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Nella vita reale, Scobie si era sempre attenuto allo stretto rispetto delle convenienze nei confronti della Broberg. Era una donna attraente, ma monogama, e lui non aveva alcun desiderio di offenderla, senza contare che provava simpatia per suo marito. (Tom non partecipava al gioco, perché, essendo un astronomo, aveva una quantità di cose che lo tenevano felicemente impegnato.) Giocavano ormai da un paio d’anni, ed il loro gruppo aveva acquisito tanti personaggi quanti ne poteva contenere una narrazione il cui intreccio ed i cui personaggi si stavano facendo sempre più complessi, prima che Scobie e la Broberg arrivassero a parlare di qualcosa di intimo.

In quel periodo, la storia che stavano recitando aveva a sua volta preso una piega intima, e forse non era stato per caso che i due si erano incontrati quando entrambi avevano qualche ora di libertà. Era accaduto nell’aria di ricreazione in assenza di gravità, nell’asse rotante. Avevano rimbalzato nell’aria, gridando e ridendo, fino a sentirsi piacevolmente stanchi, quindi erano tornati agli spogliatoi, avevano restituito le tute ed avevano fatto una doccia. Nessuno dei due aveva mai visto l’altro nudo prima di allora, e, se nessuno dei due aveva fatto commenti, Scobie non aveva però nascosto di godere dello spettacolo, mentre la Broberg era arrossita ed aveva distolto lo sguardo con il massimo tatto possibile. Più tardi, asciutti e rivestiti, avevano deciso di bere qualcosa prima di tornare a casa, e si erano recati alla sala bar.

Dal momento che il turno serale stava per cedere il passo a quello notturno, avevano il posto tutto per loro. Al bar, Scobie aveva selezionato un bicchiere di Scotch per sé ed un Pinot Chardonnay per la Broberg. La macchina li aveva serviti subito ed essi avevano portato le bibite sulla balconata, dove si erano seduti ad un tavolo, lo sguardo fisso sull’immensità antistante. Il club era costruito all’interno della struttura di supporto ad un livello con gravità lunare. Sopra di loro, vedevano il cielo dove si erano librati come uccelli, e che non appariva affatto soffocato dalle distanziate e sottili travature più di quanto lo fosse dalle poche nuvolette vaganti. Al di là, e direttamente dinnanzi a loro, i ponti opposti erano un mischiarsi di masse e di forme trasformate in qualcosa di misterioso dalla scarsa illuminazione di quell’ora. In mezzo a quelle ombre, gli umani immaginarono di vedere foreste, sorgenti, polle, rese bianche o luminose dalla luce stellare che colmava le zone panoramiche che davano sul cielo. A destra ed a sinistra, lo scafo si stendeva a perdita d’occhio, una massa d’oscurità tale che le lampade presenti vi sembravano come smarrite.

L’aria era fredda, vagamente odorosa di gelsomino, imbevuta di silenzio; sul sottofondo ed all’interno di essa, ad un livello subliminale, vibravano le miriadi di pulsazioni vitali della nave.

— Magnifico — osservò la Broberg, a bassa voce, lo sguardo fisso verso l’esterno. — Che sorpresa!

— Eh? — fece Scobie.

— In precedenza, ero venuta qui solo di giorno, e non mi aspettavo che una semplice rotazione dei riflettori potesse rendere tutto tanto splendido.

— Oh, non sottovaluterei il panorama diurno: è molto impressionante.

— Sì, ma… ma allora si vede chiaramente che è tutto fatto dall’uomo, che non c’è nulla di selvaggio, sconosciuto, libero. Il sole nasconde le stelle, ed è come se non esistesse alcun universo al di fuori di questo guscio in cui ci troviamo. Stanotte è come essere a Maranoa — Il regno di cui Ricia è Principessa, un regno di cose e di costumi antichi, di zone selvagge e di incantesimi.

— Hmmm, già, qualche volta mi sento come intrappolato anch’io — ammise Scobie. — Pensavo di avere una scorta di dati geologici da studiare che mi sarebbe durata per tutto il viaggio, ma il mio progetto non si sta sviluppando in alcun modo interessante.

