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«Sì.» Anche Pate aveva sentito raccontare quella storia. «Ma a che cosa serve una candela che non fa luce?»

«È un insegnamento» rispose Armen «l’ultima lezione che dobbiamo apprendere prima di indossare la catena di maestri. La candela di vetro significa verità e conoscenza, cose rare, belle e fragili. Ha la forma di una candela per ricordarci che un maestro deve diffondere luce ovunque sia, e i bordi della candela sono affilati per ricordarci che la conoscenza può essere pericolosa. Gli uomini saggi possono tramutare la loro saggezza in arroganza, ma un maestro deve sempre rimanere umile. La candela di vetro ci ricorda tutto questo. Perfino dopo aver pronunciato il giuramento e avere indossato la catena ed essere andato a servire, il maestro ricorderà la tenebra della sua notte di veglia, e ricorderà come nulla di quanto aveva tentato fosse stato in grado di far bruciare quella candela… perché anche se si possiede la conoscenza, certe cose sono comunque impossibili.»

Leo il Pigro scoppiò a ridere. «Impossibili per te, vorrai dire. Io ho visto con i miei occhi la candela bruciare.»

«Hai visto bruciare una candela, di questo non dubito» disse Armen. «Forse una candela di cera nera.»

«So quello che ho visto. La luce era strana e vivida, molto più intensa di quella di qualsiasi candela di cera o di sego. Proiettava strane ombre e la fiamma non ondeggiava mai, nemmeno quando una folata d’aria è arrivata da una porta aperta alle mie spalle.»

Armen incrociò le braccia. «L’ossidiana non brucia.»

«Vetro di drago» disse Pate. «Il popolino lo chiama così.» La cosa sembrava importante.

«È vero» mormorò Alleras la Sfinge «e se i draghi hanno fatto ritorno nel mondo…»

«Draghi e cose ancora più oscure» disse Leo. «Le pecore grigie hanno chiuso gli occhi e il mastino vede la verità. Antiche forze si risvegliano. Ombre si agitano. Un’era di meraviglie e di terrori incombe su di noi, un’era di dèi e di mitici eroi.» Si stiracchiò, esibendo il suo pigro sorriso. «Tutto questo vale una coppa, dico io.»

«Abbiamo bevuto abbastanza» dichiarò Armen. «Il mattino ci sarà addosso prima di quanto vorremmo, e l’arcimaestro Ebrose parlerà delle proprietà dell’urina. Quelli che intendono forgiare un anello d’argento faranno bene a non perdere la sua prolusione.»

«Lungi da me trattenervi da un assaggio di piscio» disse Leo. «Quanto a me, preferisco del vino dorato di Arbor.»

«Se la scelta è fra te e il piscio, preferisco il piscio.» Mollander si allontanò dal tavolo. «Andiamo, Roone.»

La Sfinge afferrò la custodia dell’arco. «Me ne vado a letto anch’io. Credo che sognerò draghi e candele di vetro.»

«Andate via tutti?» Leo scrollò le spalle. «Bene, rimane Rosey. Forse risveglierò il piccolo birillo e farò di lei una donna.»

Alleras notò l’espressione sul volto di Pate. «Se non ha una moneta di rame per comprarsi una coppa di vino, non ha nemmeno un dragone d’oro per comprarsi la ragazza.»

«Aye» gli fece eco Mollander. «E poi ci vuole un uomo per fare una donna. Vieni con noi, Pate. Il vecchio Walgrave si sveglia al sorgere del sole. Avrà bisogno di te per andare alla latrina.»

"Ammesso che oggi si ricordi chi sono." L’arcimaestro Walgrave non aveva alcun problema nel riconoscere i corvi, ma non era altrettanto bravo con le persone. Certi giorni confondeva Pate con qualcuno di nome Cressen.

«Non subito» disse Pate agli amici. «Io resto un altro po’.» Non era ancora l’alba. L’alchimista poteva ancora arrivare e in quel caso Pate voleva essere là ad attenderlo.

«Come vuoi» disse Armen.

Lanciò a Pate una lunga occhiata, poi si mise l’arco sull’esile spalla e seguì gli altri verso il ponte. Mollander era così ubriaco da essere costretto a camminare appoggiando una mano sulla spalla di Roone per non cadere. La Cittadella non era lontana, a patto di essere un corvo, solo che nessuno di loro lo era, e Vecchia Città era un vero e proprio labirinto, tutta vicoli, stradine incrociate le une con le altre e strette strade tortuose.

«Sta’ attento» Pate udì Armen dire mentre le nebbie del fiume inghiottivano i quattro giovani apprendisti maestri. «La notte è umida e i ciottoli sono scivolosi.»

Dopo che se ne furono andati, Leo il Pigro lanciò a Pate uno sguardo tetro dall’altra parte del tavolo. «Che tristezza. La Sfinge se n’è andato con tutto il suo argento, abbandonandomi qui con Pate il Macchiato, il ragazzo maiale.» Si stiracchiò, sbadigliando. «Dimmi un po’, come sta la nostra piccola, adorata Rosey?»

