«La possessione è sempre una lotta sanguinosa», ribadì. «Guarda quello che succede con gli spiriti malvagi, i fantasmi, e cose del genere: alla fine, accade sempre che vengono cacciati, sebbene il vincitore non sappia mai che cos’è accaduto esattamente. Quando arriva con l’incenso e l’acqua santa, il prete incita l’anima residuale a espellere l’intruso e a richiamare la vecchia anima.»
«Invece, con lo scambio concordato, entrambe le anime hanno nuovi corpi.»
«Proprio così. Credimi, se pensi di poterti introdurre in un corpo umano senza la mia assistenza, fa’ una prova: capirai che cosa voglio dire. Per tutto il tempo in cui all’interno di quel corpo infurierà il conflitto, non riuscirai a fare davvero esperienza dei cinque sensi di un mortale.» I suoi modi diventarono ancora più confidenziali. «Guarda ancora questo corpo, Monsieur de Lioncourt», riprese con seducente affabilità. «Può essere tuo, in tutto e per tutto.» La sua pausa mi sembrò d’un tratto precisa come le sue parole. «È passato un anno da quando lo hai visto per la prima volta a Venezia: ha offerto ospitalità a un intruso per tutto questo tempo. E ora la offre a te.» «Dove l’hai preso?»
«L’ho rubato, te l’ho detto», rispose. «Il precedente proprietario è morto.»
«Devi essere più preciso.» «Devo, davvero? Detesto accusare me stesso.» «Ma io non sono mica un poliziotto. Io sono un vampiro. Parla in modo che possa capire.»
Ridacchiò, ironico. «Questo corpo è stato scelto con cura», disse. «II proprietario precedente aveva perso del tutto la ragione. Bada bene, non c’era nulla di organico che non andasse in lui, assolutamente nulla. Come ti ho detto, è stato testato a fondo. Quell’uomo era diventato una sorta di grande e quieto animale da laboratorio che non si muoveva né parlava. La sua ragione era andata in pezzi, anche se le cellule sane del cervello continuavano comunque a lavorare normalmente. Ho realizzato lo scambio in varie tappe. Sbalzarlo fuori del suo corpo è stato semplice: si trattava di attirarlo nel mio vecchio corpo e lasciarlo lì ad assorbirne l’abilità…»
«Dov’è il tuo vecchio corpo, ora?»
«Monsieur de Lioncourt, non c’è modo che la vecchia anima venga mai a bussare, te lo assicuro.»
«Voglio vedere una fotografia del tuo vecchio corpo.» «E a che scopo, diamine?»
«Perché mi rivelerà alcune cose su di te, forse più di quelle che mi stai raccontando tu stesso. Lo pretendo, oppure non andrò avanti.»
«Non lo farai?» Aveva il suo sorriso cortese ancora stampato sul volto. «E che cosa succede se mi alzo e me ne vado?»
«Ucciderò il tuo splendido corpo nuovo prima ancora che tu ti sia alzato. Nessuno in questo caffè se ne accorgerà. Penseranno che sei ubriaco e che mi sei crollato tra le braccia. È un genere di cosa che faccio sempre.»
Si zittì, ma non ebbi difficoltà a intuire il lavorio della sua mente calcolatrice. Mi resi conto che gli piaceva, quella situazione, e che gli era piaciuta fin dal principio. Era come un grande attore, calato nel ruolo più impegnativo della sua carriera.
Mi sorrise, con allarmante fascino, quindi, sfilando con attenzione il guanto destro, estrasse un piccolo oggetto dalla tasca e me lo porse. Era la vecchia foto di un uomo emaciato dai folti e ondulati capelli bianchi. Doveva avere intorno ai cinquant’anni. Indossava una specie di uniforme bianca con un farfallino nero.
Era un uomo di bell’aspetto, effettivamente, in apparenza molto più delicato di David, ma con lo stesso genere di eleganza inglese. Il suo sorriso, inoltre, non era sgradevole. Era appoggiato al parapetto di quello che forse era il ponte di una nave. Sì, era una nave.
«Tu sapevi che te l’avrei chiesta, non è vero?»
«Prima o poi», ammise.
«Quand’è stata scattata, questa foto?»
«Non ha nessuna importanza. Perché lo vuoi sapere?» Tradì un accenno di fastidio, che poi dissimulò subito. «Dieci anni fa», rispose infine, abbassando un po’ la voce. «Può andare?»
«E così, vediamo… Hai all’inarca sessantacinque anni, o sbaglio?»
«Diciamo di sì», disse con un ampio sorriso complice.
