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Come le mode, pensai.

— Ma ci sono leggi che li governano. Abbiamo definito matematicamente alcune di esse: entropia, instabilità interna e iterazione, che è…

— L’effetto farfalla — dissi.

— Esatto. Una minuscola variabile ha un effetto di ritorno sul sistema e poi il feedback ha a sua volta un effetto di ritorno, finché non influenza il sistema in modo sproporzionato alla propria grandezza.

— Una farfalla che batte le ali a Los Angeles può provocare un tifone a Hong Kong. O un meeting di tutto lo staff alla HiTek.

Sembrò soddisfatto. — Sa qualcosa sul caos?

— Solo da esperienze personali.

— Già, il caos pare all’ordine del giorno, da queste parti. Ah, be’, il mio progetto consisteva nel calcolare gli effetti di iterazione e di entropia per vedere se giustificavano il caos o se vi era implicato un altro fattore.

— E vi era implicato?

Divenne pensieroso. — Secondo i teorici del caos, il principio d’incertezza di Heisenberg significa che i sistemi caotici sono intrinsecamente imprevedibili. Verhoest ritiene che la previsione sia possibile, ma ha proposto l’esistenza di un’altra forza che spinge il caos, un fattore X che ne influenza il comportamento.

— Falene — dissi.

— Prego?

— O locuste. Qualcosa di diverso dalle farfalle.

— Oh. Giusto. Ma Verhoest sbaglia. La mia teoria è che l’iterazione può giustificare qualsiasi cosa avvenga in un sistema caotico, una volta che tutti i fattori siano noti e adeguatamente misurati. Non ho mai avuto la possibilità di scoprirlo. Sono riuscito a fare solo due cicli di elaborazione, prima che mi tagliassero i finanziamenti. Non hanno mostrato un aumento di prevedibilità: ciò significa che o mi sbagliavo o non avevo tutte le variabili. — Si interruppe, con le mani sulla maniglia di una porta, e mi resi conto che eravamo davanti al suo ufficio. Evidentemente l’avevo accompagnato giù fino a Biologia.

— Bene — dissi, rimpiangendo di non avere maggior tempo per analizzare la sua cravatta — è meglio che torni al lavoro. Devo prepararmi alla nuova assistente di Flip. E devo riempire il modulo per il finanziamento. — Guardai tristemente i fogli. — Almeno, è corto.

Da dietro le grosse lenti mi guardò come se non avesse capito.

— Solo ventidue pagine — spiegai, mostrandogli il modulo.

— I moduli per il finanziamento non sono stati ancora stampati — disse il dottor O’Reilly. — Dovremmo averli domani, in teoria. — Indicò i fogli che tenevo in mano. — Quello è il nuovo modulo semplificato per il reperimento di forniture da ufficio. Per ordinare clips.

PARTE SECONDA

Gorgoglii

L’umanità, naturalmente, è sempre stata e sempre sarà sotto il giogo delle farfalle per ciò che riguarda riti sociali, abiti, divertimento e la spesa che queste cose comportano.

HUGH SHETFIELD, Il potere supremo della società, 1909

MINIGOLF (1927 – 1931)

Moda di gioco consistente in piccoli percorsi di golf a diciotto buche molto ravvicinate, complicati da mulini, cascatelle e minuscole trappole di sabbia. La sua popolarità aveva facile spiegazione: il minigolf era un luogo a buon mercato per un appuntamento amoroso durante la Depressione, aveva una bassa soglia di abilità e livelli multipli di risultati positivi, consentiva di fingere per un paio d’ore di appartenere al raffinato mondo del country-club. Più di quarantamila minigolf spuntarono in tutto il paese: al suo culmine, la moda era così popolare da fare concorrenza ai film, per cui le case cinematografiche vietarono ai propri attori di giocare a minigolf in pubblico. La moda morì di sovraesposizione.

Neanche le sorgenti del Colorado sembrano sorgenti. Si trovano in una distesa di ghiacciai sui monti Green River, in mezzo a tundra, neve e rocce.

