Divenne di nuovo meditabondo e molto triste, al punto che quasi mi faceva male guardarlo. Volevo afferrarlo per le spalle e scuoterlo, ma l’avrei solo reso furioso.
«Io ti amo», mormorò.
Ero sbalordito.
«Sei sempre alla ricerca di un modo per trionfare», proseguì. «Non ti dai mai per vinto. Ma non c’è modo di trionfare. È il purgatorio, quello dove siamo noi, tu e io. Possiamo soltanto essere grati di non trovarci addirittura all’inferno.»
«No, non ci credo», replicai. «Ascoltami, non ha importanza che cosa dite tu e David. Andrò a parlare con Raglan James. Voglio sapere di che cosa si tratta. E niente me lo impedirà!»
«E così anche David Talbot ti ha messo in guardia contro di lui.»
«Non scegliere i tuoi alleati fra i miei amici!»
«Lestat, se questo essere umano mi si avvicina, se ritengo di essere in pericolo a causa sua, io lo ammazzo. Ficcatelo bene in testa.»
«Certo, ma lui non tenterà di avvicinarti: ha scelto me, e a ragione.»
«Ha scelto te perché tu sei uno sconsiderato vanaglorioso. E non lo dico per ferirti, credimi. Tu desideri attirare l’attenzione su di te fino a metterti nei guai, provocando tutto e tutti e rimanendo poi a vedere se il vaso traboccherà e se Dio scenderà ad afferrarti per i capelli. Ebbene, non c’è nessun Dio. Anche tu potresti essere Dio.»
«Tu e David… La stessa canzone, gli stessi ammonimenti, sebbene lui sostenga di aver visto Dio, mentre tu non credi che esista.»
«David ha visto Dio?» chiese lui con deferenza.
«Non proprio», mormorai con un gesto sprezzante. «Ma avete entrambi lo stesso modo di rimproverarmi. Lo stesso di Marius.»
«E naturalmente tu vai a scegliere proprio quelli che ti riservano un trattamento del genere. L’hai sempre fatto, come scegli quelli che ti si rivolteranno contro, conficcandoti un coltello nel cuore.»
Alludeva a Claudia, ma non poteva sopportare di pronunciare il suo nome. Sapevo di poterlo ferire se lo avessi detto, sarebbe stato come gettargli una maledizione in faccia. Avrei voluto dire: c’eri dentro anche tu fino al collo! Tu eri là quando l’ho creata, eri là quando lei ha sollevato il coltello!
«Io non voglio più starti ad ascoltare!» esclamai. «Tu canterai la canzone dei Grandi Limiti per tutti i tuoi tristi anni a venire su questa terra, non è vero? Ebbene, io non sono Dio, né il Diavolo che viene dall’inferno, sebbene talvolta faccia finta di esserlo. Non sono nemmeno lo scaltro e astuto lago, non tramo nell’ombra orribili scenari di malvagità. Non posso reprimere la mia curiosità o il mio ardore. Sì, voglio sapere se quest’uomo è davvero in grado di farlo, voglio sapere che cosa accadrà. E non vi rinuncerò.»
«E tu continuerai in eterno a cantare la canzone del Grande Trionfo, benché non vi sia nessuna vittoria.»
«E invece c’è, ci dev’essere.»
«No, più aumenta la nostra conoscenza, più ci rendiamo conto che non esistono vittorie. Non possiamo tornare alla natura, fare solo ciò che è necessario per sopravvivere e niente di più?»
«Questa è la più meschina definizione di natura che abbia mai sentito. La fa apparire dura, e qui non si tratta di poesia, ma del mondo vero, di quello là fuori. Che cosa vedi nella natura? Che cos’ha creato i ragni che s’insinuano furtivi sotto le tavole umide del pavimento, che cos’ha creato le falene con le loro ali multicolori che sembrano grandi fiori funesti nella notte? Lo squalo nel mare, perché esiste?» Andai verso di lui, posai le mani sulla scrivania e lo guardai dritto negli occhi. «Ero così sicuro che tu avresti capito. E, a proposito, io non sono nato mostro! Ero un bambino mortale, come te. Più forte di te! Più deciso a vivere di te! Hai detto una cosa crudele.»
