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Si mise a camminare avanti a indietro, nella maniera fluttuante causata dalla riduzione di peso, mentre esaminava il ghiacciaio: era facile vedere strati e blocchi di differenti sostanze, simili a differenti conci disposti vicino ad una dimora elfica… quando non erano tanto enormi da denotare l’opera di un gigante. I piccoli crateri potevano essere postazioni di sentinelle lungo questi più bassi bastioni delle difese della Città…

Garcilaso, il più vivace fra gli uomini, rimase immobile, lasciando vagare il suo sguardo sul panorama; la Broberg s’inginocchiò ad esaminare il suolo, ma anche i suoi occhi continuarono a fissarsi verso l’alto.

— Colin, vieni qui, per favore — chiamò infine. — Credo di aver fatto una scoperta.

Scobie le si avvicinò, e, nel rialzarsi, la donna raccolse una manciata di piccole particelle nere dalle rocce su cui si trovava e le lasciò filtrare attraverso il guanto.

— Sospetto sia questo il motivo per cui la linea di confine del ghiaccio è così brusca — gli disse.

— Cos’è — chiese Danzig, da lontano, ma non ottenne risposta.

— Ho notato la presenza di una quantià sempre maggiore di polvere man mano che procedevamo — proseguì la Broberg. — Se essa andasse a cadere su tratti e spuntoni isolati di sostanza gelata e li coprisse, assorbirebbe energia solare fino a farli squagliare, o, per lo meno, sublimare. Perfino le molecole d’acqua fuggirebbero nello spazio, con una gravità tanto bassa. La massa principale del ghiaccio era troppo vasta per un fenomeno del genere, la solita legge del quadrato del cubo: in quel caso, i granelli di sabbia si sarebbero semplicemente aperti la strada per un breve tratto per poi venire coperti quando il materiale circostante fosse crollato loro addosso, ed il processo si sarebbe arrestato.

— Hmm… — Scobie sollevò una mano per grattarsi il mento, incontrò invece l’elmetto ed abbozzò un sogghigno a proprie spese. — Mi sembra ragionevole. Ma… da dove è venuta tutta questa polvere, ed anche il ghiaccio, già che ci siamo?

— Io credo… — la voce della donna si abbassò fino ad essere appena udibile, ed il suo sguardo si spostò nella stessa direzione di quello di Garcilaso, mentre quello di Scobie rimase fisso sul suo volto, profilato contro le stelle. — Io credo che questo confermi la tua ipotesi della cometa, Colin. Una cometa ha colpito Iapetus. È venuta dalla direzione da cui è venuta perché si è avvicinata talmente a Saturno da essere costretta a descrivere una curva a spillone intorno al pianeta. Era enorme, ed il suo ghiaccio ha ricoperto quasi un intero emisfero, nonostante una quantità molto maggiore si sia vaporizzata e sia andata perduta. La polvere proviene in parte di là, ed in parte è stata generata dall’impatto.

— La tua teoria, Jean! — esclamò Colin, abbracciando le sue spalle chiuse nella tuta. Io non sono stato il primo a proporre l’idea della cometa, ma tu sei la prima a fornire dei dettagli di prova.

Jean non parve notare l’osservazione se non per ciò che mormorò ancora:

— La polvere può spiegare anche l’erosione che ha determinato quelle deliziose formazioni. Ha provocato una diversa fusione e sublimazione della superficie, a seconda dei disegni secondo cui è caduta e dei miscugli di ghiaccio cui si è aggrappata prima di essere lavata via o incorporata. I crateri, quelli più piccoli ed anche quelli più grandi che abbiamo osservato dall’alto, hanno un’origine separata ma simile. Meteoriti…

— Aspetta un po’ — obiettò Scobie. — Qualsiasi meteorite di dimensioni rispettabili emanerebbe tanta energia da far fondere la maggior parte dell’intera distesa.

