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Era una cosa troppo insopportabile, e la sua mente rifuggì da essa…

Essendo falliti i suoi potenti incantesimi, il Re Elfo aveva fatto crollare in rovina le sue temibili torri. Se lo spirito di Alvarlan fosse rientrato nel suo corpo, il mago avrebbe riflettuto sulle cose che aveva visto, ed avrebbe compreso cosa esse significassero, ed una simile conoscenza avrebbe dato ai mortali un terribile potere contro il Mondo Incantato. Uscendo dal sonno, il Re aveva scorto Kendrick sul punto di liberare quello spirito. Non c’era tempo per fare altro se non spezzare l’incantesimo che manteneva in piedi la Sala da Ballo. Essa era per lo più costruita di nebbia e polvere di stelle, ma anche da un sufficiente numero di blocchi scavati dal lato gelato di Ginnungagap che avrebbero ucciso il cavaliere quando fossero crollati. Anche Ricia sarebbe perita, ed il Re, nel suo intelletto simile a mercurio, ne provò dispiacere, ma pronunciò ugualmente la parola necessaria.

Il Re non sapeva quanto le ossa e la carne riuscissero a sopportare i colpi. Sir Kendrick si apre lottando la strada fra le rovine, per cercare e salvare la sua dama. Mentre lo fa, si rincuora con il pensiero di avventure trascorse e future…

…Ed improvvisamente la coltre si aprì ed apparve Saturno, scintillante con i suoi anelli.

Scobie cadde prono sulla superficie e rimase disteso e tremante.

Si doveva alzare, non importava quanto gli dolessero le ferite, se non voleva fondere ancora il ghiaccio e scavarsi un’altra tomba. Si issò faticosamente in piedi e si guardò intorno.

Della scultura rimaneva ben poco che non fossero sporgenze e cicatrici; la maggior parte del cratere era divenuta una liscia e bianca distesa sotto il cielo, e l’assenza di ombre rendeva difficile valutare la distanza, ma Scobie intuì che la nuova profondità del cratere doveva essere di una settantina di metri, e vuota… vuota.

— Mark, mi senti? — gridò.

— Sei tu, Colin? — risuonò una voce nel suo auricolare. — In nome di Dio, cosa è successo? Ti ho sentito gridare, ed ho visto una nube sollevarsi e ricadere… poi più niente per oltre un’ora. State bene?

— Io sì, all’incirca. Non vedo Jean o Luis. Una frana ci ha colti di sorpresa e ci ha seppelliti. Resta in linea mentre cerco.

Quando si alzò in piedi, scoprì che le costole gli facevano meno male e che poteva muoversi con sufficiente disinvoltura, se solo faceva un po’ di attenzione. I due tipi di analgesico standard che aveva nel pronto soccorso erano entrambi inutili, perché uno era troppo leggero per dare un effettivo sollievo mentre l’altro era talmente potente che lo avrebbe intorpidito. Cercando di qua e di là, trovò ben presto quello che cercava, una depressione nel materiale franoso simile a neve, leggermente fusa.

Fra le attrezzature del suo equipaggiamento standard c’era anche un arnese per scavare trincee, e Scobie, accantonando la sofferenza, si mise a scavare: comparve una testa chiusa in un elmetto, quella della Broberg, la quale stava a sua volta scavando verso l’esterno.

— Jean!

— Kendrick! — La donna sgusciò fuori, ed i due si abbracciarono, tuta contro tuta. — Oh, Colin!

— Come ti senti? — chiese lui.

— Viva — replicò la donna. — Non ho subito alcun danno serio, credo, e buona parte del merito va alla bassa gravità… E tu? E Luis? — Una striscia di sangue secco era visibile sotto il naso, ed un livido sulla fronte stava diventando color porpora, ma la donna rimaneva salda in piedi e parlava con chiarezza.

— Io sono funzionale. Non ho ancora trovato Luis. Aiutami a cercare. Prima, però, faremo meglio a controllare i nostri equipaggiamenti.

La donna si strinse le braccia al petto, come se quel gesto potesse servirle a qualcosa là dov’era.

— Sono gelata — ammise.

