Il loro inseguitore si avvicinò a meno di una quindicina di metri e poi arrivò a sei o sette. Doveva essersi accorto che lei lo teneva sotto tiro, pensò Michelle, eppure non cedeva di un millimetro. Poi a un tratto il conducente accelerò di colpo a tavoletta e il SUV compì un incredibile balzo in avanti.
King lo aveva notato e imitò gli sforzi del loro inseguitore. La Lexus scattò in avanti, con il fuoristrada attaccato dietro. King inarcò la schiena e premette l’acceleratore con entrambi i piedi come se questo potesse conceder loro la turbocompressione di cui avevano disperatamente bisogno.
Quello che non aveva assolutamente previsto era una famigliola di cerbiatti che aveva scelto proprio quel momento per attraversare la strada.
«Attenta!» gridò King. E sterzò disperatamente a sinistra e poi a destra. Uscirono di strada e urtarono di striscio un tratto di guard-rail mentre i Bambi fuggivano a balzi in ogni direzione. King sentì il guard-rail imprimere la propria firma sulla fiancata della sua ex bellissima coupé decappottabile stridendo da rivetto a rivetto. Rientrò in carreggiata e lanciò un’occhiata allo specchietto retrovisore. Il conducente del fuoristrada aveva inchiodato per evitare i cerbiatti, ma il SUV non era affatto uscito di strada, e si era di nuovo lanciato all’inseguimento.
King non ebbe il tempo di tornare a velocità di crociera, e comunque il particolare fischio emesso dal motore gli instillò il dubbio che l’urto avesse prodotto qualche altro danno oltre a quelli estetici. L’unica cosa certa era che l’ago del tachimetro era precipitato sotto i centotrenta orari e non si muoveva di là.
«Preparati all’urto» urlò Michelle. «Ecco che arriva quel figlio di puttana.» La ragazza sparò due colpi di pistola mentre il fuoristrada premeva contro il baule della Lexus, producendo un buco nella lamiera e strappando quel poco che era rimasto del paraurti posteriore, facendolo poi volare tra gli alberi. Michelle venne sbalzata verso la parte posteriore della vettura. Quando King vide le sue gambe agitarsi in aria, allungò prontamente la mano destra e le afferrò una caviglia, avvolgendo poi il braccio intorno alla gamba nuda, stringendole la coscia sotto l’ascella e trattenendola con forza. Imboccarono un altro rettilineo, e in qualche modo King riuscì a guadagnare un po’ di velocità spremendo potenza dal motore della Lexus, e lasciando di nuovo indietro il fuoristrada assassino.
«Merda!» strillò Michelle.
«Sei ferita?»
«No, ho sparato un paio di colpi, ma ho perso la pistola. Maledizione, erano cinque anni che avevo quella SIG!»
«Lascia perdere la pistola. Quel bastardo sta cercando di ammazzarci.»
«Be’, se avessi ancora la mia pistola lo accopperei prima che ci ammazzasse lui. Non so se ho colpito qualcosa. Ci è venuto addosso proprio mentre stavo sparando.» Michelle fece una breve pausa, poi urlò all’improvviso: «Aspetta un attimo!».
«Cosa c’è?»
«Eccola lì! La mia pistola è finita sullo spoiler posteriore. È rimasta incastrata lì dietro.»
«Non se ne parla neanche… non azzardarti neppure a farci un pensierino, madame.»
«Tu pensa solo a tenermi per la gamba. Riesco quasi ad arrivarci.»
«Porcaccia la miseria, Michelle, finirai per farmi avere un infarto, e stavo già per averne uno per i fatti miei!»
King era talmente concentrato su di lei che fino all’ultimo istante non si avvide che il SUV aveva di nuovo accelerato e si stava affiancando a loro.
«Reggiti forte!» urlò mentre scalava le marce, grattando a più non posso in un modo tale da annullare probabilmente qualsiasi garanzia offerta dalla casa automobilistica Lexus. Poteva quasi sentire l’auto urlargli disperata “Baaastaa!” e si aspettò di vedere l’albero del cambio vomitare tutti gli ingranaggi sulla strada. In pochi istanti rallentò a trenta all’ora, con entrambi i piedi sul pedale del freno, dopodiché inchiodò fino a fermarsi bruscamente, con le ruote che fumavano. Michelle si era aggrappata come una sanguisuga al poggiatesta del sedile posteriore, con i piedi nudi agganciati disperatamente allo schienale del sedile del conducente.
Il corpo di King stava subendo gravi scompensi in tanti di quei modi che immaginò che un attacco cardiaco fosse il meno che potesse aspettarsi. Innestò di scatto la retromarcia, spinse a fondo l’acceleratore, spremette ogni briciolo di potenza residua dal motore e partì a razzo all’indietro.