— Lo stesso vale per me. — La Broberg si raddrizzò sul sedile, si volse verso di lui e sorrise. La penombra addolciva i suoi lineamenti e la faceva sembrare più giovane. — Non che abbiamo diritto a commiserarci: qui siamo al sicuro e godiamo di ogni comodità, finché arriveremo su Saturno; quindi non ci dovrebbero mancare occasioni eccitanti né materiale su cui lavorare lungo il viaggio di ritorno a casa.

— Vero. — Scobie sollevò il suo bicchiere. — Bene, Skoal. Spero di non averlo pronunciato male.

— E come faccio a saperlo? — rise lei. — Il mio nome da ragazza era Almyer.

— Giusto, hai adottato il cognome di Tom. Non ci stavo pensando. Ma, non è una cosa abbastanza insolita, di questi tempi?

— La mia famiglia era benestante, ma era… è di fede Cattolica — replicò la Broberg, allargando le mani. — Sono molto rigidi in merito ad alcune cose, arcaicisti, potresti anche dire. — Sollevò il bicchiere e sorseggiò il vino. — Oh, certo, ho lasciato la Chiesa, ma, sotto molti aspetti, la Chiesa non lascerà mai me.

— Capisco. Non per fare il ficcanaso, ma… uh… questo spiega alcuni tratti del tuo carattere per i quali non riuscivo a meravigliarmi.

— Per esempio? — chiese la Broberg, osservandolo da sopra l’orlo del bicchiere.

— Ecco, tu hai un sacco di vitalità, di vigore, ti piace divertirti, ma sei anche… come dire… domestica in modo fuori del comune. Mi hai detto che eri un tranquillo membro di facoltà della Yukon University prima di sposare Tom. — Scobie sorrise. — Dal momento che voi due mi avete gentilmente invitato alla festa del vostro ultimo anniversario e che conosco la tua età attuale, ho dedotto che allora dovevi avere trent’anni. — Non menzionò la probabilità che fosse arrivata ancora vergine a quell’età. — Nondimeno… oh, lascia perdere, ho detto che non volevo ficcanasare.

— Va’ avanti, Colin — lo incitò lei. — Mi è rimasto in mente quel verso di Burns, da quando tu mi hai fatto conoscere le sue poesie: «Poter vedere noi stessi come gli altri ci vedono!» Siccome sembra che finiremo per visitare la stessa luna…

— Oh! — Scobie trangugiò un grosso sorso di whiskey. — Non è molto — disse, con involontaria diffidenza, — ma se vuoi saperlo, ecco, la mia impressione è che essere innamorata non è stata l’unica buona ragione per sposare Tom. Lui era già stato accettato per questa spedizione, e, considerate le tue specifiche qualifiche, saresti stata accettata anche tu. In breve, ti eri stancata della tua routine rispettabile, e questo era un modo per dare un calcio a tutto. Ho ragione?

— Sì. — Il suo sguardo indugiò su di lui. — Sei più percettivo di quanto supponessi.

— No, in realtà no. Sono solo un mastino selvatico ed attaccabrighe. Ma il personaggio di Ricia ha reso evidente che non sei soltanto una mite moglie e madre, ed una scienziata… — Jean schiuse le labbra per replicare ma Scobie sollevò una mano. — No, per favore, fammi finire. So che è cattiva educazione sostenere che il personaggio adottato da qualcuno non è che una realizzazione dei propri desideri, ma non è questo quello che sto facendo. Naturalmente, tu non desideri essere una femmina vagabonda dai liberi amori più di quanto io desideri andarmene in giro a cavallo ad affettare un assortimento di nemici. Eppure, se tu fossi nata e cresciuta nel mondo del nostro gioco, sono certo che somiglieresti molto a Ricia, e quel potenziale è parte di te, Jean. — Scobie finì il liquore di un sorso. — Se ho detto troppo, per favore, scusami. Ne vuoi un altro?

— Meglio di no, ma non sentirti obbligato ad imitarmi.

— No di certo. — Scobie si alzò e si allontanò a balzi.