— Non mi meraviglia — replicò Scobie, indicando un fattore rivelatore. — La tua cellula d’energia è quasi esaurita e la mia non è in condizioni molto migliori. Cambiamole con le riserve.

Non persero tempo a togliersi gli zaini dalle spalle, ma ciascuno infilò la mano in quello dell’altro; gettate a terra le unità quasi esaurite, dove esse generarono immediatamente vapore e due buchi, subito gelati, le sostituirono con quelle fresche.

— Abbassa il tuo termostato — consigliò Scobie. — Non troveremo presto un riparo, e comunque l’attività fisica dovrebbe aiutare a riscaldarci.

— E richiederà un più rapido riciclaggio dell’aria — gli ricordò la Broberg.

— Già. Ma, per il momento almeno, possiamo conservare l’energia nelle celle. Bene, adesso controlliamo eventuali tensioni, potenziali lacerazioni e qualsiasi altro tipo di danno o fuga di calore. Presto, Luis è ancora laggiù.

L’ispezione si rivelò una cosa di routine resa automatica da anni di esercitazioni. Mentre con le dita controllava la tuta spaziale del compagno, la Broberg permise al suo sguardo di vagare.

— La Sala da Ballo è scomparsa — mormora Ricia. — Credo che il Re l’abbia infranta per prevenire la nostra fuga.

— Anch’io. Se dovesse scoprire che siamo ancora vivi e che stiamo cercando l’anima di Alvarlan… Ehi, aspetta! Basta con queste cose!

— Come ve la cavate? — tremolò la voce di Danzig.

— Siamo in buone condizioni, a quanto sembra — replicò Scobie. — La mia tuta ha preso una brutta battuta ma non si è rotta. Ora, per trovare Luis… Jean, tu esplora la parte destra del suolo del cratere, io esplorerò la sinistra.

Ci volle un po’ di tempo, perché la fusione che contrassegnava il punto in cui era sepolto Garcilaso era minuscola. Scobie iniziò a scavare, ma la Broberg, osservando come si muoveva e la fatica con cui respirava, intervenne.

— Dammi quell’arnese. Tra parentesi, dov’è che sei rimasto ammaccato?

Confessando le proprie condizioni, Scobie indietreggiò; pezzi di ghiaccio volavano via da sotto l’attrezzo della Broberg, ed il lavoro procedette spedito perché in quel punto la crosta era fortunatamente friabile e, grazie alla bassa gravità di Iapetus era possibile aprire un buco con pareti quasi verticali.

— Proverò a rendermi utile — commentò Scobie, — il che significa che cercherò una strada per uscire di qui.

Quando si avviò per il pendio più vicino, esso tremò e Scobie venne riportato giù in una marea che generava suoni rugginosi contro la sua tuta, mentre una bianca nube di granelli aridi lo accecava. A fatica Scobie si liberò, una volta giunto in fondo, e ripeté il tentativo altrove, ma alla fine dovette riferire a Danzig:

— Mi spiace, ma temo che non ci sia una facile via d’uscita. Quando il costone su cui ci trovavamo è crollato, ha fatto qualcosa di più che produrre un impatto che ha distrutto le delicate formazioni in tutto il cratere; ha fatto ricadere giù dalla superficie tonnellate di roba… un particolare tipo di ghiaccio che, nelle attuali condizioni, è sottile come sabbia. Le pareti ne sono coperte, ed in quasi tutti i punti, gli strati più stabili sono sepolti sotto metri di questo pulviscolo. Scivoleremmo più rapidamente di quanto potremmo riuscire ad arrampicarci, là dove lo strato è sottile, e dove è spesso sprofonderemmo.

— Immagino che mi dovrò fare una bella e salutare passeggiata — sospirò Danzig.

— Presumo che tu abbia chiesto aiuto.

— Naturalmente. Faranno arrivare qui due scialuppe in cento ore circa, e questo è quanto di meglio possono fare. Lo sapevate già.

— U-huh. E le nostre cellule di alimentazione dureranno forse per altre cinquanta ore.

— Oh, bene, non ti preoccupare per questo. Vi porterò delle scorte e le getterò giù, se rimarrete bloccati fino all’arrivo dei soccorsi. M-m-m… prima farò meglio a munirmi di una fionda o qualcosa del genere.