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Ursula Le Guin

Il giorno del perdono

"Mi ci vollero degli anni per rendermi conto d'aver scelto di lavorare in generi disprezzati e marginali come la fantascienza, la fantasy e la narrativa per adolescenti, esattamente perché essi erano esclusi dal controllo della critica, dell'accademia, della tradizione letteraria, e consentivano all'artista di essere libero."

(Ursula LeGuin, "The Fisherwoman's Daughter", 1988)

Da quando ha cominciato a pubblicare le sue opere, nella seconda metà degli anni '60, Ursula K. LeGuin non ha mai voluto chiudersi a lungo dietro le sbarre di un unico genere narrativo, ma ha preferito compiere una serie di esperimenti, per lo più diretti a esplorare i linguaggi del fantastico, dell'utopia, della fantascienza. La maggior parte della produzione fantascientifica è raccolta nel ciclo di Hain ("Hanish Series"), che postula, come nei romanzi della Fondazione asimoviana o nel più recente universo di Cultura creato da Iain M. Banks, una civiltà galattica diffusasi nel cosmo e proveniente da un pianeta con caratteristiche umane. A questo ciclo appartengono le opere migliori della LeGuin, quelle che fondono in modo più efficace le convenzioni della fantascienza e una esplicita riflessione sui limiti del pensiero e del sogno utopico: La mano sinistra delle tenebre (1969) e I reietti dell'altro pianeta (1974). Qui, i riferimenti espliciti alla realtà americana contemporanea – necessari per dare attualità e concretezza a una costruzione utopica ambientata nel lontano futuro – si arricchiscono di quella qualità immaginativa che è propria della fantascienza dei viaggi spaziali e dell'esplorazione di altri mondi. Urras e Anarres ne I reietti dell'altro pianeta, Gethen ne La mano sinistra delle tenebre, hanno una consistenza fisica e "storica" degna degli studi etnografici cari alla LeGuin e al suo illustre padre antropologo, Alfred Kroeber, mentre diventano scenari filosofici dove si svolge un confronto talvolta drammatico tra i due principi fondamentali che strutturano la visione leguiniana – il maschile e il femminile, in eterno conflitto tra di loro, mai totalmente contrapposti come succede nelle opere di SF di femministe militanti come Joanna Russ o Marge Piercy, ma difficilmente in armonia, soprattutto per l'incapacità dell'autorità patriarcale, tramandata di padre in figlio, di accettare il femminile in ogni sua relazione: fuori, intorno, dietro di sé.

Da questo punto di vista, il momento forse più intenso di tutta la narrativa della LeGuin si trova lungo il cammino esperienziale, costituito dal viaggio dentro Gethen del protagonista de La mano sinistra delle tenebre. Poiché gli abitanti di Gethen hanno un'identità sessuale periodicamente oscillante dal maschile al femminile e viceversa, il compagno di fuga del protagonista "umano" abbandona la sua natura mascolina ed esprime una conturbante femminilità. Accettare una tale condizione, coglierne non la stranezza mostruosa, bensì le meravigliose potenzialità di completezza psicologica ed emotiva, vuol dire – anche per il lettore di fantascienza – ridefinire drasticamente il proprio rapporto con la realtà quotidiana. Ursula LeGuin pare trasportare su altri mondi il "sentire" androgino che Virginia Wolf ribadisce nel suo saggio del 1929 Una stanza tutta per sé: "Se una persona è un uomo, tuttavia la parte femminile del suo cervello deve manifestarsi; e anche una donna deve avere rapporti con l'uomo che è in lei. È quando avviene questa fusione che la mente è resa pienamente fertile e usa tutte le sue risorse".

Le vicende de La mano sinistra delle tenebre avevano luogo, come si è detto, sul pianeta Gethen e non a caso, Gethen viene menzionato all' inizio delle quattro novelle che compongono Il giorno del perdono. Infatti, Il giorno del perdono costituisce un ritorno esplicito alla riflessione fantascientifica, dopo che Ursula LeGuin sembrava aver coltivato altri obiettivi narrativi, motivati dal suo fascino per la cultura americana delle popolazioni native (l'utopia Sempre la valle, 1985 e i racconti successivi), dall'interesse per la letteratura dell'infanzia, dalla volontà di completare la trilogia fantastica di Earthsea con un quarto romanzo (Tehanu: l'ultimo libro di Earthsea, 1990) e ancora di cimentarsi con un romanzo apparentemente convenzionale, ma intriso di elementi fantastici (La via del mare. Cronache di Klatsand, 1991).

