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— Forse non gli piacciono le tavolette di cibo — insinuò Flip.

— Ha ragione, sa — dissi a Ben che mi fissò, incredulo. — Dobbiamo saperne di più sulle loro abitudini alimentari e le loro capacità. Chiamo Billy Ray e mi faccio dire cosa piace alle pecore.

Trovai l’audiomessaggio di Billy Ray. “Premere uno se si vuole la fattoria del ranch, premere due se si vuole la stalla, premere tre se si vuole il campo pecore.” Billy Ray non era in nessuno dei tre posti. Era per strada, diretto a Casper.

Tornai nel laboratorio, dissi a Bennett e a Flip che sarei andata in biblioteca e presi l’auto.

Al banco della biblioteca c’era il clone di Flip, con una fascetta di nastro adesivo sulla fronte e una i marchiata.

— Avete qualche libro sugli ovini? — le domandai.

— Come si scrive?

— Con una v sola. — Aveva ancora l’aria assente. — O-v-i-n-i.

— Vini di Borgogna — lesse lei dallo schermo. — Vini e viticci della California…

— Ovini — dissi. — Pecore.

— Oh. — Batté la parola, usando varie volte il tasto per cancellare. — Il mistero della pecora smarrita — lesse. — Peregrinazioni di pacifiche pecore prosperose, La sindrome della pecora nera…

— Libri sulle pecore. Su come allevarle e addestrarle.

Roteò gli occhi. — Non poteva dirlo subito?

Alla fine riuscii ad avere una segnatura e presi Allevare pecore per divertimento e profitto; Storie di un pastore australiano; Il segreto delle campane di Dorothy Sayers, nel quale mi pareva di ricordare ci fossero delle pecore; Cura e gestione delle pecore; e infine, ricordando la scabbia ovina di Billy Ray, presi anche Le più comuni malattie delle pecore. Li portai al banco per farli registrare.

— Qui mi risulta un suo ritardo nella restituzione — disse il clone di Flip. — Opere con prete di Robert Browning.

— Complete — la corressi. — Opere complete. Ne abbiamo parlato la volta scorsa. L’ho già restituito.

— Qui non mi dà la restituzione. Segna una multa di sedici e cinquanta. Segna che l’ha preso il marzo scorso. Non si possono prendere libri, se le multe non pagate superano i cinque dollari.

— Il libro l’ho restituito — protestai, ma sbattei sulla scrivania una banconota da venti dollari.

— In più deve pagare la sostituzione del libro. Fa 55 e 95.

So riconoscere una sconfitta. Compilai un assegno e portai i libri da Ben. Cominciammo a esaminarli.

Non erano incoraggianti. “Col caldo le pecore tendono ad ammassarsi e muoiono per soffocamento” diceva Allevare pecore per divertimento ecc., e “A volte le pecore si girano sulla schiena e non riescono più a rialzarsi da sole.”

— Senta questa — disse Ben. — “Se spaventate, le pecore possono andare a sbattere contro alberi o altri ostacoli”.

Non c’era niente sulle loro abilità, tranne “Tenere le pecore dentro uno steccato è molto più facile che riportarvele”; ma c’era un mucchio di suggerimenti sul modo di trattarle, suggerimenti che ci avrebbero fatto comodo in precedenza.

In teoria non bisognava mai toccare una pecora sul muso né grattarla dietro le orecchie; e il pastore australiano lanciava un inquietante ammonimento: “Gettando a terra il berretto e calpestandolo per la rabbia ottieni solo di rovinare il berretto”.

— “Una pecora teme più di tutto di restare intrappolata” — lessi a Ben.

— Adesso me lo dice! — replicò lui.

E alcuni consigli non parevano affatto affidabili. “State in silenzio” suggeriva Cura e gestione delle pecore “e la pecora, incuriosita, verrà a vedere che cosa fate.”

Le nostre non lo facevano; ma il pastore australiano aveva un metodo pratico per costringere una pecora ad andare dove voleva lui.

— “Mettetevi in ginocchio accanto alla pecora” — lessi dal libro.

