David trovava la cosa molto divertente, soprattutto perché, quasi a ogni svolta, incontravamo altri passeggeri che si erano persi. In almeno sei occasioni diverse aiutammo quelle persone molto anziane a trovare la strada. E poi anche noi ci perdemmo di nuovo.
Alla fine, per qualche miracolo, riuscimmo a ritrovare la strada che, attraverso il Queens Grill Lounge e fino al Ponte Segnalazioni, portava alle nostre cabine. Mancava solo un’ora al tramonto e i giganteschi motori stavano già rombando.
Non appena mi fui vestito per la sera, con un pullover bianco a collo alto e un completo di tessuto indiano, uscii sulla veranda per vedere il fumo che si alzava dal grande fumaiolo. L’intera nave aveva cominciato a vibrare all’unisono coi motori. E la dolce luce dei Caraibi stava svanendo sulle colline lontane.
Mi prese un’angoscia terribile e sconvolgente. Era come se le mie viscere fossero influenzate dalla vibrazione dei motori, anche se si trattava di tutt’altro. Stavo pensando che non avrei mai più rivisto quella brillante luce naturale. Avrei scorto la luce del crepuscolo, quella che sarebbe arrivata di lì a qualche istante, ma mai più avrei guardato quello spruzzo di sole morente sull’acqua, il luccicare d’oro sulle finestre lontane, o il ciclo azzurro e così luminoso nella sua ultima ora, sopra le nuvole in corsa.
Volevo rimanere aggrappato al momento, assaporare ogni dolce, sottile modificazione. Dopotutto, però, non era vero. Secoli prima, non avevo detto addio alle ore diurne. Quando il sole era tramontato su quell’ultimo giorno fatale, non mi ero mai nemmeno sognato di rivederlo. Nemmeno sognato!
Potevo rimanere lì, a percepire il suo ultimo calore, godendo di quei preziosi momenti di luce. Ma in realtà non lo volevo. In realtà non me ne importava. Lo avevo visto in momenti ben più preziosi e meravigliosi. Era finita, no? Ben presto sarei tornato a essere il vampiro Lestat.
Rientrai nella cabina lussuosa. Mi guardai nel grande specchio. Oh, quella sarebbe stata la notte più lunga della mia esistenza, pensai: perfino più lunga di quella orribile notte di freddo e sofferenza a Georgetown. E se avessimo fallito?
David mi stava aspettando nel corridoio, vestito, in modo molto consono, di lino bianco. Dovevamo allontanarci da lì, disse, prima che il sole calasse sotto le onde. Io non avevo tanta fretta. Non credevo che quella sciatta, stupida creatura sarebbe subito balzata fuori del baule nella luce bruciante del crepuscolo come io amavo fare. Al contrario, sarebbe probabilmente rimasta lì, timorosa, nell’oscurità, per un po’, prima di emergere.
Cosa avrebbe fatto poi? Avrebbe scostato le tende della veranda e lasciato la nave per rapinare qualche famiglia sulla costa lontana? Ah, però aveva colpito a Grenada. Forse intendeva riposarsi.
Non potevamo saperlo.
C’infilammo nuovamente nel Queens Grill Lounge e da lì emergemmo sul ponte battuto dal vento. Molti passeggeri erano usciti per vedere la nave che lasciava il porto. L’equipaggio si stava preparando. Dal fumaiolo un denso fumo grigio s’innalzava nella luce morente del ciclo.
Appoggiai le braccia sul parapetto e guardai verso la curva lontana della terraferma. Le onde infinitamente mutevoli catturavano e trattenevano la luce in mille toni e gradi di opacità. Ma come mi sarebbe apparso più vario e traslucido tutto ciò l’indomani notte! Tuttavia, guardando, smisi di pensare al futuro. Mi persi nella pura e semplice maestà del mare e nell’intensa luce rosa che si diffondeva, trasformando l’azzurro del ciclo infinito.
