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«Sei tu!» alitò Crysania, balzando in piedi.

L’uomo le appoggiò una mano sulla spalla, esercitando una lieve pressione che la costrinse a riprendere posto sulla sedia. «Per favore, rimani seduta, Reverenda Figlia,» le disse. «Mi siederò con te. Qui c’è quiete, e potremo parlare senza essere interrotti.» Voltandosi, fece un gesto aggraziato e tutt’ad un tratto una sedia che si era trovata sul lato opposto della stanza comparve accanto a lui. Crysania cacciò un lieve singulto e lanciò un’occhiata intorno a sé. Ma se qualcun altro aveva notato la scena, ma tutti si davano da fare per ignorare il mago. Crysania si voltò e vide Raistlin che la stava osservando divertito, e sentì una vampa di calore sulla pelle.

«Raistlin,» disse con voce priva d’espressione, per celare la sua confusione, «sono contenta di vederti.»

«Ed io sono contento di vedere te, Reverenda Figlia,» lui rispose, con quella voce beffarda che le dava sui nervi. «Ma non mi chiamo Raistlin.»

Crysania lo fissò, adesso arrossendo ancora di più per l’imbarazzo. «Perdonami,» disse, scrutando con attenzione il suo viso, «ma mi ricordi moltissimo qualcuno che conosco... che conoscevo una volta.»

«Forse questo chiarirà il mistero,» disse lui con voce sommessa. «Per quelli che ci circondano, il mio nome è Fistandantilus.»

Crysania rabbrividì involontariamente, le luci nella sala parvero oscurarsi per un attimo. «No,» disse scuotendo lentamente la testa, «non può essere! Sei tornato indietro... per imparare da lui!»

«Sono tornato indietro per diventare lui,» rispose Raistlin.

«Ma... ho sentito raccontare delle storie. È malvagio, immondo...». Si ritrasse da Raistlin, fissandolo inorridita.

«Il malvagio non c’è più,» rispose Raistlin. «È morto.»

«Tu?» La parola fu un bisbiglio.

«Mi avrebbe ucciso, Crysania,» rispose Raistlin con semplicità, «così come aveva assassinato innumerevoli altri. Si trattava della mia vita o della sua.»

«Abbiamo scambiato un male con un altro,» replicò Crysania, in tono triste e disperato. Gli voltò le spalle.

Raistlin si rese subito conto che la stava perdendo. La fissò in silenzio. Crysania si era spostata sulla sedia, girando il viso altrove. Poteva vedere il suo profilo, freddo e puro come la luce di Solinari. La studiò con freddezza, proprio come studiava i piccoli animali che capitavano sotto il suo coltello quando sondava i segreti della vita stessa. Proprio come li scuoiava della loro pelle per vedere il cuore che pulsava sotto, così scuoiò j mentalmente Dama Crysania delle sue difese esterne per vedere la sua anima.

«Fistandantilus aveva in mente di venire nel nostro tempo per uccidermi, occupare il mìo corpo e riprendere l’opera là dove la Regina delle Tenebre l’aveva lasciata in sospeso. Aveva in mente di portare sotto il suo controllo i draghi malvagi. I Signori dei Draghi, come mia sorella Kitiara, sarebbero accorsi sotto il suo stendardo. Il mondo sarebbe piombato un’altra volta nella guerra.»

Raistlin fece una pausa. «Adesso la minaccia non c’è più,» disse con voce sommessa.

I suoi occhi imprigionavano Crysania proprio come la sua mano le imprigionava il polso.

Guardando dentro di essi, Crysania si vide riflessa nella loro superficie a specchio. E vide se stessa non come il chierico pallido, severo e studioso come si era sentita definire più di una volta, ma come qualcosa di bello e desiderabile. Quell’uomo era venuto da lei fiducioso, e lei l’aveva deluso.

Il dolore nella sua voce era insopportabile, e Crysania cercò ancora una volta di parlare, ma Raistlin continuò, attirandola ancora più vicina:

«Tu conosci le mie ambizioni,» le disse. «A te ho aperto il mio cuore. È forse mia intenzione rinnovare la guerra? E forse mio desiderio conquistare il mondo? Mia sorella Kitiara è venuta da me a chiedermi proprio questo, a cercare il mio aiuto. Ho rifiutato e tu, temo, ne hai pagato le conseguenze.» Raistlin sospirò e abbassò gli occhi. «Le avevo parlato di te, Crysania, della tua bontà e del tuo potere. Si è incollerita e ha mandato il suo cavaliere della morte a ucciderti, pensando così di porre fine alla tua influenza su di me.»

«Allora, io ho influenza su di te?» chiese Crysania con voce sommessa, senza più cercare di liberarsi dalla stretta di Raistlin. La sua voce tremava di gioia. «Posso sperare che tu abbia visto le vie della chiesa e...» «Le vie di questa chiesa?» chiese Raistlin. La sua voce era di nuovo amara e beffarda. Ritirando d’un tratto la mano, si appoggiò allo schienale della sedia, raccogliendo le vesti nere intorno a sé e fissando Crysania con un sorriso di scherno.

L’imbarazzo, la rabbia e un senso di colpa chiazzavano le guance di’ Crysania d’un rosso pallido. I suoi occhi grigi si oscurarono fino a diventare d’un azzurro profondo. Il colore delle sue guance si diffuse alle labbra, e all’improvviso fu bella, qualcosa che Raistlin osservò senza volerlo. Il pensiero lo infastidì oltre ogni limite, minacciando di sconvolgere la sua concentrazione. Lo respinse irritato.

«Conosco i tuoi dubbi, Crysania,» continuò d’un tratto. «So quello che hai visto. Hai scoperto che la chiesa, si occupa molto più della gestione del mondo piuttosto che indicare la via degli dei. Hai visto i suoi chierici fare il doppio gioco, darsi alla politica, spendere soldi per esibirsi quando avrebbero potuto impiegarli per i poveri. Hai pensato di ristabilire il primato della Chiesa quando fossi tornata, per scoprire invece che altri avevano indotto gli dei a scagliare, nella loro giusta collera, su coloro che li avevano abbandonati!, la montagna di fuoco. Avevi cercato di darne la colpa... ai fruitori di magia, forse.»

Il rossore di Crysania divenne più intenso, non riusciva più a guardarlo e. rivolse il volto altrove, ma la sua pena e la sua umiliazione erano ovvie.

Raistlin continuò senza pietà. «Il tempo del Cataclisma si avvicina, già i veri chierici hanno lasciato il paese... Sì, non lo sapevi? Il tuo amico Denubis se n’è andato. Tu, Crysania, sei l’unico vero chierico rimasto nel paese.»

Crysania fissò Raistlin sbigottita. «È... è impossibile,» bisbigliò. lanciò un’occhiata alla sala intorno a sé. E per la prima volta riuscì a sentire le conversazioni di quelli che avevano formato capannelli lontano dal gran Sacerdote. Sentì parlare dei Giochi, sentì discussioni sulla distribuzione dei fondi pubblici, l’instradamento degli eserciti, i modi migliori per riportare sotto controllo una nazione ribelle, tutto nel nome della chiesa.

E poi, come per soffocare le altre voci aspre, la voce dolce e musicale del Gran Sacerdote si gonfiò nella sua anima, calmando il suo spirito turbato. Il Gran Sacerdote era ancora là. Voltando le spalle alla tenebra, guardò verso la sua luce e sentì la sua fede ancora una volta forte e pura che si levava per difenderla. Freddamente riportò lo sguardo su Raistlin.

«C’è ancora bontà nel mondo,» disse severa. Alzandosi in piedi, fece per andarsene. «Fintanto che quel sant’uomo, di sicuro benedetto dagli dei, governa, non posso credere che gli dei abbiano scatenato la loro collera contro la chiesa. Diciamo piuttosto che è stato contro il mondo, per aver ignorato la chiesa,» continuò, con voce bassa e appassionata. Anche Raistlin si era alzato e, tenendole gli occhi puntati addosso, le si avvicinò di più.

Lei non parve accorgersene, ma continuò: «O per aver ignorato il Gran Sacerdote! Deve averlo previsto! Forse perfino in questo momento sta tentando di prevenirlo! Implorando gli dei di aver pietà!»