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Perché mi trovo qui? So che questo è un sogno. Non è la morte. La morte non ha un particolare riguardo per le persone.

«Sei sicuro?» disse lei. Sedeva eretta contro lo schienale della sedia, coi capelli d’oro raccolti in un nastro blu e pantofole di raso blu ai piedini. Dunque lei era lì nel letto e lì sulla sedia, la mia piccola bambola francese, la mia bella, con il collo del piede lungo e arrotondato, e con le piccole mani dalla forma perfetta.

«E tu, tu sei qui con noi, in un letto del pronto soccorso di Washington. Tu lo sai, vero, che stai per morire?»

«È una grave ipotermia, polmonite, molto probabilmente. Ma come facciamo a sapere con quali infezioni abbiamo a che fare? Trattatelo con antibiotici. Non c’è modo di dargli l’ossigeno. Se lo mandiamo alla clinica universitaria, potrebbe finire in corridoio anche là.»

«Non lasciatemi morire. Vi prego… ho così paura.»

«Siamo qui con te, ci stiamo prendendo cura di te. Puoi dirmi come ti chiami? C’è qualche familiare che possiamo avvertire?»

«Dai, spiega chi sei veramente», disse con una piccola risata argentina, con quella sua voce sempre così delicata e graziosa. Mi basta guardarla per sentire le sue tenere e piccole labbra. Mi piaceva premere il dito contro il suo labbro inferiore, quando le baciavo le palpebre e la fronte levigata.

«Non fare l’impertinente!» sibilai. «E poi, chi sono io, qui?»

«Non un essere umano, se è questo che intendi. Non c’è nulla che ti possa rendere umano.»

«Va bene, ti concederò cinque minuti. Perché mi hai portato qui? Cosa vuoi che dica? Che sono dispiaciuto per quello che ho fatto, per averti presa da quel letto e per averti reso una vampira? Va bene, vuoi la verità, la verità nuda e cruda strappata sul mio letto di morte? Non so se mi dispiace. Mi dispiace che tu abbia sofferto, questo sì. Mi dispiace per chiunque debba soffrire. Ma io non posso affermare con certezza di provare rammarico per quel piccolo gioco di prestigio.»

«Non hai un po’ di paura a stare così, da solo?» «Se la verità non può salvarmi, non esiste nulla che possa farlo.» Come odiavo l’odore di malattia intorno a me, l’odore di tutti quei piccoli corpi febbricitanti e sudati sotto le coperte grigie, nel piccolo, sudicio e disperato ospedale di tanti decenni prima.

«Padre mio che sei all’inferno, Lestat sia il tuo nome.» «E tu? Dopo che il sole ti ha bruciato nel pozzo d’aria del Teatro dei Vampiri, sei andata all’inferno?»

Una risata, una purissima risata, simile a una cascata di monete luccicanti rovesciate da una borsetta. «Non te lo dirò mai!»

«Ora, io so che questo è un sogno. Lo è stato fin dal principio. Perché mai qualcuno dovrebbe tornare dalla morte per dire cose così vacue e insignificanti?»

«Succede di continuo, Lestat. Non essere così agitato. Voglio che tu faccia attenzione. Guarda questi piccoli letti, guarda questi bambini che soffrono.»

«Io ti ho portato via di lì», dissi.

«Sì, nello stesso modo in cui Magnus ha portato via te dalla tua vita, dandoti in cambio qualcosa di mostruoso e di perverso. Tu hai fatto di me un’assassina dei miei fratelli e delle mie sorelle. Tutti i miei peccati hanno origine da quel momento, quando sei venuto da me, sollevandomi da quel letto.»

«No, non puoi dare a me la colpa di tutto. Non lo accetto. È il padre la causa dei crimini del proprio figlio? Va bene. E se questo fosse vero, chi c’è a tenerne conto? È questo il problema, non capisci? Non c’è nessuno.»

«Dunque è giusto che noi uccidiamo?» «Io ti ho dato la vita, Claudia. Non è stato per sempre, questo no, ma si trattava comunque di vita. E anche la nostra vita è meglio della morte.»

