La nostra congrega era durata oltre cinquant’anni in quel delizioso appartamento al piano superiore. E di certo si deve considerare quell’elemento ogni volta che vengo rimproverato, da me stesso o da altri, per i miei errori. Louis e Claudia erano stati entrambi creati da me e, lo ammetto, per me. Era curioso, ma la nostra era stata un’esistenza incandescente e di grande soddisfazione prima che Claudia decidesse che dovevo pagare con la vita le mie creazioni.
Persino le stanze erano state stipate con ogni immaginabile lusso e ninnolo che i tempi potessero offrire. Avevamo una carrozza e un tiro di cavalli nelle stalle attigue, nonché alcuni servitori che vivevano dall’altra parte del cortile. Ma i vecchi edifici di mattoni erano ormai piuttosto rovinati, oltre che negletti. Di recente, poi, l’appartamento non era stato occupato, eccetto forse che dai fantasmi, chissà. Il negozio sottostante era invece affittato a un libraio che non si prendeva mai il disturbo di spolverare i volumi in vetrina o sugli scaffali, ma che di tanto in tanto mi procurava alcuni libri: scritti sulla natura del Diavolo dello storico Jeffrey Burton Russel, le meravigliose opere filosofiche di Mircea Eliade o copie d’annata dei romanzi che amavo.
Il vecchio era infatti lì dentro, intento alla lettura, e io rimasi a osservarlo per qualche minuto attraverso il vetro. Com’erano diversi gli abitanti di New Orleans da quelli del resto d’America. Il profitto non significava nulla per quel vecchio dai capelli grigi.
Indietreggiai, alzando gli occhi verso le inferriate di ghisa. Pensai a quei sogni molesti: la lampada a olio, la sua voce… Perché lei mi stava dando la caccia in modo così implacabile, come mai aveva fatto prima?
Quando chiusi gli occhi, potei udirla di nuovo: mi parlava, anche se non riuscii ad afferrare il significato delle sue parole. Ripensai ancora una volta alla sua vita e alla sua morte.
Il tugurio in cui l’avevo vista per la prima volta tra le braccia di Louis era sparito senza lasciare traccia. Era stata una casa infestata dalla peste, dove solo un vampiro sarebbe potuto entrare. Nessun ladro avrebbe osato farlo, neppure per rubare la catena d’oro dal collo della madre morta. E come si era vergognato Louis per il fatto di avere scelto una bambina come vittima. Ma io avevo capito. Non rimaneva traccia nemmeno del vecchio ospedale dove l’avevamo presa in seguito. E che strade anguste e fangose avevo attraversato con quel caldo fagotto mortale tra le braccia, mentre Louis si precipitava dietro di me, implorandomi di svelargli le mie intenzioni.
Una fredda raffica di vento mi fece trasalire.
Potevo udire una musica monotona e cupa provenire dalle taverne di rue Bourbon, a distanza di un isolato; sentivo anche la gente che camminava davanti alla cattedrale. E poi ancora la risata di una donna nelle vicinanze, il clacson di un’auto che risuonava nell’oscurità, la piccola vibrazione elettronica di un telefono di ultima generazione.
Nella libreria, il vecchio teneva la radio accesa e si divertiva a cambiare sintonia, saltando dal jazz alla musica classica, a una voce che recitava una poesia dolente sulla musica di un compositore inglese…
Perché mi ero spinto fino a quel vecchio edificio, che s’innalzava abbandonato e indifferente come una lapide con le sue date e le lettere cancellate?
Ma basta con gli indugi.
Stavo giocando con la mia insana eccitazione per ciò che era appena accaduto a Parigi. Mi diressi verso i quartieri alti per trovare Louis e raccontargli tutto.
Ancora una volta, scelsi di camminare. Volevo sentire la terra, misurarla coi miei piedi.
Nella nostra epoca, alla fine del XVIII secolo, i quartieri alti della città in realtà non esistevano. A monte c’era la campagna, con ancora le piantagioni. Le strade, lastricate solo di conchiglie, erano strette e difficili da percorrere.
Più tardi, nel XIX secolo, dopo che la nostra piccola congrega era andata distrutta, che io ero stato ferito e me n’ero andato a Parigi a cercare Claudia e Louis, la parte alta della città con tutti i suoi piccoli centri fu incorporata nel grande nucleo urbano. Fu allora che furono costruite molte belle case di legno in stile vittoriano.