Tre delle quattro novelle di Il giorno del perdono sono state pubblicate in un periodo relativamente breve, nel 1994-95, su una rivista squisitamente fantascientifica come Asimov's, a conferma della organicità del progetto della LeGuin, ma anche, forse, con l'intenzione di ripercorrere un lungo itinerario iniziato molto tempo fa.

Trent'anni dopo gli esordi di Il mondo di Racannon e Il pianeta dell'esilio - entrambi apparsi per la prima volta nel 1966 – il linguaggio della LeGuin si è fatto più modulato e intenso. Infatti, le quattro novelle istituiscono tra di loro un gioco sapiente di rimandi e di echi. Ad esempio, l'Arkamye, il testo sacro che la protagonista sta leggendo nell'incipit della prima novella, viene citato in tutto il volume. Di vicenda in vicenda, l'autrice sfuma i contorni del suo universo in cui la fantascienza si intreccia con la fiaba, focalizza un paesaggio per successivi ingrandimenti ottici (un pianeta, una nazione, una città, un villaggio, una abitazione), e soprattutto tesse un ordito di storie e di avvenimenti complementari che si pongono come variazioni attorno ad alcuni motivi centrali: l'endemica lotta per il potere e la supremazia che stravolge ogni anelito utopico, il problema della libertà individuale e delle diverse interpretazioni che vengono date al termine; il ruolo della donna, che vede negata la propria dignità dalla controparte maschile, ma, nello stesso tempo, non può soffocare impulsi e desiderio d'amore (e questo succede anche tra gli uomini); l'importanza della sessualità, che si può esprimere in tante forme; la difficoltà di conciliare esigenze universali di eguaglianza e democrazia (di cui l'Ekumene – una specie di O.N.U. del futuro – si fa garante) con il rispetto delle tradizioni locali, che talvolta appaiono ripugnanti, e che, tuttavia, non si possono cancellare con un atto di imperio dall'alto, per non introdurre nuovi elementi di sopraffazione; un grande desiderio di pace, della fine delle guerre, dei massacri, della violenza. Inoltre, tutti questi motivi, calati nella rappresentazione dei conflitti tra colonizzatori dal pianeta Werel e colonizzati (gli abitanti di Yeowe) si possono registrare attraverso il colore della pelle, che denota, idealmente, la classe sociale: "dal nero bluastro dei padroni fino al beige azzurrino o grigiastro per arrivare a un bianco quasi del tutto privo di pigmenti" degli schiavi.

Al di là e al di sopra della rete di conflitti, che si esprimono nelle pagine di Il giorno del perdono, la scrittrice americana riafferma una convinzione inerente al suo modo di raccontare: il "privato" delle storie individuali, l'autobiografia dei personaggi femminili (ma anche, in più di un caso, di quelli maschili) confluiscono nelle vicende pubbliche, nella lotta politica, nelle grandi scelte ideologiche. È qui che la sessualità (la LeGuin non è la prima a sostenerlo) gioca un ruolo fondamentale, come sottolinea da una parte la solita Solly, la viaggiatrice spaziale inviata dall'Ekumene su Werel (ne Il giorno del perdono) e, dall'altra, l'ex schiava Radosse Rakam in La liberazione della donna, la quale sostiene: "A questo punto direte, disgustati, che la mia storia parla solo di sesso, e che ci sono cose ben più importanti nella vita, perfino quella di uno schiavo. Come è vero! Posso solo replicare che è attraverso la nostra sessualità che siamo tutti, uomini e donne, più facilmente resi schiavi. Può essere proprio lì che, anche da uomini o da donne liberi, troviamo troppo arduo mantenere la nostra libertà. La politica della carne è la radice del potere".