— Pregare — disse Bennett. Strappai dal notes un foglio e scrissi:
1. Ottimizzare il potenziale.
2. Facilitare la disponibilità.
3. Implementare l’intuizione.
4. Stabilire strategicamente le priorità.
5. Aumentare l’assetto centrale.
— Cos’è questa roba? — disse Bennett, guardando l’elenco. — Non ha senso.
— Non ha senso neppure aspettarsi che otteniamo un Niebnitz. — Consegnai il foglio.
— Ora mettiamoci all’opera — concluse Grancapo. — Seguite modi di pensiero divergenti. E fatemi vedere qualche importante conquista scientifica.
Uscì dalla sala, con il bastone di comando sotto il braccio, e tutti rimasero seduti dov’erano, attoniti, tranne Alicia Turnbull, che cominciò a prendere rapidi appunti sull’agenda, e Flip, che si mise a distribuire dei fogli.
— Proiezione Risultati: Importante Conquista Scientifica — dissi, scuotendo la testa. — Be’, il taglio alla maschietta non lo è di sicuro.
— La scienza non funziona a questo modo, non lo sanno? Le nuove conquiste scientifiche non vengono fatte su ordinazione. Si verificano quando guardi ciò a cui lavori per anni e a un tratto vedi un collegamento che non avevi mai notato prima; oppure quando cerchi una cosa completamente diversa. A volte avvengono addirittura per caso. Non si può avere una conquista scientifica solo perché la si vuole, non lo sanno?
— Sono gli stessi che hanno dato a Flip una promozione, ricorda? — Corrugai la fronte. — Cosa vuol dire “circostanziata predisposizione a importanti conquiste scientifiche”?
— Per Fleming, significava guardare una coltura contaminata e notare la muffa che aveva ucciso i batteri — disse Ben.
— E Grancapo come fa a sapere che il Comitato del Niebnitz Grant concede la borsa di studio a progetti creativi che ne presentino il potenziale? Come fa a sapere che c’è un comitato? Per quanto ne sappiamo, Niebnitz potrebbe essere un vecchio straricco che regala denaro a progetti che non presentano alcun potenziale.
— In questo caso, la nostra vittoria è scontata — disse Bennett.
— Per quanto ne sappiamo, Niebnitz potrebbe dare la borsa di studio a gente il cui nome comincia per C, oppure estrarre i nomi da un cappello.
Flip si avvicinò con andatura dinoccolata e diede a Bennett un foglio. — È il memo che spiega il modulo semplificato per il finanziamento? — domandò lui.
— No-o-o-o — rispose Flip, roteando gli occhi. — È una petizione. Per rendere la sala mensa un ambiente al cento per cento senza fumo. — Si allontanò con la stessa andatura.
— So per cosa sta quella i — dissi. — Irritante.
Bennett scosse la testa. — Insopportabile.
BERRETTI DI PELLICCIA DI PROCIONE
(MAGGIO 1955-D1CEMBRE 1955)
Moda per bambini ispirata dalla serie televisiva di Walt Disney Davy Crockett, il kentuckiano eroe di frontiera che combatté ad Alamo e “uccise un orso” all’età di tre anni. Parte di una grande moda commerciale che comprendeva assortimenti arco-e-frecce, coltelli giocattolo, fucili giocattolo, giubbotti con la frangia, corni per la polvere da sparo, cestini per la colazione, puzzle, album da colorare, pigiami, calzoncini e diciassette versioni documentate della “Ballata di Davy Crockett”, di cui ogni ragazzino d’America sapeva i versi. La moda provocò scarsità di pelli di procione e la distruzione di una moda precedente: le giacche di procione degli anni Venti furono fatte a pezzi per ricavarne berretti. Alcuni bambini arrivarono a farsi tagliare i capelli a forma di berretto. La moda crollò proprio prima del Natale 1955, lasciando i commercianti con centinaia di berretti invenduti.