Il SUV aveva frenato con tale violenza che i copertoni delle sue ruote sembravano incendiati, tanta era la quantità di fumo che risaliva verso l’alto. L’uomo al volante compì rapidamente un’inversione a U e si lanciò al loro inseguimento in quarta. La griglia del radiatore sembrava un muso provvisto di denti d’acciaio pronti a divorarli. Guadagnava terreno a vista d’occhio.
Michelle smise di allungarsi verso la pistola e fissò il suo socio con la coda dell’occhio. King stava guardando indietro guidando in retromarcia. «In retro non puoi andare più forte di quanto lui possa in avanti, Sean.»
«Grazie per avermelo fatto notare.» Le nocche delle sue dita erano violacee, tanto stringeva il volante. «Attaccati a qualsiasi cosa. Al cinque effettuerò un testacoda.»
«Sei pazzo!»
«Penso di sì.»
Effettuare un testacoda significava che dalla retromarcia avrebbe fatto compiere alla vettura in corsa un’inversione a 180 gradi, probabilmente su due ruote, avrebbe ingranato al volo la terza, iniettato benzina nei turbocompressori e sarebbe ripartito a razzo nella direzione opposta. Tutto in un unico movimento rapidissimo, preferibilmente senza uccidere entrambi.
Il sudore imperlò la fronte di King mentre pregava che l’addestramento ricevuto nel Servizio segreto tornasse utile, nonostante fossero passati tanti anni. Si aggrappò alla portiera con la mano libera per fare leva, piantò saldamente il piede sinistro sul fondo della vettura come fulcro, valutò il momento giusto e sterzò con forza, lasciando andare completamente il volante e poi riafferrandolo saldamente. Funzionò alla perfezione. Saltò le prime due marce in avanti, ingranò la terza e ripartì al volo. Tuttavia, cinque secondi dopo, il SUV era dietro di loro e guadagnava terreno.
Ora dal cofano della Lexus fuoriusciva del fumo e ogni spia di livello d’emergenza sul cruscotto prediceva una triste sorte. La loro velocità calò a novanta chilometri orari, poi a ottanta. Era finita.
«Sean, arriva!» strillò Michelle.
«Non posso farci proprio niente, maledizione!» gridò lui di rimando, mentre il senso di impotenza si trasformava in rabbia nel corso di un solo respiro.
Il SUV li superò ruggendo, rallentò leggermente e li speronò di fianco con tutta la forza delle sue due tonnellate e mezzo. King tenne il volante con una mano e afferrò con la destra la caviglia di Michelle, mentre la sua socia si sforzava disperatamente di recuperare la pistola. Le affondò le unghie nella pelle con tale forza che capì che la stava ferendo a sangue. Il suo braccio e la sua spalla stavano subendo una torsione esagerata, quasi oltre ogni limite.
«Stai bene?» le urlò, stringendo i denti per sopportare il dolore mentre sentiva tutto il peso della sua compagna sottoporre a uno sforzo estremo i suoi tendini.
«Adesso sì, ho preso la pistola.»
«Bene, ottimo, perché quel bastardo sta di nuovo tornando alla carica. Reggiti forte!»
King guardò dietro di sé e vide il fuoristrada nero sterzare bruscamente verso di lui nello stesso istante in cui sentì la caviglia di Michelle ruotargli nella mano.
«Che cosa stai…» Non ebbe il tempo di finire la frase. Il SUV speronò la parte posteriore della Lexus, e la coupé fece quello che King aveva temuto per tutto il tempo. Cominciò a sbandare, e poi finì in testacoda completamente fuori controllo.
«Reggiti forte!» urlò ancora King con voce roca, mentre apparentemente ogni goccia di bile cominciò a salirgli in gola con la prospettiva di ustionargliela. Nelle vesti di agente del Servizio segreto King si era allenato a lungo per acquisire la massima padronanza di veicoli in condizioni estreme. Riscaldato dall’inversione in retromarcia lasciò che l’istinto prendesse il sopravvento. Invece di opporsi ai movimenti dell’auto, li assecondò girando il volante nel senso di rotazione del veicolo, e non in senso contrario, e reprimendo l’impulso naturale di inchiodare i freni. La cosa di cui aveva più paura era un eventuale ribaltamento dell’automobile. Se la macchina si fosse capovolta, Michelle sarebbe di sicuro morta e probabilmente anche lui avrebbe fatto una brutta fine. Non sapeva quanti giri in testacoda effettuò la macchina, ma la Lexus mantenne l’aderenza alla strada malgrado uno spreco impressionante di gomma dei pneumatici e di metallo.