«Lo so, ho sbagliato. Ma a volte mi terrorizzi a tal punto che comincio a scagliarti addosso pietre e bastoni. È stupido. Sono felice di vederti, sebbene abbia paura di ammetterlo. Rabbrividisco al pensiero che tu nel deserto avresti potuto davvero mettere fine alla tua vita! Non riesco a tollerare il pensiero di un’esistenza senza di te… Tu mi rendi furibondo! Perché non ridi di me? Prima l’hai fatto.»
Mi drizzai e gli girai le spalle. Mi misi a guardare l’erba accarezzata dal vento e la Petrea volubilis che scendeva fino a coprire la porta aperta.
«Non sto ridendo», risposi. «Ma andrò avanti, è insensato che non ti dica la verità. Mio Dio, ma non capisci? Sai quante cose potrei imparare se mi trovassi in un corpo mortale per solo cinque minuti?»
«D’accordo», ammise in tono disperato. «Spero che tu scopra che quell’uomo ti ha sedotto con un mucchio di menzogne, che lui non vuole altro che il Sangue Tenebroso e che tu lo spedisca dritto all’inferno. Ancora una volta, però, concedimi di metterti in guardia: se lo vedo, se lui mi minaccia, lo uccido. Io non ho la tua forza: ho soltanto il mio anonimato. Il mio piccolo frammento di memoria, come tu l’hai sempre chiamato, è stato così sradicato da questo secolo da essere totalmente ignorato dal mondo.»
«Io non permetterò che ti faccia del male, Louis», replicai. Mi girai e gli rivolsi uno sguardo cupo. «Né ho mai permesso a nessuno di farlo.»
E mi mossi per andarmene.
Quella era un’accusa molto tagliente che lui non mancò di cogliere, come vidi, con mia grande soddisfazione, prima di uscire.
La notte in cui Claudia era insorta contro di me, lui era rimasto immobile, come se fosse un testimone incapace di intervenire. Era inorridito, certo, e io avevo invocato il suo nome, ma lui non si era intromesso.
Poi aveva preso quello che, secondo lui, era il mio corpo senza vita e l’aveva gettato nella palude. Ah, piccole e ingenue creature, come avete potuto pensare di disfarvi di me con tale facilità?
Ma perché ripensarci? A quell’epoca Louis mi amava, che lo sapesse o no, come io amavo lui e quella disgraziata bambina piena di rabbia. E su quello non avevo mai nutrito il minimo dubbio.
Certo, era alquanto addolorato a causa mia. Ma, d’altra parte, è così bravo a tormentarsi! Lui indossa il dolore come gli altri il velluto, il rammarico gli dona come la luce delle candele, mentre le lacrime sono per lui come gioielli.
Ebbene, nessuno di quei trucchetti funziona con me.
Tornai a casa. Accesi tutte le eleganti lampade elettriche, e me ne rimasi a poltrire, sguazzando per un paio d’ore nel mio volgare materialismo. Guardai una sequenza infinita d’immagini sul mio megascreen, quindi dormii per un po’ sul morbido divano prima di uscire per la caccia.
Ero stanco e mi rimaneva poco tempo. Avevo sete.
Era tutto tranquillo al di là delle luci del quartiere e dei grattacieli illuminati del centro. New Orleans sprofonda molto rapidamente nell’oscurità, sia nelle strade campestri che ho già descritto sia tra i miseri edifici di mattoni e le case del centro città. Passando attraverso le deserte aree commerciali in cui sorgono solo fabbriche chiuse, magazzini e desolati capanni di caccia, mi diressi verso un meraviglioso luogo vicino al fiume, che forse non aveva significato per nessun altro tranne che per me.
Si trattava di un campo aperto nei pressi delle banchine, esteso sotto gli enormi piloni della superstrada che portava ai due alti ponti gemelli sul fiume, quelli che ho sempre chiamato, fin dal primo momento in cui li ho visti, le Porte del Sud.
Devo confessare che quei ponti hanno già un nome ufficiale, certo meno affascinante. Ma io presto pochissima attenzione all’ufficialità e, per me, essi saranno sempre le Porte del Sud. Quando torno a casa, non lascio passare mai troppo tempo prima di andare a passeggiare lì accanto, per ammirare quei ponti e le migliaia di minuscole luci sfavillanti che li caratterizzano.