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«Non m’importa della neve», dissi sottovoce.

«Sì, certo. Ti lascerò comunque di sicuro parecchi abiti invernali», mormorò nel solito modo conciliante.

«Questi dettagli per me non hanno la minima importanza», replicai. Com’era stupido pensare che ne avessero. Potevo sentire il cuore balzarmi nel petto.

«Oh, non ne sono così certo», replicò lui. «Da umano potresti scoprire che molte cose hanno la loro importanza.»

Forse per te, pensai. A me interessa soltanto trovarmi in quel corpo, ed essere vivo. Con l’occhio della mente, vidi la neve di quell’ultimo inverno in Alvernia, il sole calare tra le montagne, il piccolo prete della chiesa del villaggio che rabbrividiva, lamentandosi con me per i lupi che durante la notte scendevano in paese. Io avrei di certo cacciato quei lupi: era mio dovere.

Che lui avesse letto quei pensieri, non m’importava.

«Ma tu non vuoi gustare il buon cibo? Bere il vino buono? E che mi dici riguardo a una donna o a un uomo? Avrai bisogno di denaro e di comodità…»

Non risposi. Vidi il sole sulla neve. Lasciai che i miei occhi si posassero sul suo volto e pensai che lui appariva curiosamente aggraziato in quella nuova veste di persuasore. Sembrava invero molto simile a David.

Stava per proseguire con le sue chiacchiere sui piaceri della carne, ma, con un cenno, gli intimai di tacere. «D’accordo», dissi. «Credo che mi vedrai mercoledì, un’ora dopo il tramonto. Ma bada bene: questa fortuna da dieci milioni di dollari sarà a tua disposizione venerdì mattina solo per due ore e, per riscuoterla, dovrai presentarti di persona.» Gli sfiorai la spalla. «Questa persona, ovviamente.»

«Ovviamente. Non vedo l’ora.»

«Per portare a termine la transazione avrai inoltre bisogno di una parola in codice che ti comunicherò solo nel momento in cui mi restituirai il corpo, come d’accordo.»

«No. Niente parole in codice. Il trasferimento dei soldi dev’essere irrevocabilmente completato mercoledì pomeriggio, prima che la banca chiuda, in modo che il venerdì seguente io non debba fare altro che presentarmi al funzionario, permettergli di prelevarmi l’impronta, nel caso tu insista, e farmi consegnare il denaro.»

Riflettei in silenzio.

«Dopotutto, gentile amico mio», continuò, «che cosa accadrebbe se non ti piacesse la tua giornata da essere umano? E se non sentissi di avere speso bene il tuo denaro?»

«Spenderò bene il mio denaro», sussurrai, rivolgendomi più a me stesso che a lui.

«No», disse lui paziente, ma con ostinazione. «Nessuna parola in codice.»

Lo studiai. Mi sorrideva. Mostrava un’aria piuttosto innocente e appariva davvero giovane. Buon Dio, doveva pur avere significato qualcosa per lui, quel vigore giovanile. Come poteva non esserne rimasto abbagliato, almeno per un po’? Al principio, forse, aveva pensato di possedere tutto ciò che avesse mai potuto desiderare.

«Non per molto!» sbottò d’un tratto, come se non riuscisse a impedire alle parole di uscirgli di bocca.

Non potei fare a meno di ridere.

«Permettimi di raccontarti un piccolo segreto sulla giovinezza», aggiunse con improvviso distacco. «Bernard Shaw ha sostenuto che la giovinezza è rovinata dai giovani. Ricordi questa massima ingegnosa, sebbene un po’ sopravvalutata?»

«Sì.»

«Ebbene, non è così. I giovani sanno bene come la giovinezza possa essere difficile e veramente terribile. La loro giovinezza è guastata da tutti gli altri: è questo l’orrore. Il giovane non ha autorità, non ha rispetto.»

«Tu sei pazzo», esclamai. «Non mi sembra che tu apprezzi ciò che rubi né che tu lo utilizzi al meglio. Come potresti non entusiasmarti per il vigore puro e semplice? E per il trionfo della bellezza che vedi riflesso negli occhi di coloro che ti guardano ovunque tu vada?»