— Lo so. Il che dimostra che la collisione con la cometa è una cosa recente, avvenuta meno di mille anni fa, altrimenti oggi noi non vedremmo questo miracolo. Nulla di grosso ha più colpito Iapetus da allora. Sto pensando a piccole pietre, sabbia cosmica, che abbiano orbitato intorno a Saturno e quindi abbiano colpito con bassa velocità relativa. Per lo più hanno creato semplici ammaccature nel ghiaccio. Rimanendo là, però, raccolgono calore solare perché sono scure e lo irradiano a loro volta fondendo le loro immediate vicinanze fino a sprofondare. Le cavità che esse lasciano riflettono radiazioni incidenti da un lato all’altro e così continuano ad ingrandirsi: è l’effetto marmitta. Ed ancora, siccome ghiacci diversi hanno proprietà differenti, non si ottengono crateri perfettamente lisci, bensì quelle fantastiche coppe che abbiamo visto prima di atterrare.

— Per Dio! — esplose Scobie. — Sei un genio!

Elmetto contro elmetto, Jean sorrise e disse:

— No, è ovvio, una volta che lo si è visto di persona. — Rimase quieta per un po’, mentre si tenevano abbracciati. — L’intuito scientifico è una cosa buffa, lo ammetto — proseguì infine. — Mentre consideravo il problema, non ero quasi conscia della mia mente logica. Quello che ho pensato era… La Città di Ghiaccio, fatta con pietre di stella da ciò che un dio aveva invocato dal cielo…

— Gesù Maria! — Garcilaso ruotò su se stesso per fissarli.

— Cercheremo una conferma — aggiunse Scobie, con voce incerta, lasciando andare la donna. — A quel grosso cratere che abbiamo avvistato poco più avanti. La superficie sembra sicura a camminarci sopra.

— Ho chiamato quel cratere la Sala da Ballo del Re Elfo — rifletté la Broberg, come se le stesse tornando in mente un sogno.

— State attenti! — risuonò la risata di Garcilaso. — Laggiù c’è un gran numero di incantesimi. Il Re è soltanto un erede: sono stati i giganti a costruire queste mura, per gli dèi.

— Ebbene, devo trovare una via per entrare, non ti pare? — replicò Scobie.

— Davvero — dice Alvarlan. — Da questo punto in poi non ti posso più guidare. Il mio spirito può vedere soltanto attraverso occhi mortali, ed io ti posso fornire soltanto i miei consigli, fino a che raggiungeremo il cancello.

— State sognando ad occhi aperti quella vostra fiaba? — gridò Danzig. — Tornate indietro, prima di farvi uccidere tutti!

— La vuoi smettere? — ringhiò Scobie. — Non è altro che un modo di parlare che usiamo tra noi. Se non riesci a capirlo, vuol dire che sei meno capace di noi di usare il cervello.

— Mi vuoi ascoltare? Non ho detto che siete pazzi: non avete allucinazioni o cose del genere, dico solo che avete indirizzato le vostre fantasie verso un luogo di questo tipo e che ora la realtà le ha rinforzate al punto che siete sotto un impulso che non riuscite a riconoscere. Vi spingereste allo sbaraglio in modo così incosciente in qualsiasi altro luogo dell’universo? Riflettete!

— Questo fa traboccare il vaso. Riprenderemo il contatto dopo averti dato un po’ di tempo per migliorare le tue maniere. — Scobie chiuse il suo interruttore radio principale. I circuiti che rimasero in funzione servivano per la comunicazione a distanza ravvicinata ma non avevano la forza di raggiungere i satelliti orbitali. I suoi compagni lo imitarono, quindi si girarono tutti e tre verso l’imponente massa che avevano dinnanzi.

— Mi puoi aiutare a trovare la Principessa, quando saremo dentro, Avarlan — dice Kendrick.

— Lo posso e lo farò — promette il mago.

— Ti aspetto, o più risoluto fra i miei amanti — dice sommessamente Ricia.

Solo, nel modulo spaziale, Danzig si disse, quasi singhiozzando:

— Oh, sia dannato in eterno quel gioco! — Ma il suono di quelle parole cadde nel vuoto.

III

Condannare lo psicodramma, anche nella sua forma più accentuata, equivarrebbe a condannare la natura umana.