Intorno a me i mortali parevano soggiogati. Parlavano poco. La gente si era raccolta sulla prora battuta dal vento per porgere omaggio a quell’istante. La brezza era vellutata e fragrante. Il sole arancione, visibile sull’orizzonte come un occhio che spiava, improvvisamente affondò nel mare, scomparendo alla vista. Una gloriosa esplosione di luce gialla investì il lato inferiore dei grandi strati di nuvole gonfie. Una luce rosata si levò nel ciclo infinito e brillante e, attraverso quella gloriosa nebbia colorata, giunse il primo, tremolante luccichio di stelle.
L’acqua si fece più scura, mentre le onde colpivano lo scafo con maggiore violenza. Mi accorsi che la grande nave si stava muovendo. E d’un tratto eruppe un profondo, violento fischio vibrante, un grido che mi trasmise nelle ossa paura ed eccitazione. Il movimento della nave era così lento e uniforme che, per percepirlo, dovevo tenere gli occhi puntati sulla costa lontana. Stavamo virando a ovest, verso la luce morente.
Vidi che gli occhi di David erano velati. Afferrò il parapetto. Guardò l’orizzonte, le nuvole che si alzavano e il profondo ciclo rosa sullo sfondo.
Volevo dirgli qualcosa, qualcosa di bello, d’importante, un segno del profondo amore che provavo. Il mio cuore sembrò spezzarsi, e mi voltai verso di lui, appoggiando una mano sopra la sua.
«Lo so», mormorò. «Credimi, lo so. Ma ora devi essere astuto, tenerlo chiuso dentro di te.»
Ah, già, stendi il velo. Sii uno tra centinaia, chiuso, silenzioso e solo. Sii solo. Quel mio ultimo giorno da uomo mortale era arrivato alla fine.
Ancora una volta risuonò il fischio forte e vibrante.
La nave aveva quasi completato la virata. Si stava muovendo verso il mare aperto. Il ciclo si andava oscurando. Era tempo che noi ci ritirassimo sui ponti inferiori, trovando qualche angolo di un salone chiassoso in cui passare inosservati.
Lanciai un ultimo sguardo al ciclo, rendendomi conto che tutta la luce era fuggita, e il mio cuore si raggelò. Un oscuro brivido mi attraversò. Ma non potevo rimpiangere la perdita della luce. Non potevo. Tutto ciò che volevo, con la mia intera anima mostruosa, era riavere i miei poteri di vampiro. E tuttavia la terra stessa sembrava pretendere qualcosa di più nobile: che io piangessi per ciò che era perduto.
Non potevo farlo. Provai tristezza, e lo schiacciante fallimento della mia avventura umana gravò su di me nel silenzio, mentre rimanevo lì, immobile, assaporando la calda brezza avvolgente.
Avvertii la mano di David che mi tirava delicatamente il braccio.
«Sì, andiamo dentro», dissi, e girai le spalle al dolce ciclo dei Caraibi. Era già calata la notte. E i miei pensieri erano rivolti a James e a lui soltanto.
Oh, come avrei desiderato vedere quello sciocco mentre emergeva dal suo nascondiglio di seta. Ma era davvero troppo rischioso. Non c’erano punti strategici dai quali avremmo potuto osservarlo, stando al sicuro. L’unica mossa possibile era nasconderei.
La nave stessa cambiò col calare delle tenebre.
I piccoli negozi luccicanti della balconata apparvero movimentati e chiassosi quando vi passammo accanto. Uomini e donne in lucenti vestiti da sera stavano già prendendo posto nel teatro sottostante.
Le slot-machine erano tornate in vita, lampeggiando nel casinò, mentre intorno al tavolo della roulette s’era radunata una folla. Anziane coppie danzavano al ritmo di una musica dolce e lenta nella vasta e buia Queens Room.
Una volta trovato un angolino adatto nel buio del Club Lido, e ordinati un paio di drink per tenerci compagnia, David m’intimò di rimanere lì, mentre lui si sarebbe avventurato da solo sul Ponte Segnalazioni.
«Perché? Come sarebbe, rimanere qui?» m’infuriai subito.