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«Voglio i dettagli», esordii. «Voglio sapere come hai fatto a spingerlo fuori del suo corpo e come sei riuscito a farlo entrare a forza nel tuo.»
Mercoledì, infine. Non era passata neanche mezz’ora dal tramonto del sole. Lui era trasalito quando gli ero apparso sulla soglia della porta sul retro.
Eravamo seduti nella cucina bianca e immacolata, una stanza curiosamente priva di mistero per un incontro così esoterico. Un’unica lampadina, all’interno di una struttura in rame, inondava il tavolo di una luce morbida e rosata, che conferiva alla scena un ingannevole calore.
Continuava a nevicare e, dall’interrato, proveniva il rombo basso e continuo della caldaia. Con evidente fastidio del padrone di casa, mi ero portato appresso il cane. Dopo qualche rassicurazione, l’animale giaceva tranquillo come una sfinge, con lo sguardo rivolto verso di noi e le zampe anteriori allungate davanti a sé sul pavimento lucido. Di tanto in tanto James gli lanciava occhiate inquiete, e a ragione. Il cane lo guardava come se quell’uomo avesse il Diavolo in corpo e come se il Diavolo conoscesse tutta la storia.
James appariva molto più rilassato di quanto non fosse stato a New Orleans: era in tutto e per tutto il gentiluomo inglese che faceva affidamento sull’alta e giovane figura per conquistare una posizione di vantaggio. Indossava un maglione grigio attillato, che gli aderiva in modo seducente all’ampio torace, e un paio di pantaloni scuri.
Portava vari anelli d’argento alle dita e un ordinario orologio al polso, particolari che non ricordavo. Mi stava studiando con un vago bagliore negli occhi, molto più facile da tollerare rispetto ai suoi sorrisi abbaglianti. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da lui, da quel corpo che ben presto avrebbe potuto essere mio.
Riuscivo a sentire l’odore del sangue che gli scorreva nelle vene, e ciò accese in me una cupa, sorda bramosia. Più lo guardavo, più mi chiedevo cosa sarebbe accaduto se avessi bevuto il suo sangue, tutto, sino allo sfinimento. Avrebbe tentato di fuggire dal corpo lasciandomi tra le braccia solo un respirante guscio?
Guardai i suoi occhi e pensai: stregone. Un’insolita, particolare eccitazione cancellò d’un tratto l’impulso a nutrirmi. Non ero ancora sicuro che lui potesse fare lo scambio, comunque. Magari la serata si sarebbe conclusa semplicemente con un bel banchetto.
Riformulai la mia domanda: «Come hai trovato questo corpo? Come hai indotto l’anima di quell’altro corpo a entrare nel tuo?»
«Mi ero messo alla ricerca di un esemplare adatto: un uomo psicolabile, incapace d’intendere e di volere, eppure fìsicamente a posto, col cervello sano. La telepatia è un bell’aiuto in simili faccende, poiché solo qualcuno con facoltà telepatiche avrebbe potuto raggiungere i residui d’intelligenza nascosti dentro di lui. Io dovevo agire sul suo livello inconscio più profondo, per così dire, convincendolo che mi trovavo lì per aiutarlo, che lo consideravo una brava persona, che ero dalla sua parte. E una volta raggiunto quel nucleo elementare, è stato abbastanza facile saccheggiare le sue memorie e manipolarlo, riducendolo all’obbedienza.» Scrollò le spalle. «Povero ragazzo. Le sue risposte erano intrise di superstizione. Ho il sospetto che, alla fine, mi considerasse il suo angelo custode.»
«E tu l’hai tirato fuori del suo corpo con l’inganno?» «Sì, è proprio ciò che ho fatto, con una serie di suggestioni bizzarre e piuttosto elaborate. Ancora una volta la telepatia si è dimostrata una potente alleata. Bisogna essere telepatici, davvero, per manipolare gli altri a quel modo. La prima volta si è alzato forse di mezzo metro, poi, bang, è tornato nella carne, più per un riflesso condizionato che per un atto di volontà. Ma io sono stato paziente, molto paziente. E quando infine sono riuscito ad attirarlo fuori del corpo per diversi secondi, quel breve lasso di tempo è stato sufficiente per consentirmi di saltarvi dentro. Ho poi concentrato subito la mia intensa energia per costringerlo a entrare in ciò che era rimasto di me.» «Hai sistemato tutto a puntino.»
