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«Non del tutto.» Presi dalla tasca un portafoglio, lo aprii, sfilai circa la metà delle banconote che vi si trovavano e gliele diedi.

«Ah, già, il contante per le piccole spese. Come sei premuroso a ricordartene… Nella mia eccitazione mi sto dimenticando di tutti i particolari importanti. È imperdonabile, e tu sei un tale gentiluomo.»

Raccolse le banconote e ancora una volta si fermò prima d’infilarle nelle tasche. Le rimise sul tavolo e sorrise.

Posai la mia mano sul portafoglio. «II resto è per me, una volta fatto lo scambio. Confido che la somma che ti ho dato sia sufficiente. Il ladruncolo che è in te non sarà indotto ad appropriarsi di quello che rimane?»

«Farò del mio meglio per comportarmi bene», disse in tono benevolo. «Ora vediamo: vuoi che mi cambi i vestiti? Ho rubato questi in tuo onore.» «Sono perfetti.»

«Ritieni forse che debba svuotarmi la vescica? O vorresti avere tu il privilegio?» «Vorrei averlo.»

Annuì. «Ho fame: pensavo che avresti gradito mangiare tu stesso. Lungo la strada c’è un eccellente ristorante, Paolo’s: la sua specialità sono gli spaghetti alla Carbonara. Puoi arrivarci a piedi anche con la neve.»

«Splendido. Io non ho fame: ho pensato che per te sarebbe stato più facile. Hai parlato di una macchina. Dov’è?»

«Ah, sì, la macchina. È fuori, a sinistra rispetto alla scala anteriore. Una Porsche, una spider rossa. Ho supposto che ti sarebbe piaciuta. Qui ci sono le chiavi. Ma fai attenzione…» «A cosa?»

«Be’, alla neve, è ovvio. Potresti non riuscire a muoverla affatto.»

«Grazie per l’avvertimento.»

«Non voglio che tu ti faccia del male. Se venerdì non sarai qui, come deciso, potrebbero saltare i miei venti milioni. A ogni buon conto, la patente con la foto giusta è nello scrittoio del soggiorno. C’è qualcosa che non va?»

«Gli abiti per te», dissi. «Ho dimenticato di procurarne altri, oltre a quelli che ho indosso.»

«Oh, ho pensato a questo molto tempo fa, mentre curiosavo nella tua camera d’albergo a New York. Ho il mio guardaroba, non ti preoccupare, e mi piace quell’abito di velluto nero. Tu poi vesti magnificamente. L’hai sempre fatto, vero? D’altra parte la tua epoca aveva abiti così sontuosi… Deve sembrarti alquanto triste, questo secolo. Sono bottoni antichi quelli? Ah, bene, avrò il tempo per esaminarli.»

«Dove andrai?»

«Dove voglio, è ovvio. Ti stai perdendo d’animo?»

«No.»

«Sai come guidare la macchina?»

«Sì. E, se così non fosse, lo imparerei.»

«Tu credi? Pensi che conserverai la tua intelligenza soprannaturale una volta che ti troverai in questo corpo? Mi sorprende. Non ne sarei così sicuro. Le piccole sinapsi del cervello mortale potrebbero non essere così veloci.»

«Io non so nulla di sinapsi», replicai.

«Va bene. Allora cominciamo.»

«Sì. Ora, direi.» Dentro di me il cuore si contrasse, diventando un piccolo nodo.

I suoi modi divennero d’un tratto imperiosi e autoritari. «Ascolta con attenzione», disse. «Voglio che ti sollevi al di fuori del tuo corpo, ma non prima che io abbia finito di parlare. Ti spingerai verso l’alto, è una cosa che hai già fatto. Quando sarai vicino al soffitto e, proprio sotto di te, vedrai noi due seduti a questo tavolo, farai uno sforzo mentale per entrare nel mio corpo. Non devi pensare a nient’altro. Non devi permettere che la paura interrompa la tua concentrazione. Non ti devi chiedere come ciò avvenga. Tu vuoi calarti in questo corpo. Tu vuoi connetterti completamente e istantaneamente a ogni sua fibra e a ogni sua cellula. Prova a figurartelo mentre lo fai. Immaginati già dentro.»

«Sì, ti seguo.»

«Come ti ho detto, nel corpo c’è qualcosa d’invisibile, qualcosa che è stato lasciato dall’occupante originario e che è desideroso di tornare alla completezza… attraverso la tua anima.»

Annuii. Lui continuò.

