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Si distaccano e si allontanano. Lui si sente esaltato, ma anche leggermente depresso. La bestia del passato ha inseminato una creatura del futuro con il suo fluido salato. Calibano che feconda Ariele. Quando uniscono i loro corpi, qui, accompagnano l’orgasmo con un tale torrente di fluido? Lui è un preistorico. Passano vari momenti prima che trovi il coraggio di guardare Hanmer. Ma lei gli sta sorridendo. Si alza, lo invita delicatamente a imitarla, e lo porta alla piattaforma sotto la cascata. Fanno il bagno. L’acqua è di un gelo tagliente. Le molteplici dita di Hanmer gli percorrono tutto il corpo; in questa fase è talmente femminile che Clay fa una fatica estrema a ricordare il maschio deciso e muscoloso con cui ha cominciato il suo viaggio. È civettuola, giocherellona, femminilmente possessiva.

Gli dice: — Ti sei accoppiato con grande entusiasmo.

Un’emanazione improvvisa di luminosità proviene dal sole, che è quasi direttamente sopra le loro teste. Una linea di colori insoliti marcia attraverso i picchi di un’alta montagna verso… occidente? Le si avvicina, e lei gli sfugge, e corre ridendo su un prato eburneo; le piante si piegano desiderose verso di lei, senza però riuscire a toccarla. Quando lui la segue, lo bloccano. Lui prosegue insanguinato e la trova in attesa nei pressi di un albero contorto e nodoso non più alto di lei. Le sue narici fremono impetuosamente; le palpebre lattiginose si spalancano e si chiudono ripetutamente; i suoi piccoli seni ondeggiano. Per un momento lui la vede come se avesse verdi capelli fluenti e una densa e folta peluria nera sul pube, ma quel momento passa subito e lei è di nuovo glabra, come sempre. Cinque creature lo chiamano acutamente dai rami dell’albero. Hanno bocche enormi, e colli lunghi e ali grassocce, e, per quello che riesce a vedere, sembrano non avere corpo. — Clay! Clay! Clay! Clay! Clay! — Hanmer le scaccia: esse si lasciano cadere al suolo e corrono via. Lei gli si avvicina e bacia tutti i graffi del suo corpo, e lui guarisce. Austeramente lei esamina ogni parte del suo corpo, palpando tutto quanto, interessata alla sua anatomia, come se un giorno o l’altro dovesse costruire una creatura identica a lui. L’intimità di questa ispezione lo disturba notevolmente. Finalmente lei sembra soddisfatta. Si piega e prende un tubero dal terreno, come quello che l’altro Hanmer aveva preso il giorno precedente. Fiduciosamente lui lo prende e ne succhia la polpa. Sulla sua pelle cresce una pelliccia blu. I suoi genitali diventano talmente mostruosi che lui cade al suolo sotto la portata del loro peso. I suoi piedi si uniscono. La luna, pensa lui amaramente. Hanmer si piega su di lui e si abbassa, impalandosi sul suo pene. La luna. La luna. Mercurio. La luna. Si accorge appena delle contrazioni dell’orgasmo.

L’effetto della polpa del tubero diminuisce. Giace a pancia in giù, con gli occhi chiusi. Scuotendo Hanmer, si accorge che gli è ricresciuta la sacca scrotale nel punto di incontro delle cosce. Hanmer è di nuovo un maschio. Clay guarda: sì, è proprio così. Petto piatto, spalle larghe, fianchi stretti. Tutto ritorna. Troppo spesso, a volte.

Arriva la notte. Cerca la luna.

— Avete città? — chiede. — Libri? Case? Poesia? Portate mai vestiti? Morite?

— Quando ne abbiamo bisogno — dice Hanmer.

3

Siedono uno di fianco all’altro nell’oscurità, senza dire una parola. Clay osserva la processione delle stelle. La loro luminosità sembra talvolta insopportabile. Più volte pensa di abbracciare ancora Hanmer, ma poi ricorda la metamorfosi dell’altro. Forse prima o poi l’Hanmer femmina ritornerà; la sua comparsa sulla scena gli è sembrata indubbiamente troppo breve.

All’Hanmer attuale, dice: — Sono un barbaro mostruoso? Sono selvaggio? Sono grossolano?

— No. No. No.

— Ma sono un uomo dei primordi. Sono un primo, nebuloso tentativo. Ho un’appendice. Orino. Defeco. Mi viene fame. Sudo. Puzzo. Sono milioni di anni inferiore a te. Cinque milioni? Cinquanta milioni? Ne hai idea?

— Noi ti ammiriamo per quello che sei — lo rassicura Hanmer. — Non ti critichiamo per quello che non hai avuto la possibilità di diventare. Naturalmente, potremo modificare la nostra opinione conoscendoti meglio. Ci riserviamo il diritto di detestarti.

Segue un silenzio prolungato. Stelle luminose pervadono la notte.

Dopo un po’ Clay aggiunge: — Non che io voglia scusarmi. Abbiamo fatto del nostro meglio. Abbiamo dato al mondo Shakespeare, dopo tutto. E… voi conoscete Shakespeare?

— No.

— Beethoven?

— No.

— Einstein?

— No.

— Leonardo da Vinci.

— No.

— Mozart!

— No.

— Galileo!

— No.

— Newton!

— No.

— Michelangelo. Maometto. Marx. Darwin.

— No. No. No. No.

— Platone? Aristotele? Gesù?

— No, no, no.

Clay dice: — Ricordi la luna che una volta questo pianeta aveva?

— Ho sentito parlare della luna, questo sì. Ma nessuna di queste altre cose.

— Tutto quello che abbiamo fatto è andato perduto, allora? Nulla sopravvive. Siamo estinti.

— Ti sbagli. La tua razza sopravvive.

— Dove?

— In noi.

— No — dice Clay. — Se tutto quello che abbiamo fatto è morto, la nostra razza è morta. Goethe. Carlo Magno. Socrate. Hitler. Attila. Caruso. Abbiamo combattuto contro l’oscurità e l’oscurità ci ha spazzati dalla scena. Siamo estinti.

— Se voi siete estinti — dice Hanmer — allora noi non siamo umani.

— Voi non siete umani.

— Noi siamo umani.

— Forse umani, ma non uomini. Figli degli uomini, ecco. C’è un salto qualitativo. Un divario di continuità troppo accentuato. Avete dimenticato Shakespeare. Svolazzate tra i cieli.