«No. Voglio dire, non mi hanno guardato né hanno fatto caso a me. Erano assorti nella loro conversazione e io sono riuscito a riprendere subito il filo del loro discorso. Era Dio che si rivolgeva al Diavolo, dicendogli che doveva continuare a svolgere il suo lavoro. Il Diavolo non voleva farlo e spiegava che era durato già troppo a lungo, che gli stava accadendo la stessa cosa successa a tutti gli altri. Dio diceva che capiva, ma che il Diavolo doveva sapere quanto lui era importante, che non era così semplice per lui sottrarsi ai suoi doveri; Dio aveva bisogno di lui e della sua forza. E tutto ciò si svolgeva in modo molto amichevole.» «Che aspetto avevano?»
«Questa è la parte peggiore: non lo so. In quel momento ho visto due sagome vaghe, grandi, di sesso maschile, o che comunque avevano assunto quella forma, possiamo dire, e gradevoli a vedersi, senza nulla di mostruoso, né di realmente fuori dell’ordinario. Non mi ero reso conto della mancanza di particolari come il colore dei capelli, i tratti del viso e cose del genere. Le due figure sembravano abbastanza complete, ma quando, in seguito, ho tentato di ricostruire l’accaduto, non sono riuscito a ricordare nessun dettaglio! Credo che l’illusione non fosse così perfetta e che il senso di compiutezza che ne traevo derivasse da qualcos’altro.»
«Da che cosa?»
«Dal contenuto, dal significato…» «Loro non ti hanno visto, non sapevano che tu eri lì.» «Mio caro ragazzo, loro dovevano sapere che io ero lì. Per forza! Loro devono aver fatto tutto quello proprio per me! In quale altro modo avrei avuto la possibilità di assistere a un evento del genere?»
«Non so, David. Forse non avevano intenzione di farsi vedere da te. Forse alcuni possono vedere e altri no. Forse si era verificato un piccolo strappo nella struttura superficiale dell’altra dimensione, quella cui apparteneva qualsiasi altra cosa in quel caffè.»
«Potrebbe essere andata così, anche se temo di no. Credo che ci fosse l’intenzione di farmi assistere alla scena proprio perché essa sortisse qualche effetto su di me. E questa è la cosa orribile, Lestat: non ha avuto un grande effetto.»
«In seguito a quell’evento non hai cambiato la tua vita.» «Oh, assolutamente no. Dopo un paio di giorni ho cominciato persino a dubitare di aver avuto quella visione. La cosa diventava ancora più incerta e vaga ogni volta che raccontavo il fatto a qualcuno. Mi sono persino sentito dire che ero pazzo. No, non ne ho mai fatto nulla.»
«E che cosa avresti dovuto fare? Che cosa si può fare dopo una rivelazione se non condurre una vita retta? David, di certo tu hai parlato della visione ai tuoi confratelli del Talamasca.»
«Sì, certo. Ma è accaduto molto tardi, dopo il periodo brasiliano, quando ho presentato le mie memorie, come ogni buon membro dovrebbe fare. Ho raccontato loro l’intera storia, così com’era avvenuta, naturalmente.»
«E loro che cos’hanno detto?»
«Lestat, il Talamasca non dice mai molto a proposito di nulla, questa è la realtà. ‘Noi vigiliamo e siamo sempre presenti.’ Invero, la decisione di parlarne con gli altri membri non è stata accolta con particolare favore. Se vuoi parlare degli spiriti del Brasile, otterrai udienza. Ma il Dio cristiano e il suo Diavolo? No, temo che il Talamasca sia soggetto a qualche pregiudizio e a piccole fissazioni come ogni altra istituzione. La storia ha fatto sollevare qualche sopracciglio, niente di più. Ma che ti aspetti se ti confronti con gentiluomini sedotti da vampiri, che hanno visto lupi mannari, combattuto streghe e parlato coi fantasmi?»
«Ma Dio e il Diavolo!» esclamai, ridendo. «David, quella è roba grossa. Forse sei stato oggetto d’invidia da parte degli altri membri più di quanto non ti sia reso conto.»
«No, loro non hanno preso la storia sul serio», disse con una breve risata. «Sono sorpreso che l’abbia fatto tu, a essere sincero.»