Ben eseguì.

— “Mettete una mano sulla culatta” — lessi. — Sarebbe la zona della coda.

— Sulla coda?

— No. Un po’ più su, all’attaccatura delle cosce.

Shirl uscì dal laboratorio, si fermò sotto il portico, si accese una sigaretta e si avvicinò alla staccionata per guardare.

— “Mettete l’altra mano sotto il mento” — lessi. — “Quando la tenete in questo modo, la pecora non può scostarsi da voi e non può andare né avanti né indietro”.

— Per adesso, tutto bene — disse Ben.

— Ora, “reggete con forza il mento e date una gentile stretta alla culatta per fare andare avanti la pecora”. — Abbassai il libro e guardai. — Per fermarla, bisogna spingere con la mano sotto il mento.

— D’accordo — disse Ben, rialzandosi. — Ora vediamo.

Diede una gentile stretta al deretano villoso della pecora. L’animale non si mosse.

Shirl tirò una lunga boccata, tossì, scosse la testa.

— Dove sbagliamo? — le chiese Ben.

— Dipende. Cosa cerca di fare?

— Be’, vorrei insegnare a una pecora a premere un pulsante per ottenere il cibo. Ma per il momento mi basterebbe farla andare nella parte del paddock dove c’è la mangiatoia.

Mentre parlava, aveva continuato a tenere la pecora e a stringere, ma l’animale, evidentemente, agiva con una sorta di meccanismo ritardato. Mosse docilmente due passi in avanti e cominciò a sgroppare.

— Non lasci il muso — dissi, cosa più facile a dirsi che a farsi. Tutt’e due allungammo le mani verso il collo della pecora. Lasciai cadere il libro e afferrai un ciuffo di lana. Ben si prese un calcio al braccio. La pecora si buttò verso il centro del gregge.

— Fanno così — disse Shirl, soffiando il fumo. — Quando sono separate dal gregge, puntano dritto al centro. Istinto di gruppo che si riafferma. Pensare per proprio conto mette troppa paura.

Ben e io andammo alla staccionata. — Conosce le pecore? — chiese Ben.

Shirl annuì, continuando a fumare. — Sono le creature più strambe, stupide e testarde del pianeta.

— L’avevamo già intuito — disse Ben.

— Come fa a conoscere le pecore? — domandai.

— Sono cresciuta in un ranch di pecore nel Montana.

Ben emise un sospirp di sollievo. — Può darci suggerimenti? A queste qui non riusciamo a far fare niente.

Shirl trasse una lunga boccata. — Vi serve una guida.

— Una guida? Che diavolo è? Una cavezza di tipo speciale?

Shirl scosse la testa. — Una leader.

— Come un cane da pastore? — domandai.

— No. Un cane può spingere, guidare e tenere in linea le pecore, ma non è in grado di farsi seguire. Una guida è una pecora.

— Di razza speciale? — domandò Ben.

— No. Stessa razza. Una pecora come le altre, solo che ha qualcosa che induce il resto del gregge a seguirla. Di solito è una femmina anziana, e qualcuno pensa che la faccenda sia legata in qualche modo agli ormoni; altri ritengono che si tratti di qualcosa nel suo sguardo. Un mio professore diceva che le guide possiedono una sorta di leadership innata.

— Struttura d’attenzione — disse Ben. — Fra le scimmie, i maschi dominanti la possiedono.

— E lei come la pensa? — domandai.

— Io? — si stupì Shirl, guardando il fumo della sigaretta roteare verso l’alto. — Penso che una guida sia una pecora come le altre, ma con qualcosa in più. Un po’ più affamata, un po’ più veloce, un po’ più avida. Vuole arrivare per prima al cibo, al riparo, all’accoppiamento: perciò è sempre davanti alle altre. — Si interruppe per una boccata. — Non di molto. Se si staccasse troppo, il gregge dovrebbe farsi strada da solo per seguirla e questo significherebbe pensare per proprio conto. Avanti solo un poco, così le altre non sanno di essere guidate. E la guida non sa di guidarle.