Ma perfino nel cuore dell’inverno c’è un certo scioglimento del ghiaccio, una goccia qui, un rivolo là, un sottile velo d’acqua che si forma ai bordi sudici del ghiacciaio e si riversa sul terreno gelato. Cade e gela, si accumula e riunisce, così lentamente da risultare invisibile.

La ricerca scientifica è simile anche a questo. Gli “Eureka!”, come quello che gridò Archimede quando entrò nella vasca da bagno e intuì all’improvviso la risposta al problema di testare la densità dei metalli, sono pochi e molto distanziati nel tempo; nella maggior parte dei casi, si tratta solo di fare tentativi, constatare l’insuccesso, tentare altre vie, inserire nuovi dati, eliminare variabili ed esaminare con attenzione i risultati per capire dove era stato commesso l’errore.

Arno Penzias e Robert Wilson, per esempio. Si proponevano di misurare l’intensità assoluta di segnali radio provenienti dallo spazio, ma prima dovevano eliminare il rumore di fondo del loro rivelatore. Trasferirono in campagna il rivelatore per sfuggire al frastuono della città, alle stazioni radar e al brusio atmosferico, e ottennero un miglioramento, ma il rumore di fondo persisteva. Cercarono di immaginare quale fosse la causa. Uccelli? Salirono sul tetto ed esaminarono l’antenna a corno. Ah, ecco, c’erano colombi annidati nell’antenna, e i loro escrementi forse erano l’origine del disturbo.

Penzias e Wilson uccisero i colombi, ripulirono l’antenna e sigillarono ogni possibile giunzione e crepa (probabilmente con nastro adesivo industriale). Il rumore di fondo persisteva.

E va bene. Cos’altro poteva provocarlo? Flussi di elettroni prodotti dai test nucleari? In questo caso si sarebbe dovuta notare una diminuzione del rumore, visto che dal 1963 i test atomici erano stati messi al bando. Penzias e Wilson effettuarono decine di esperimenti sull’intensità del rumore, per scoprire se la causa era quella. Non era quella.

Pareva inoltre che il rumore di fondo restasse sempre uguale, a prescindere dalla posizione rispetto alla volta celeste, il che non aveva senso.

Penzias e Wilson provarono e riprovarono, sigillarono e risigillarono, grattarono via escrementi di colombo, e per circa cinque anni disperarono di poter realizzare l’esperimento sull’intensità dei segnali radio, prima di capire che i disturbi non erano affatto rumori di fondo. Erano microonde, la risonante eco del Big Bang.

Venerdì, Flip portò il nuovo modulo per richieste di finanziamento. Era lungo sessantotto pagine malamente graffettate. Tre pagine caddero sulla soglia mentre Flip entrava con andatura dinoccolata, e altre due mentre mi porgeva il malloppo.

— Grazie, Flip — dissi, e le sorrisi.

La sera prima avevo letto gli ultimi due. terzi del poemetto di Browning, Passa Pippa, dove Pippa aveva indotto al suicidio due amanti adulteri con intenzioni omicide, aveva convinto un giovane studente ingannato a scegliere l’amore anziché la vendetta e aveva fatto cambiare vita a un certo numero di fannulloni assortiti. Tutto ciò, solo trillando “Nell’anno è primavera / e nel giorno è mattino”. Pensate un po’ che cosa avrebbe potuto fare se avesse avuto una tessera di biblioteca.

Tu puoi cambiare il mondo, diceva chiaramente Browning. Comportandosi con sicurezza e mettendo la freccia prima di svoltare a sinistra, una persona può avere un effetto positivo sulla società; e risultava chiaro, dal Pifferaio magico, che Browning capiva come funzionavano le mode.

Non avevo notato nessun effetto positivo, ma nemmeno Pippa li aveva notati, lei che probabilmente il giorno dopo era tornata al lavoro nella filanda, senza alcuna idea di tutto il bene che aveva fatto. La immaginai al meeting dello staff che Grancapo aveva indetto per presentare il nuovo sistema manageriale, PESTO. Subito dopo l’esercizio di sensitività, il partner di Pippa si sarebbe sporto a mormorare: “Allora, Pippa, cosa hai fatto nel tuo giorno libero?” e lei avrebbe scrollato le spalle e risposto: “Non molto. Sai, ho girellato”.