Scosse la testa. «Questo è un divertimento per te», replicò. «II corpo è giovane nel modo in cui tu sei sempre stato giovane. Ti entusiasmerai per il suo vigore, come dici. Ti glorierai per tutti quegli amorevoli sguardi…» S’interruppe. Bevve un ultimo sorso di caffè e rimase con gli occhi fissi sul fondo della tazza. «Nessuna parola in codice», ripeté con gentilezza.

«Benissimo.»

«Allora d’accordo», disse con un caldo, magnifico sorriso. «Ricordati che per questa somma io ti ho offerto una settimana. E tua la decisione di prendere un solo giorno intero. Forse, dopo che avrai avuto un assaggio, desidererai un periodo molto più lungo.»

«Forse», dissi. Ancora una volta, lo guardai e quasi mi persi nel contemplarlo. Osservai la grande mano calda che lui stava coprendo col guanto…

«E un altro scambio ti costerà un’altra bella somma», aggiunse, tutto allegro. E ancora sorrideva mentre si sistemava la sciarpa nel bavero del cappotto.

«Sì, certo.»

«II denaro non significa davvero niente per te, vero?» chiese poi, pensieroso.

«Assolutamente nulla.» Com’è tragico, pensai, che per te significhi tanto.

«Bene, me ne vado e ti lascio ai tuoi preparativi. Ci vedremo mercoledì, come deciso.»

«Non provare a piantarmi in asso», mormorai, sporgendomi in avanti e alzando la mano per toccargli il volto.

Il mio gesto lo fece trasalire. Rimase immobile, come un animale nel bosco che percepisce il pericolo là dove prima non c’era. Ma la sua espressione era calma, e io tenni le mie dita a contatto della sua pelle liscia e rasata.

Poi cominciai a farle scendere. Sentii prima la fermezza della mascella, poi gli appoggiai la mano sul collo: anche lì era passato il rasoio, lasciando dietro di sé una vaga ombra scura. La pelle appariva compatta, sorprendentemente tonica. Una fragranza giovane e pulita ne scaturì nel momento in cui vidi un rivolo di sudore scorrergli sulla fronte e le labbra piegarsi in un sorriso aggraziato.

«Di certo ti sei goduto almeno un po’ la tua giovinezza», dissi sottovoce.

Lui sorrise. Sembrava davvero consapevole del fatto che il suo sorriso era radioso e seducente.

«Io faccio gli stessi sogni dei giovani», ribatté. «E i giovani sognano sempre di diventare più vecchi, più ricchi, più saggi e più forti, non credi?» Ridacchiai.

«Mercoledì notte sarò là», ribadì con eloquente schiettezza. «Puoi starne certo. Vieni anche tu e… accadrà quello che vuoi, te lo prometto.» Si chinò in avanti e sussurrò: «Tu sarai in questo corpo!» Sorrise ancora una volta nel suo modo più accattivante e concluse: «Vedrai…»

«Adesso tu devi lasciare New Orleans.» «Sì, certo, subito», disse. E, senza aggiungere altro, si rialzò, tentando di nascondere la sua improvvisa paura. «Ho già il mio biglietto», disse. «Non mi piace il vostro lurido stagno caraibico.» Eruppe in una risatina di disapprovazione, a dire il vero piuttosto graziosa. Poi continuò, con il tono di un saggio insegnante che rimprovera uno studente. «Parleremo di più quando verrai a Georgetown. Nel frattempo non cercare di spiarmi, anche perché, se lo farai, verrò a saperlo: sono troppo bravo a scoprire questo genere di cose. Persino il Talamasca si sorprendeva dei miei poteri. Avrebbero dovuto tenermi con loro! Avrebbero dovuto studiarmi!»

«Ti spierò in ogni modo», dissi, facendo eco al suo tono di voce basso e circospetto. «Non m’importa affatto che tu lo sappia o no.»

Rise sommessamente, dopodiché mi fece un breve cenno di saluto e si precipitò verso la porta. Era tornato a essere un goffo individuo pieno di frenetica eccitazione, ma anche circondato da un’aura tragica, dal momento che quel corpo, se avesse avuto dentro un’altra anima, avrebbe potuto muoversi come quello di una pantera.