«Come menti, Lestat. ‘Anche la nostra vita’, dici. La verità è che tu pensi che la nostra vita maledetta sia meglio della vita stessa. Ammettilo. Guardati ora, qui, nel tuo corpo umano. Come lo odi.»

«È vero. Lo devo ammettere. Ma sentiamo anche la tua voce, quella che viene dal cuore, mia bella, mia piccola incantatrice.

Avresti veramente scelto la morte in quel minuscolo letto invece della vita che ti ho dato? Su, dimmi. O questa è come un’aula di tribunale mortale, dove il giudice e gli avvocati possono mentire, mentre solo quelli che stanno nel banco dei testimoni devono dire la verità?»

Lei si fece pensierosa, mentre con una mano paffuta giocava col bordo ricamato del vestito. Quando abbassò lo sguardo, la luce brillò sulle guance e sulla piccola bocca scura. Ah, che creazione! La bambola vampira.

«Che cosa ne sapevo io di scelte?» replicò, guardando fisso davanti a sé, con gli occhi grandi, vitrei e pieni di luce. «Io non avevo raggiunto l’età della ragione quando tu hai messo in atto la tua opera oscena. A proposito, padre, c’è una cosa che ho sempre voluto sapere: ti è piaciuto lasciarmi succhiare il sangue dal tuo polso?»

«Questo non ha importanza», bisbigliai. Distolsi lo sguardo, rivolgendolo al piccolo derelitto moribondo sotto la coperta. Vidi l’infermiera passare con noncuranza di letto in letto. Indossava un abito logoro e portava i capelli acconciati in uno chignon. «I bambini mortali sono concepiti nel piacere», dissi, sebbene ignorassi se lei mi stava ancora ascoltando. Non volevo guardarla. «Io non posso mentire. Non importa se c’è un giudice o una giuria. Io…»

«Non parlare. Ti ho dato una combinazione di /armaci che ti aiuterà. La febbre ti sta già scendendo. Stiamo riassorbendo la congestione nei tuoi polmoni.»

«Non lasciarmi morire, ti prego, non farlo. È tutto incompiuto ed è mostruoso. Andrò all’inferno se ne esiste uno, anche se non ci credo. E se c’è, è un ospedale come questo, pieno di bambini malati, bambini moribondi. Ma penso che ci sia soltanto la morte.»

«Un ospedale pieno di bambini?»

«Ah, guarda il modo in cui lei ti sorride, come ti posa la mano sulla fronte. Le donne ti amano, Lestat. Lei ti ama, anche in quel corpo, guardala. Un amore così!»

«Perché lei dovrebbe preoccuparsi per me? È un’infermiera, non è vero? E io sono un moribondo.»

«E che splendido moribondo. Avrei dovuto sapere che tu non avresti fatto questo scambio a meno che qualcuno non ti offrisse un corpo meraviglioso. Che essere inutile e superficiale che sei! Guarda il viso. È più bello del tuo.»

«Io non volevo andare così lontano!»

Lei mi lanciò un sorriso malizioso, mentre il volto le si accendeva nella stanza scura e tetra.

«Non ti preoccupare, io sono con te. Rimarrò a sedere proprio qui con te finché non starai meglio.»

«Ho visto tanti umani morire. Io ho provocato le loro morti. È così semplice e sleale il momento in cui la vita esce dal corpo. Loro scivolano via, e basta.»

«Stai dicendo delle cose strampalate.»

«No, ti sto dicendo la verità, e tu lo sai. lo non posso affermare che, se sopravvivo, farò ammenda. Non penso che sia possibile. Tuttavia l’idea di morire mi spaventa a morte. Non lasciarmi andare la mano.»

«Lestat, perché siamo qui?» Louis?

Alzai gli occhi. Lui si trovava sulla porta del nudo e piccolo ospedale, smarrito e un po’ scarmigliato, come mi era apparso nella notte in cui l’avevo creato, quando lui aveva cessato di essere il giovane mortale accecato dalla furia per diventare il tenebroso gentiluomo con la pace negli occhi e la pazienza infinita di un santo nell’anima.