una parete. Kiiri lo guardò con un’espressione di muta comprensione, appoggiando la mano sul suo braccio. Pheragas sospirò, lanciò al nano compiaciuto un’occhiata velenosa, poi lui e Kiiri lasciarono il corridoio. Girarono intorno al corpo del Barbaro che giaceva non toccato sulla pietra.
«Mi avevi detto che nessuno rimane ucciso!» esclamò Caramon con voce soffocata dalla rabbia e dal dolore.
Il nano si avvicinò e si fermò davanti all’omone. «È stato un incidente,» ripetè Arack. «Qui da noi gli incidenti possono accadere. In particolare alla gente che non sta attenta. Potrebbero accadere anche a te, se non stai attento. O a quel tuo piccolo amico. Ora, il nostro Barbaro non è stato attento. O meglio, il suo padrone non è stato attento.»
Caramon sollevò la testa, fissando il nano con gli occhi spalancati per lo choc e l’orrore.
«Ah, vedo che hai capito, finalmente,» disse Arack.
«Quest’uomo è morto perché il suo proprietario ha pestato i piedi a qualcuno,» disse Caramon con voce sommessa.
«Già.» Il nano sogghignò e si tirò la barba. «Civilizzato, vero? Non come ai vecchi tempi. E nessuno sa niente. Salvo il suo padrone, naturalmente. Ho visto la sua faccia, questo pomeriggio. L’ha capito non appena hai infilzato il Barbaro. Era come se gli avessi piantato il pugnale addosso. Ha capito il messaggio, eccome!»
«È un avvertimento?» chiese Caramon con voce soffocata.
Il nano annuì di nuovo e scrollò le spalle.