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I termini non mi sono familiari dice Clay. Ma intuisco il significato.

Parleremo di queste cose.

Ne sarò felice.

Ma mentre Clay si avvicina, Quoi diventa improvvisamente silenzioso, e per un po’ Clay non riesce a trovarlo nella polla. Poi vede il Respiratore spostarsi con estrema lentezza sul fondo, radicato al fondale fangoso. Si alzano bolle nerastre. Forse Quoi ha perso ogni interesse in lui? Quoi invia una sensazione rassicurante. Ti mostrerò il nostro modo di amare.

E gli offre una visione.

C’è un’altra polla, nera, gelida e profonda. Ecco un altro Quoi che nuota lentamente nelle sue zone inferiori. Tra Quoi e Quoi si innesca un flusso fiero e brillante di armonia. Ecco un terzo Quoi in una terza polla. Quoi è collegato a Quoi e a Quoi. Eccone un quarto. Un quinto. Ecco un sesto. Le polle sono capsule di gelida oscurità, inserite come pori nell’epidermide del pianeta, e in ogni capsula c’è un Quoi. Collegati. Attraverso Quoi, Clay diventa cosciente dei settantanove Quoi annidati nella Terra. È l’intero numero di esseri che forma questa specie, anche se una volta ce n’erano di più, quando i Quoi governavano il pianeta, in un’altra epoca. Adesso non nasce più nessun Quoi. E non ne muore nessuno. I mostri sgraziati, sigillati nelle loro polle liquide, si sono specializzati in una forma stabile di sopravvivenza. E c’è amore, tra loro. Guarda, adesso! Il seme bianco accecante di collegamento, che vaga da una polla all’altra! I corpi massicci fluiscono; i tentacoli si avvinghiano e si liberano; i fluidi intorbidano l’acqua, sconvolgendo le tranquille stratificazioni. Eppure non si tratta di una sensazione di estasi fisica. Si tratta piuttosto di una comunione sobria, priva di sesso, metallica. I Quoi si uniscono a livello di anima. I Quoi si scambiano tutti i contenuti di una vita di esperienze. I Quoi emergono per diventare Quoi. Clay, partecipando dall’esterno alla situazione prova un intimo senso di miseria, così acuto da perdere il controllo. Si è ridotta a questo, dunque, l’umanità? A creature rinchiuse in cripte dorate che si scambiano ugge e malinconie per mezzo della telepatia? Cosa mai può accadere a un Quoi nella sua polla? Il tale Quoi è sprofondato nell’acqua; il tal scambio chimico è avvenuto all’ora tale; quelle bolle sono fuoriuscite dai detriti subacquei. Qui giaciamo, settantanove esseri che continuano da millenni a raccontarsi le stesse storie. Clay piange. Eppure, mentre entra più profondamente in unione con i Quoi, percepisce la ricchezza intrinseca della situazione, le molteplici dimensioni, le imprevedibili implicazioni di una fusione multipla di questo tipo. I Quoi sono come vecchi sposi; traggono il piacere dalla semplice accumulazione di individualità. Eravamo così, e ci siamo comportati così, e anche questa fase è passata, e questa specie si è sparsa su tutto il mondo, e poi quella e quell’altra, e il flusso del tempo ha colpito e adesso ci ha portato Clay, e noi amiamo, e noi amiamo, e noi amiamo e siamo Quoi. E Clay è Quoi. Clay si perde in questo sogno liquido. I suoi confini si dissolvono. Si fonde nella Quoità. Non si è mai sentito così sicuro. Giace sul fondo della polla, inquoiato, sotto cinque atmosfere di pressione. Passano secoli. Respira con cautela, lasciando entrare nel corpo ruscelli d’acqua luminosi, espirando poi i prodotti di scarto dell’organismo. È perfettamente consapevole del periodo onirico dei vari Quoi nelle loro polle. Com’è profondo il loro amore! Come è illimitato. Il contatto si interrompe e si ritrova solo, abbandonato, ad annaspare disordinatamente verso la superficie. Sente la rauca risata dei capri in attesa; vede le loro emanazioni rosse e gialle torreggiare su di lui. Lo prenderanno. Ma arriva prima il Quoi, abbracciandolo tranquillamente, con benevolenza, e Clay riconquista il controllo di se stesso.

Stai bene? chiede Quoi.

Sto bene.

Adesso hai capito il nostro modo di vivere?

L’ho capito.

Adesso possiamo esaminare il tuo?

E Clay dice: Certo che potete.

6

Si ritrova a nuotare con le mani e le gambe verso il bordo della polla. È arrivato il mattino. Gli uomini-capra sono scomparsi. Il suo corpo si sbarazza dell’acqua; riempie i polmoni d’aria e offre se stesso alla luminosa luce solare. Gli alberi, qui, hanno sviluppato foglie dorate. Fa qualche passo incerto e indeciso. Nel giro di pochi istanti ricorda com’è che si cammina. Adesso analizza con attenzione il suo corpo. Il rozzo strato di peli che gli erano caduti durante i suoi primi vagabondaggi è adesso ricresciuto completamente.