«Potresti avvertire una lunga serie di sensazioni spiacevoli. Questo corpo ti apparirà di una densità superiore, e proverai un senso di oppressione, mentre ci scivolerai dentro. Non esitare. Immagina che il tuo spirito pervada le dita di ogni mano e di ogni piede. Guarda attraverso gli occhi: è una cosa assai importante, perché gli occhi fanno parte del cervello e perché, mentre lo fai, fissi te stesso lì dentro. A quel punto non verrai più liberato dalle vibrazioni, puoi stare sicuro. Una volta che sarai dentro, per uscire ci vorrà un bello sforzo.»

«Durante lo scambio, ti vedrò in forma incorporea?»

«No, non mi vedrai. Potresti, ma ciò implicherebbe un notevole sforzo di concentrazione che ci porterebbe lontano dal nostro obiettivo. A te non interessa che questo corpo. Vuoi entrarvi e cominciare a muoverlo, a respirare e a vedere attraverso di lui, come ho detto.»

«Sì.»

«Ora, una cosa che ti spaventerà è la vista del tuo corpo inanimato oppure occupato da me. Non consentire che quello spettacolo abbia la meglio su di te. Bisogna avere una certa dose di fiducia e anche di umiltà. Credimi, se ti dico che porterò a termine la possessione senza far male al tuo corpo, andandomene poi subito, così da non costringerti a guardare il ‘ricordo’ di ciò che abbiamo fatto. Non mi rivedrai fino a venerdì mattina, come d’accordo. Io non ti rivolgerò la parola, perché il suono della mia voce che esce dalla tua bocca potrebbe sconvolgerti e confonderti. Capisci?»

«Quale suono avrà la tua voce? E la mia?»

Ancora una volta rivolse uno sguardo all’orologio, poi di nuovo a me. «Ci saranno alcune differenze», disse. «La dimensione della laringe è diversa. Quest’uomo, per esempio, ha conferito una lieve profondità alla mia voce, una profondità che di solito non possiedo. Ma tu manterrai il tuo ritmo, il tuo accento, i tuoi modelli linguistici, è ovvio. Solo il timbro sarà differente. Sì, è questo il termine corretto.»

Gli lanciai una lunga occhiata. «È importante che io creda nella fattibilità della cosa?»

«No», rispose con un ampio sorriso. «Questa non è una seduta spiritica. Non devi esibirti in professioni di fede davanti al medium. Lo capirai in un attimo. Ora, cos’altro c’è da aggiungere?» S’irrigidì, facendosi in avanti sulla sedia.

Il cane proruppe in un ringhio. Lo calmai, allungando la mano.

«Procedi!» disse allora James, all’improvviso, mentre la voce diventava un sussurro. «Esci dal tuo corpo. Ora!»

Mi appoggiai bene alla sedia facendo un altro cenno al cane, per tranquilizzarlo. Dopodiché mi costrinsi a innalzarmi e avvertii d’un tratto una vibrazione che mi percorreva per intero. Subentrò poi la meravigliosa consapevolezza della mia ascesa: mi stavo sollevando, una forma incorporea senza peso proprio al di sotto del soffitto bianco, mentre la mia sagoma di uomo — ancora completa di braccia e gambe — rimaneva comunque visibile. Guardai in basso e vidi lo stupefacente spettacolo del mio corpo ancora seduto sulla sedia. Oh, che splendida sensazione: mi sembrava di poter andare ovunque in un istante! Era come se non avessi bisogno del corpo e il mio legame con lui fosse stato un’illusione fin dal momento della nascita.

Il corpo fisico di James ricadde un poco in avanti e le sue dita cominciarono a muoversi verso l’esterno sulla superficie bianca del tavolo. Non dovevo distrarmi. Lo scambio era la cosa importante!

«Giù, giù, dentro quel corpo!» gridai, anche se non si udì nessuna voce. Poi, senza parole, mi costrinsi a ricadere in quella struttura fisica, a fondermi con quella nuova carne.

Sentii un frastuono riempirmi le orecchie, poi percepii un senso di oppressione, come se il mio intero essere fosse spinto attraverso un tubo stretto e scivoloso. Una cosa atroce! Volevo liberarmi. Eppure avvertii che stavo andando a riempire le braccia e le gambe vuote, che la carne si appesantiva e formicolava, chiudendosi sopra di me. Anche sul volto avvertivo sensazioni analoghe, come se su di esso stesse calando una maschera.