Il giorno dopo, mentre frugavo il laboratorio per trovare i ritagli che avevo dato a Flip da fotocopiare, mi venne in mente la frase di Bennett: se lui aveva già conosciuto la nuova assistente, significava di sicuro che quella era stata assegnata a Biologia. Ma nel pomeriggio Gina venne nel mio laboratorio. Aveva l’aria tormentata. — Non m’interessa cosa dicono — si sfogò. — Ho fatto la cosa giusta, assumendola. Shirl ha appena stampato e rilegato venti copie di un mio articolo. Senza errori. Me ne frego, se respiro fumo passivo-passivo.
— Fumo passivo-passivo?
— Flip chiama così l’aria normalmente espirata dai fumatori. Ma io me ne frego. Ne vale la pena.
— Shirl è stata assegnata a te?
Gina annuì. — Stamattina mi ha consegnato la posta. La mia posta. Dovresti fartela assegnare.
— Ci proverò — dissi. Ma era più facile a dirsi che a farsi. Ora che aveva un’assistente, Flip (con i miei ritagli) era scomparsa dalla faccia della terra. Cercai due volte in tutto l’edificio, compresa la sala mensa, dove su tutti i tavoli erano comparsi grandi cartelli VIETATO FUMARE, e l’Economato, dove Desiderata cercava di scoprire cosa fossero le cartucce per stampante; alla fine la trovai nel mio laboratorio, seduta al mio computer, impegnata a battere qualcosa sulla tastiera.
Flip cancellò ciò che c’era sullo schermo prima che potessi vederlo e si alzò di scatto. Se non fosse stata incapace di provare sensi di colpa, avrei detto che aveva un’aria colpevole.
— Lei non lo stava usando! — disse. — Non era neanche qui!
— Hai fatto la fotocopia dei ritagli che ti ho dato lunedì?
Rimase interdetta.
— Oltre ai ritagli c’erano copie degli annunci personali.
Agitò il ciuffo di capelli. — Userebbe la parola “elegante” per descrivermi?
Aveva aggiunto al ciuffo una lunga trecciolina avvolta in filo da ricamo blu bile e una fascia di nastro adesivo sulla fronte, tagliato in modo da incorniciare la i.
— No — dissi.
— Be’, nessuno si aspetta che tu sei tutte quelle cose — disse Flip, oscuramente. — Comunque, non so perché lei è tanto fanatica per gli annunci personali. Ha già quel cowboy.
— Come?
— Quel Billy Boy Vattelapesca. — Fece un gesto in direzione del telefono. — Ha chiamato e ha detto che sarà in città per un seminario e che lei deve incontrarlo a pranzo da qualche parte. Stasera, penso. Al Nebraska Daisy o qualcosa del genere. Alle sette.
Controllai il blocco dei messaggi telefonici. Intonso. — Non hai scritto il messaggio?
Flip sospirò. — Non posso fare tutto io! Proprio per questo mi hanno dato un’assistente, no? Così dovrei lavorare meno duramente, ma poiché quella è una fumatrice, metà delle persone a cui l’ho assegnata non la vogliono nel proprio laboratorio, così devo ancora copiare tutta quella roba e scendere a Biologia e tutto il resto. Bisognerebbe costringere i fumatori a smettere di fumare.
— Chi le hai assegnato?
— Biologia e Sviluppo Produzione e Chimica e Fisica e Personale e Paghe e tutti quelli che mi gridano e mi fanno fare un mucchio di lavoro. Oppure bisognerebbe metterli in un campo o in qualche posto dove non possono esporre il resto di noi a tutto quel fumo.
— Perché non l’assegni a me? Non m’importa se fuma.
Si mise le mani sui fianchi della gonna di pelle blu. — Provoca il cancro, sa? — disse con aria di disapprovazione. — Inoltre, a lei non la assegnerei mai. Lei è l’unica che mostra una certa gentilezza nei miei confronti, qui in giro.
PAN DEGLI ANGELI (1880 – 90)
Torta di gran moda, così chiamata per suggerirne la celestiale leggerezza e il candore. Ebbe origine o in un ristorante di St. Louis o lungo il fiume Hudson o in India. Il segreto della torta era una dozzina (o undici o quindici) di chiare d’uovo montate a neve. Difficile da cuocere, ispirò un intero folklore: la teglia non doveva essere unta e nessuno doveva camminare in cucina mentre la torta era in forno. Soppiantata ovviamente dal pan dei diavoli al cioccolato.