«Ebbene, noi siamo anima e corpo, lo sai», disse sorridendo. «Ma perché discutere di tutto questo? Tu sai come uscire dal tuo corpo, per te non sarà difficile.»
«Potrei sorprenderti. Che cos’è accaduto a quell’uomo una volta che si è ritrovato nel tuo corpo? Si è reso conto di ciò che era successo?»
«Assolutamente no. Stiamo parlando di un uomo stupido e ignorante, nonché, come dire… deforme dal punto di vista psicologico.»
«E tu non gli hai dato neppure un attimo di vita in più, vero? Tu l’hai ucciso e basta.»
«Monsieur de Lioncourt, è stato un atto di pietà! Come sarebbe stato terribile lasciarlo in quel corpo, disorientato com’era! Lui non sarebbe mai più tornato in sé, qualunque corpo avesse potuto occupare. E poi aveva massacrato la sua famiglia. Anche il neonato…»
«E tu in questo c’entri qualcosa?»
«Che pessima opinione hai di me! Niente affatto. Io tenevo d’occhio gli ospedali in attesa di un esemplare simile: sapevo che ne sarebbe capitato uno. Ma perché queste domande? David Talbot non ti ha detto che ci sono numerosi casi di scambio documentati negli archivi del Talamasca?»
David non me lo aveva detto. D’altra parte, non potevo biasimarlo. «E tutti i casi hanno implicato l’omicidio?» chiesi.
«No. Alcuni sono stati frutto di un accordo, come quello che abbiamo concluso io e te.»
«Mi meraviglia: la nostra è una ben strana accoppiata.»
«Sì, ma è anche bella, come accoppiata, devi ammetterlo. Il corpo che ho in serbo per te è molto attraente», esclamò, passandosi la mano aperta sull’ampio torace. «Non splendido come il tuo, è ovvio. È molto bello, però! Proprio quello che tu puoi pretendere. Per quanto riguarda il tuo corpo, cos’altro posso aggiungere? Spero che tu non sia stato ad ascoltare David Talbot sul mio conto. Che sequela di tragici errori ha commesso quell’individuo…»
«Cosa vuoi dire?»
«Lui è schiavo di quella misera organizzazione», rispose. «II Talamasca lo controlla completamente. Se avessi potuto parlare con lui, avrebbe compreso la portata di quello che avevo da offrire, che potevo insegnare. Ti ha raccontato delle sue scappatelle nella vecchia Rio? Sì, è una persona eccezionale, una persona che mi piacerebbe aver conosciuto. Ma, te lo posso dire, è meglio non contrariarlo.»
«Come posso impedirti di uccidermi non appena ci saremo scambiati i corpi? Perché questo è ciò che hai fatto alla creatura che hai attirato nel tuo vecchio corpo: l’hai uccisa con un colpo alla testa.»
«E così hai parlato con Talbot», replicò, senza farsi confondere dalle mie parole. «Oppure hai condotto l’indagine per conto tuo? Venti milioni di dollari: ecco che cosa m’impedirà di ucciderti. Io ho bisogno del corpo per andare in banca, ricordi? È stato davvero mirabile da parte tua raddoppiare la somma. Ma avrei tenuto fede all’accordo per dieci. Ah, tu mi hai liberato, Monsieur de Lioncourt. A partire da questo venerdì, proprio alla stessa ora in cui Cristo fu inchiodato alla croce, io non sarò più costretto a rubare.»
Bevve un sorso del suo tè caldo. Nonostante l’apparenza, stava diventando sempre più ansioso. E un’ansia analoga, ma ancor più snervante, stava crescendo in me. E se funzionasse? mi chiedevo con insistenza.
«Oh, ma funzionerà», disse in quel suo tipico modo grave e sincero. «E ci sono altre eccellenti ragioni che illustrano i motivi per cui io non cercherò di farti del male: vediamole.»