Alcune di quelle elaborate strutture sono vastissime. Tanto imponenti quanto le grandi dimore anteguerra in stile neoclassico del Garden District, che mi hanno sempre ricordato dei templi, o le imponenti residenze dello stesso Quartiere Francese.
Ma una buona parte dei quartieri alti, coi suoi piccoli cottage rivestiti di assi e le grandi case, mantiene ancora per me l’aspetto della campagna. Un po’ per le magnolie e le enormi querce che spuntano ovunque a sovrastare i piccoli tetti, un po’ per le numerose strade senza marciapiedi, lungo le quali i canaletti di scolo sono soltanto fossi, pieni di fiori di campo nonostante il freddo invernale.
Anche le piccole vie commerciali — improvvisi tratti di edifici attaccati l’uno all’altro — non ricordano tanto il Quartiere Francese con le sue facciate di pietra e le sofisticherie da vecchio mondo, quanto piuttosto il caratteristico «corso principale» delle cittadine rurali americane.
Questo è un luogo eccellente per passeggiare, la sera. Lì puoi sentire gli uccelli cantare come non li sentirai mai nel Vieux Carré, mentre il sole che occhieggia tra i robusti rami degli alberi sembra non tramontare sui tetti dei magazzini, lungo la curva infinita del fiume. Ci si può imbattere in splendide ville, con eleganti saloni che si susseguono l’uno dopo l’altro, oltre a edifici con torrette, timpani e vialetti. Grandi dondoli trovano posto nelle verande dietro parapetti in legno dipinti di fresco, mentre bianchi steccati si alternano ad ampie distese di prati tosati a regola d’arte.
I piccoli cottage esibiscono infinite varianti: alcuni sono accuratamente dipinti in colori intensi e vivaci secondo la foggia corrente, altri, lasciati andare ma non meno belli, mostrano il delizioso tono di grigio dei detriti di legname sulle spiagge, una condizione che in questo luogo tropicale certo non giova alla salute di una casa.
Qua e là si possono incontrare tratti di strada così ricoperti di vegetazione da credere a stento di essere ancora all’interno della città. Belle di notte selvatiche e plumbago azzurre oscurano gli steccati che segnano le proprietà, mentre i grossi rami di quercia si curvano tanto verso il basso da obbligare il passante a chinare la testa. Anche nei suoi inverni più freddi, New Orleans è sempre verde. Il gelo non riesce a uccidere le camelie, sebbene talvolta le illividisca. Muri e steccati rimangono coperti dal gelsomino selvatico giallo e dalle buganvillee violacee.
Ed è proprio in un tratto come quello, di oscurità frondosa e molle, che Louis ha fondato la sua dimora segreta, oltre una lunga infilata di enormi magnolie.
L’antica residenza vittoriana dietro i cancelli arrugginiti era vuota, l’intonaco giallo quasi del tutto scrostato. Louis vi si aggirava solo di tanto in tanto, con una candela in mano. Nascosto da una montagna informe e intricata di Petrea volubilis rosa, c’era un cottage. Era quella la sua vera casa, piena di libri e di svariati oggetti che lui aveva raccolto nel corso degli anni. Le finestre erano abbastanza nascoste dalla strada e, in effetti, dubito che qualcuno sapesse dell’esistenza del cottage. I vicini non potevano vederlo per via degli alti muri di mattoni, degli alberi folti e dell’oleandro selvatico. Mancava inoltre un vero e proprio passaggio attraverso l’erba alta.
Quando arrivai, le porte e le finestre erano aperte sulle poche e semplici stanze. Louis si trovava alla sua scrivania, e leggeva alla luce di una sola candela.
Per un lungo momento, rimasi a spiarlo. Mi piaceva farlo.
Spesso lo seguivo quando andava a caccia, e soltanto per guardarlo nutrirsi. Il mondo moderno non significa niente per lui. Louis cammina per le strade come un fantasma, avvicinando, lento e silenzioso, coloro che salutano con piacere la morte, o almeno così sembra, anche se non sono sicuro che davvero la gente si auguri la morte. Inoltre, quando beve, tutto avviene in modo indolore, delicato e rapido. Lui deve uccidere quando si nutre. Lui non sa come risparmiare la vittima. Non è mai stato abbastanza forte per quella «bevutina» che mi ha sostenuto per tante notti, almeno prima che diventassi il dio insaziabile.