Выбрать главу

«Aiutami ad alzarmi», dissi. «Devo prenderla dal lettino.» Lui tese la mano, ma era così confuso. Non aveva forse condiviso con me quella colpa? No, naturalmente no, perché lui era sempre impacciato e sofferente: faceva ammenda per tutto ciò che faceva anche se poi lo faceva lo stesso. Io ero il Diavolo. Io ero l’unico che potesse sollevarla dal lettino.

Era giunto il momento di mentire col medico. «Quella bambina è mia figlia.»

E lui sarebbe stato così felice di avere un fardello in meno! «La prenda, Monsieur, e grazie.» Guardò con gratitudine le monete d’oro che buttai sul letto. Già, feci proprio così. «Grazie. Dio la benedica.»

Sono sicuro che lo farà. Come sempre. Anch’io benedico lui. «Dormi ora. Non appena ci sarà una camera disponibile, ti porteremo lì, starai più comodo.»

«Perché ci sono tante persone, qui? Ti prego, non lasciarmi.»

«No, rimarrò con te. Rimarrò seduta proprio qui.» Le otto. Giacevo sulla branda con l’ago infilato nel braccio. La sacca di plastica con dentro il liquido catturava la luce e io riuscivo a vedere l’orologio. Lentamente girai la testa.

Là c’era una donna. Indossava un cappotto il cui colore molto scuro contrastava col bianco delle calze e delle scarpe morbide e spesse. Portava i capelli raccolti in uno chignon e stava leggendo. Aveva un viso largo, dalla struttura ossea molto forte, la pelle luminosa e grandi occhi color nocciola. Le sue sopracciglia erano scure e perfettamente disegnate e, quando alzò lo sguardo verso di me, la sua espressione mi piacque molto. Chiuse il libro senza fare rumore e sorrise.

«Stai meglio», disse. La sua voce era profonda e sommessa. Sotto i suoi occhi, si scorgeva una vaga ombra azzurrognola.

«Davvero?» Il frastuono mi faceva male alle orecchie. C’era tanta gente, e le porte venivano aperte e chiuse in continuazione.

Lei si alzò, si avvicinò lungo il corridoio, e mi prese la mano tra le sue. «Oh, sì, molto meglio.»

«Dunque vivrò?»

«Sì», rispose lei. Ma non ne era sicura. Voleva che io capissi che non lo era?

«Non lasciarmi morire in questo corpo», dissi, inumidendomi le labbra con la lingua. Erano così inaridite! Mio Dio, come odiavo quel corpo, il sollevarsi del petto, anche la voce che usciva dalle labbra. E il dolore che sentivo dietro gli occhi era insopportabile.

«Ci risiamo», sussurrò, mentre il suo sorriso diventava più luminoso.

«Siediti qui con me.»

«Ti ho già detto che non me ne sarei andata. Starò qui con te.»

«Se aiuti me, aiuti il Diavolo», bisbigliai.

«È così che mi hai detto.»

«Vuoi sentire tutta la storia?»

«Solo se resti calmo mentre la racconti, se ti prendi il tempo necessario per farlo.»

«Che viso incantevole hai. Come ti chiami?»

«Gretchen.»

«Sei una suora, vero, Gretchen?»

«Come lo sai?»

«Posso vederlo. Da un particolare delle tue mani: la piccola fede d’argento. E da qualcosa nel tuo volto: una certa radiosità, tipica di coloro che credono. E poi dal fatto che tu sia rimasta con me, Gretchen, anche se gli altri ti dicevano di andar via. Riconosco le suore, quando le vedo. Io sono il Diavolo e, quando incontro la bontà, la riconosco.»

Erano lacrime quelle che intravedevo sospese nei suoi occhi? «Ti stai burlando di me», disse gentilmente. «C’è una targhetta qui sulla mia tasca che indica che io sono una suora, non è così? Sorella Marguerite.»

«Non l’avevo vista, Gretchen. Non volevo farti piangere.» «Tu stai meglio. Molto meglio. Credo che tra poco starai bene.»

«Io sono il Diavolo, Gretchen. Oh, non Satana in persona, non il Figlio del Mattino. Però sono cattivo, molto cattivo. Certamente un demone di prim’ordine.» «Tu stai sognando. È la febbre.»

«Non sarebbe splendido? Ieri me ne stavo nella neve, tentando d’immaginare proprio una cosa del genere, che tutto il male della mia vita non fosse altro che il sogno di un uomo mortale. Non ho una simile fortuna, Gretchen. Il Diavolo ha bisogno di te. Il Diavolo sta piangendo. Vuole che tu gli tenga la mano. Tu non hai paura del Diavolo, vero?»

«Non se chiede un atto di misericordia. Dormi ora. Stanno arrivando per darti un’altra dose. Non vado via. Ecco, porterò la sedia di fianco al letto in modo che tu possa tenermi la mano.» «Cosa stai facendo, Lestat?»

Eravamo nella suite del nostro albergo, un luogo di certo migliore di quel fetido ospedale (preferirò sempre la suite di un bell’albergo a un fetido ospedale). Louis aveva bevuto il suo sangue: il povero, indifeso Louis.

«Claudia, Claudia, ascoltami. