«Dama Crysania,» l’interruppe Caramon, cercando di mantenere calma la voce. «Non stiamo parlando di un invito alla Festa dei Reciproci Doni. Domani questa città cesserà di esistere! Io...»
«Zitto!» gli ordinò Crysania. Lanciò un’occhiata nervosa intorno a sé. «Qui non possiamo parlare.»
Il bagliore di un lampo e uno schianto assordante la spinsero a rannicchiarsi, ma recuperò il controllo quasi subito. «Vieni con me.»
Caramon esitò, poi, corrugando la fronte, la seguì mentre Crysania gli faceva strada attraverso il Tempio fino a una delle molte stanze interne, immerse nella penombra. Per lo meno, qui la luce dei lampi non poteva penetrare e il rombo dei tuoni giungeva ovattato. Facendo attenzione a chiudere la porta, Crysania prese posto su una sedia e fece segno a Caramon di fare lo stesso.
Caramon rimase interdetto per un istante, poi si sedette, a disagio e con i nervi a fior di pelle, acutamente conscio delle circostanze del loro Ultimo incontro, quando la sua ubriachezza aveva quasi causato la morte di loro tutti. Forse anche Crysania aveva pensato la stessa cosa. Lo guardava con occhi che erano freddi e grigi come l’alba. Caramon arrossì.
«Sono lieta di vedere che la tua salute è migliorata,» disse Crysania, sforzandosi di tenere la severità fuori dalla sua voce... e fallendo del tutto.
Il rossore di Caramon divenne ancora più intenso. Abbassò lo sguardo sul pavimento.
«Mi spiace,» disse Crysania d’un tratto. «Per favore, perdonami. Sono... sono molte notti che non dormo, da quando è cominciato.» Si portò una mano tremante alla fronte. «Non riesco a pensare,» aggiunse con voce roca. «Questo frastuono incessante...»
«Capisco,» disse Caramon levando lo sguardo su di lei. «E hai ogni diritto di disprezzarmi. Io disprezzo me stesso per quello che ero, ma questo, adesso, non ha davvero importanza. Dobbiamo andarcene, Dama Crysania.»
«Sì, hai ragione.» Crysania tirò un profondo sospiro. «Dobbiamo andarcene da qui. Ci rimangono soltanto poche ore per fuggire. Ne sono ben consapevole, credimi.» Sospirando abbassò lo sguardo sulle proprie mani. «Ho fallito,» aggiunse con voce opaca. «Ho continuato a sperare, fino all’ultimo momento, che in qualche modo le cose potessero cambiare. Ma il Gran Sacerdote è cieco. Cieco!»
«Comunque, non è per questo che mi hai evitato, vero?» chiese Caramon, con voce senza espressione. «Per impedirmi di andarmene?» a
Adesso toccò a Crysania di arrossire. Abbassò lo sguardo sulle sue; mani che si stava torcendo in grembo. «No,» disse con voce talmente bassa che Caramon la udì appena. «No, non... non volevo andarmene senza... senza...»
«...Raistlin,» terminò Caramon. «Dama Crysania, lui ha la sua magia. È stato grazie ad essa, soprattutto, che è venuto qui. Ha fatto la sua scelta. Me ne sono reso conto, infine. Noi dovremmo andarcene...»
«Tuo fratello è stato terribilmente malato,» disse Crysania, all’improvviso.
Caramon alzò gli occhi a fissarla, il volto teso per la preoccupazione.
«Ho tentato per giorni di vederlo, ancora all’inizio della Festa, ma ha rifiutato l’ingresso a tutti, perfino a me. E adesso, oggi, mi ha mandato a chiamare,» proseguì Crysania, sentendo il viso bruciarle sotto lo sguardo penetrante di Caramon. «Gli parlerò, cercherò di convincerlo a venire con noi. Se la sua salute è menomata, non avrà la forza di usare la sua magia.»
«Sì,» mormorò Caramon, pensando alle difficoltà che comportava il lancio di un incantesimo così potente e complesso. Par-Salian aveva impiegato giorni per farlo, ed era in buona salute. «Cos’è che non va in Raist?» chiese all’improvviso.
«La vicinanza degli dei influisce su di lui,» rispose Crysania, «così come influisce su altri, anche se rifiutano di ammetterlo.» La sua voce si smorzò, dolente, ma Crysania strinse con forza le labbra, per un attimo, poi continuò: «Dobbiamo esser pronti a muoverci in fretta nel caso in cui acconsenta a venire con noi...»
«E se non acconsentirà?» chiese Caramon.
Crysania arrossì. «Credo che... lo farà,» disse, sopraffatta dalla confusione, i suoi pensieri riandarono a quei momenti, nella camera di lui, quando si erano trovati così vicini, all’espressione bramosa, piena di desiderio, nei suoi occhi, all’ammirazione... «Gli ho... parlato... dell’erroneità del suo comportamento. Gli ho mostrato come il male non possa mai costruire o creare, ma sia in grado soltanto di distruggere e rivolgersi contro se stesso. Ha ammesso la validità delle mie argomentazioni e ha promesso di pensarci.»
«E ti ama,» disse Caramon con voce sommessa.
Crysania non riuscì a guardarlo negli occhi. Non riuscì a rispondere. Il cuore le batteva talmente forte che per un momento non riuscì più a sentire nessun altro rumore al di sopra del pulsare del suo sangue. Poteva sentire gli occhi scuri di Caramon che la fissavano mentre il tuono rimbombava e scuoteva il Tempio tutt’intorno a loro. Crysania rinserrò le mani l’una sull’altra per arrestare il loro tremito, poi si avvide che Caramon si stava alzando in piedi.
«Mia signora,» disse il guerriero con voce sommessa e solenne, «se hai ragione, se la tua bontà e il tuo amore potranno distoglierlo da quei sentieri tenebrosi che sta percorrendo, per sua propria scelta, riconducendolo alla luce, io... io...» Caramon parve soffocare e si affrettò a girare la testa dall’altra parte.
Sentendo tutto quell’amore nella voce dell’omone e vedendo le lacrime che cercava di nascondere, Crysania venne sopraffatta dal dolore e dal rimorso. Cominciò a chiedersi se non l’aveva mal giudicato. Alzandosi in piedi, toccò delicatamente il grosso, muscoloso braccio del guerriero, sentendolo pieno di tensione mentre lottava per recuperare il controllo di sé.
«Devi tornare? Non puoi rimanere...»
«No.» Caramon scosse la testa. «Devo andare a prendere Tas e il congegno che Par-Salian mi ha dato. È chiuso sotto chiave. E poi, ho degli amici... Ho tentato di convincerli a lasciare la città. Potrebbe essere troppo tardi, ma devo fare un ulteriore tentativo...»
«Certo,» annuì Crysania. «Capisco. Torna più presto che puoi. Incontriamoci... incontriamoci nelle stanze di Raistlin.»
«Lo farò, mia signora,» rispose Caramon con fervore. «E adesso devo andare, prima che i miei amici vadano ad allenarsi.» Prendendole la mano nella sua, la strinse con fermezza, poi si affrettò ad allontanarsi. Crysania lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava nel corridoio, dove la luce delle torce risplendeva schiarendo appena la penombra. Il grosso guerriero si stava muovendo con rapidità e sicurezza, e neppure sussultò quando passò davanti a una finestra all’estremità del corridoio e venne illuminato all’improvviso da un vivido lampo di luce. Era la speranza che teneva ancorato il suo spirito, pur nel turbinare della tempesta, la stessa speranza che Crysania aveva d’un tratto sentito gonfiarsi dentro di sé.
Caramon sparì nel buio e Crysania, sollevando le vesti bianche con una mano per evitare che strisciassero sul pavimento, si voltò e salì rapidamente la scala che conduceva a quella parte del Tempio che ospitava il mago dalla Veste Nera.
Il suo morale e la sua speranza le vennero un po’ meno quando entrò in quel corridoio. Qui tutto il furore della tempesta pareva scatenarsi senza nessun freno. Neppure le pesanti tende riuscivano a tener fuori i lampi accecanti, le pareti più spesse non riuscivano a smorzare il rombo dei tuoni.
Forse a causa di qualche finestra difettosa, perfino il vento sembrava esser penetrato dentro le mura del Tempio. Qui non ardeva nessuna torcia, non che ve ne fosse bisogno, talmente incessanti erano i lampi.
I capelli neri le vennero soffiati negli occhi, le vesti le svolazzarono intorno. Quando si avvicinò alle stanze del mago in fondo al corridoio, potè sentire il crepitio della pioggia contro il vetro. L’aria era fredda e umida. Rabbrividendo, affrettò il passo e già aveva alzato la mano per bussare alla porta quando d’un tratto il corridoio sfrigolò del bagliore biancoazzurro di un lampo. La simultanea esplosione del tuono mandò a sbattere Crysania contro la porta. Questa si spalancò di colpo e lei si ritrovò tra le braccia di Raistlin.