«Come hai imparato tutto ciò? Perché altri non hanno perfezionato il tuo stratagemma?»
Lui mi squadrò da capo a piedi un po’ freddamente. Pensai che la sua compostezza stesse per infrangersi, ma poi tornò ai suoi modi gentili. «Molta gente l’ha fatto», disse, mentre la sua voce assumeva un tono di particolare intimità. «II tuo amico David Talbot avrebbe potuto dirti tutto: lui non ha voluto farlo. Lui mente, come tutti quegli stregoni del Talamasca. Loro sono religiosi. Pensano di poter controllare gli altri, usano la loro conoscenza come controllo.»
«Come sai di loro?»
«Ero un membro del loro ordine», rispose sorridendo ancora una volta, mentre un lampo di vivacità gli illuminava gli occhi. «Mi hanno buttato fuori con l’accusa di usare i miei poteri a fini di lucro. E che altro c’è, Monsieur de Lioncourt? Per cosa si usa il proprio potere, se non per lucro?»
Dunque Louis aveva ragione. Rimasi in silenzio. Tentai di leggergli la mente, ma era inutile. Ebbi invece la forte percezione della sua presenza fisica, del calore che emanava, della calda sorgente del suo sangue. Succulento: era quello il termine adatto per definire il suo corpo, qualunque cosa si potesse pensare della sua anima. Non mi piacque quella sensazione, perché mi faceva venire voglia di ucciderlo, subito.
«Ho trovato notizie su di te attraverso il Talamasca», riprese con lo stesso tono confidenziale di prima. «Va da sé che conoscevo le storie che hai narrato… Mi piace leggere quel genere di cose. Ecco perché ho usato i racconti per comunicare con te. Poi, però, ho frugato negli archivi del Talamasca, e ho scoperto che le tue storie non erano un semplice frutto della fantasia.»
Ero in collera per il fatto che Louis ci avesse visto giusto. «D’accordo», replicai. «Ho capito bene la faccenda della separazione di anima e cervello, ma che cosa succederebbe se tu non volessi restituirmi il corpo dopo il nostro piccolo scambio, e io non fossi abbastanza forte da riscattarlo? Come posso impedirti di appropriarti del mio corpo per sempre?»
Rimase per un momento immobile e poi, con lente e misurate parole, disse: «Con un mucchio di quattrini».
«Ah.»
«Ho un conto in banca da dieci milioni di dollari che mi aspetta non appena rientrerò in possesso di questo corpo.» Infilò di nuovo la mano nella tasca del cappotto e ne estrasse una piccola carta di plastica, con sopra una foto formato tessera del suo nuovo volto. C’era inoltre il segno netto di un’impronta digitale, il suo nome, Raglan James, e un indirizzo di Washington. «Non è una fortuna che tale somma possa essere reclamata solo dall’uomo con questa faccia e questa impronta digitale? Pensi forse che io mi giocherei una fortuna di quell’entità? Inoltre, non voglio il tuo corpo per sempre. E nemmeno tu il mio, non è vero? Sei stato davvero molto eloquente a proposito delle tue sofferenze, dell’angoscia, della lunga e turbolenta discesa agli inferi, eccetera. No, voglio il tuo corpo solo per un po’. Ci sono molti corpi fuori di qui che aspettano che io ne prenda possesso, come ci sono molti generi di avventura.»
Studiai la tessera. «Dieci milioni», mormorai. «È una bella cifra.»
«È uno scherzo per te, e lo sai. Tu possiedi miliardi accumulati in varie banche internazionali sotto i tuoi svariati e pittoreschi pseudonimi. Una creatura coi tuoi formidabili poteri può acquisire tutte le ricchezze del mondo. Sono soltanto i vampiri dei film di serie Z che vagano nell’eternità vivendo alla giornata, come entrambi sappiamo.» Si tamponò le labbra con un fazzoletto di lino. Quindi bevve un sorso di caffè e continuò: «Ho trovato estremamente intriganti le tue descrizioni del vampiro Armand nella Regina dei Dannati, a proposito di come lui utilizzasse i suoi preziosi poteri per acquisire ricchezze e costruire la sua grande impresa, Night Island… un nome davvero incantevole. Quasi mi toglieva il fiato». Sorrise, poi proseguì con la stessa voce affabile e melliflua: «Non è stato difficile per me documentare le tue affermazioni, mi capisci, sebbene, come entrambi sappiamo, il tuo misterioso compagno abbia abbandonato Night Island molto tempo fa, e sia svanito pure dalla memoria dei computer, almeno per quello che io posso accertare».