D’un tratto si alzò, in preda a una certa agitazione, attraversò la stanza e raggiunse la finestra, scostandone la tenda. Rimase lì, cercando di vedere fuori, nella notte satura di neve.
«David, qual era secondo te lo scopo di tale apparizione?»
«Non lo so», replicò con una nota di scoramento nella voce. «Questo è il punto per me: ho settantaquattro anni e non lo so. Morirò senza saperlo. E se non esiste nessuna illuminazione, allora così sia. Il che in sé è già una risposta, che io sia in grado di riconoscerla oppure no.»
«Perché non torni qui a sederti? Mi piace guardarti in faccia quando parli.»
Lui obbedì, quasi automaticamente. Tornò a sedersi e allungò la mano per prendere il bicchiere vuoto, mentre lo sguardo andava a posarsi di nuovo sul fuoco. «Cosa pensi, Lestat? Cosa c’è dentro di te, un Dio o un Diavolo? Voglio la verità: tu in che cosa credi?»
Riflette! a lungo prima di rispondere. Quindi dissi: «Io penso che Dio esista. Non mi piace ammetterlo, però è così. Forse esiste anche il Diavolo, in alcune forme. Lo riconosco, è una questione di pezzi mancanti, come abbiamo detto. E in quel caffè di Parigi tu forse hai davvero visto l’Essere Supremo e il suo avversario. Ma fa parte del loro piano pazzesco il fatto che a noi resti comunque preclusa la possibilità di comprendere. Tu vuoi una spiegazione attendibile per il loro comportamento? Vuoi sapere perché ti hanno concesso quella rapida occhiata? Puntavano a un coinvolgimento di carattere religioso! È il loro modo di giocare con noi: seminano visioni, miracoli e frammenti di rivelazione divina… Così noi, tutti infervorati, andiamo a fondare una Chiesa. Tutto rientra nel loro piano e nell’incessante, eterno dialogo in cui sono impegnati. Penso inoltre che l’idea che ti sei fatto di loro, di un Dio imperfetto e di un Diavolo apprendista, sia valida come l’interpretazione di chiunque altro». Mi fissava assorto, ma non replicò.
«No», continuai. «Non siamo destinati a conoscere le risposte. Non sapremo mai se le nostre anime trasmigrano da un corpo all’altro attraverso la reincarnazione, se Dio ha creato il mondo, se Dio è Mah, Yahweh, Shiva o Cristo. Perché lui dissemina dubbi mentre elargisce rivelazioni. E noi siamo tutti suoi giullari.»
Continuava a non ribattere.
«Lascia il Talamasca, David», esclamai. «Va’ in Brasile prima di diventare troppo vecchio. Torna in India. Visita i posti che desideri vedere.»
«Sì, penso che dovrei farlo», disse in un sussurro. «E loro probabilmente si prenderanno cura di tutto al posto mio. Gli anziani si sono già incontrati per discutere la questione mia e delle mie recenti assenze dalla Casa Madre. Mi congederanno con una buona pensione, è ovvio.» «Sanno che mi hai visto?»
«Oh, sì. E ciò fa parte del problema. Gli anziani hanno proibito il contatto. Molto divertente davvero, dal momento che sono così disperati da tenerti loro stessi gli occhi addosso. Sanno quando capiti dalle parti della Casa Madre…»
«Lo so», mormorai. «Ma cosa intendi con ‘hanno proibito il contatto’?»
«Oh, mi riferisco solo all’ammonizione di rito», rispose, con gli occhi ancora rivolti ai ceppi ardenti. «Tutto molto medievale, davvero, e basato su un’antica direttiva: ‘Non devi incoraggiare l’essere, né instaurare o prolungare una conversazione con lui; se persiste con le sue visite, devi fare del tuo meglio per attirarlo in un posto frequentato: è ben noto che tali creature sono restie ad attaccare se sono circondate da mortali. Non devi mai cercare di carpire segreti dall’essere, o credere anche solo per un momento che le emozioni da lui manifestate siano autentiche, poiché tali creature dissimulano con notevole abilità e sono note, per ragioni che non possono essere analizzate, per la loro capacità di fare impazzire i mortali. Ciò è accaduto sia ad abili investigatori sia a sfortunati innocenti con cui i vampiri sono entrati in contatto. Sei tenuto a riferire agli anziani ogni singolo incontro, avvistamento, eccetera, senza indugio’.»