Il suo prepuzio è scomparso. Porta i segni di un’operazione di appendicite. La coscia è segnata. Ha ripreso integralmente la sua forma primitiva. Si stanno prendendo gioco di lui? Era ancora abbastanza primitivo nella versione riveduta e corretta, ma almeno lo consolavano l’aspetto giovane e glabro del suo petto, delle cosce e del pube, e aveva cominciato ad affezionarcisi. Adesso, vedendo di nuovo la punta rosea del suo membro spuntare da quella folta peluria nera, sente un profondo imbarazzo per la sua nudità. Si copre con mani spalancate. Ma potrà nascondere il sedere peloso? Mette le mani qui, e qui, e qui. Si sfrega una guancia contro la spalla: ispide e ruvide come carta vetro. Perdonatemi, sono un animale. Perdonatemi, il mio corpo mi tradisce.

Dai suoi fianchi spuntano mutande bianche e aderenti. Sospira, sollevato, sentendo come un applauso distante a questa azione di copertura. Aggiunge una camicia sportiva. Calze. Pantaloni. Cravatta. Giacca. Fazzoletto nel taschino. Scarpe nere di finta pelle. Un portafoglio gonfio preme contro la coscia destra. Un borsello nella mano destra. Profumo di lozione dopobarba sulle guance appena rasate. Trova un’automobile e ci sale sopra. Chiave nell’accensione. Vroom! Il piede destro preme sull’acceleratore. La mano destra stringe il volante. Il motore romba: l’auto scivola silenziosa sulla strada. Un clacson strombazza. Risponde al suono con il suo. La giornata è coperta, ma presto il sole farà capolino tra le nuvole. Tocca la manopola e alza il finestrino, accende il condizionamento interno, perché quel pullman gli starà davanti per tutta la strada fino alla tangenziale, inquinando tutta l’aria che respira. E così, tutto è normale. Infine riesce a liberarsene, girando sulla rampa d’accesso, fermandosi al casello per prendere il biglietto. Gli specchietti retrovisori gli mostrano i grattacieli della città, avvolti dallo smog, ma presto sarà lontano da tutto questo. Adesso è sulla corsia di accelerazione, e sta prendendo lentamente velocità, e quando si inserisce nel flusso del traffico ha raggiungo gli ottanta all’ora. Passa velocemente i cento, i centoventi, e si mantiene su questa velocità. Con un movimento di un dito accende la radio. Mozart riempie l’aria dagli altoparlanti. Lo Haffner? Il Linz? Dovrebbe conoscerli bene, a questo punto. Si sposta nella corsia accanto, destinata alle alte velocità, e si lancia, tenendo d’occhio la striscia tratteggiata che separa le corsie. Un grande cartello verde gli indica lo svincolo per entrare in città; ci ride sopra. Poco dopo è fuori dai confini della metropoli. E, sì, le nuvole sono scomparse; c’è il sole, c’è il dolce cielo azzurro, ingioiellato dalle ali risplendenti di un jet che si sta staccando dall’aeroporto alla sua destra. Adesso l’autostrada è fiancheggiata da campi verdi. Filari e frutteti passano vertiginosamente e rimangono indietro. Apre il finestrino e lascia entrare la dolce aria estiva. È quasi solo sulla strada, adesso, in aperta campagna. E cos’è quello, laggiù davanti, su un fianco della strada? Uno spaventapasseri? Sì. Una ragazza? Sì. Una ragazza nuda? Sì. Le sue vecchie fantasie. Ovviamente lei ha avuto delle difficoltà a far fermare un’auto che la raccolga; si è spogliata, ed egli può vedere i suoi vestiti buttati disordinatamente sulla valigia, per terra, accanto alla ragazza: zoccoli, camicetta, pantaloncini, reggiseno. Preme con forza il pedale del freno. Ciò nonostante, non riesce a fermarlesi accanto, la supera di un centinaio di metri prima di riuscire ad arrestare completamente l’auto. Comincia la retromarcia, ma lei sta già correndo verso di lui, valigia in mano, vestiti fluttuanti in spalla, seni che ballonzolano graziosamente. È abbastanza giovane; non più di vent’anni, suppone. I suoi capelli dorati sono lisci e serici, e le arrivano quasi sulle spalle. La sua pelle ha il colorito roseo della gioventù e della salute; i suoi occhi azzurri scintillano. Ha seni rotondi, sodi, pieni, alti sul torace e vicini tra loro. La vita è stretta, i fianchi forse leggermente troppo larghi. Una fine peluria dorata le copre il pube, con un ricciolo centrale che punta come una freccia verso la piccola e profonda fessura. Senza respiro, arriva all’auto.