«Dorme» rispose seccamente Pate.

«Nuda, senza dubbio.» Leo sogghignò. «Pensi che valga davvero un dragone d’oro? Un giorno o l’altro dovrò scoprirlo.»

Pate fu abbastanza furbo da non rispondere.

A Leo non serviva una risposta. «Immagino che dopo averle dato una ripassata, il suo prezzo crollerà, e anche i ragazzi maiale se la potranno permettere. Dovresti ringraziarmi.»

"Dovrei ucciderti" pensò Pate, ma non era ubriaco al punto di gettare via la propria vita. Leo aveva ricevuto un addestramento d’arme e si diceva fosse micidiale con l’accoppiata bravosiana lama lunga e pugnale. E se anche fosse riuscito a ucciderlo, questo gli sarebbe comunque costato la testa. Leo aveva due nomi, mentre Pate ne aveva uno soltanto, e il secondo nome di Leo era Tyrell. Ser Moryn Tyrell, comandante della Guardia cittadina di Vecchia Città, era il padre di Leo. Mace Tyrell, lord di Alto Giardino e Protettore del Sud, era suo cugino. E l’Anziano di Vecchia Città, lord Leyton di Hightower, che tra i suoi molti titoli annoverava anche quello di Protettore della Cittadella, aveva giurato fedeltà alla Casa Tyrell quale alfiere. "Lascia perdere" si disse Pate. "Parla così solamente per ferirti."

Verso est, le nebbie stavano diradandosi. "L’alba" si rese conto Pate. "L’alba è arrivata, l’alchimista invece no." Non sapeva se ridere o piangere. "Rimango un ladro anche se restituisco il maltolto senza che nessuno sappia mai nulla?" Un’altra domanda per la quale non aveva risposta, come per quelle che gli avevano posto Ebrose e Vaellyn.

Quando spinse indietro la panca e si alzò in piedi, tutto quel sidro dannatamente forte gli arrivò alla testa come una slavina. Dovette puntellarsi al tavolo con una mano per tenersi diritto. «Lascia stare Rosey» disse, a mo’ di commiato. «Lasciala stare, se no potrei ucciderti.»

Leo Tyrell scostò la ciocca di capelli dall’occhio. «Non mi metto a duellare con ragazzi maiale. Vattene.»

Pate gli voltò le spalle e attraversò la terrazza. I suoi tacchi martellarono contro le assi corrose del vecchio ponte. Quando raggiunse l’estremità opposta, il cielo stava tingendosi di rosa. "Il mondo è grande" pensò. "Se comprassi quell’asino, potrei vagabondare per le strade e i crocicchi dei Sette Regni, facendo salassi al popolino e togliendo pidocchi dai capelli. Potrei imbarcarmi su una nave, mettermi ai remi e arrivare fino a Qarth attraverso i Portali di Giada, in modo da vedere con i miei occhi quei draghi maledetti. Non devo tornare per forza dal vecchio Walgrave e dai suoi corvi."

Ma i piedi lo portarono verso la Cittadella.

Quando la prima lama di luce solare spezzò le nubi a est, le campane del mattino cominciarono a suonare dal Tempio del Marinaio giù verso il porto. Il Tempio del Lord si unì ai rintocchi un attimo dopo, poi furono i Sette Santuari dai loro giardini sulla riva opposta del fiume Vino di Miele, infine il Tempio Stellato, che per mille anni era stato lo scanno dell’Alto Sacerdote prima che Aegon Targaryen il Conquistatore sbarcasse ad Approdo del Re. Tutti quei rintocchi si fusero in un’unica melodia. "Anche se non è dolce quanto il canto di un solo usignolo."

Pate udiva anche un canto, sotto la voce delle campane. Ogni mattina, alle prime luci, i preti rossi si radunavano per accogliere il sole all’esterno del loro modesto tempio sul fronte del porto. "Perché oscura è la notte e piena di terrori." Pate li aveva uditi centinaia di volte intonare quelle parole, chiedendo al loro dio R’hllor, Signore della luce, di salvarli dalle tenebre. I Sette Dèi erano sufficienti per Pate, ma aveva udito che ora Stannis Baratheon si era messo a adorare i fuochi notturni. Stannis era addirittura arrivato a sostituire sui vessilli il cervo incoronato, simbolo della sua antica casata, con il cuore fiammeggiante di R’hllor. "Se dovesse salire sul Trono di Spade, tutti noi faremmo bene a imparare le parole di quel canto" pensò Pate, ma la cosa non sembrava probabile. Tywin Lannister aveva sbaragliato Stannis e R’hllor sul fiume delle Acque Nere, ben presto il lord del Leone li avrebbe finiti, issando la testa dell’aspirante re Baratheon su una picca sopra le porte di Approdo del Re.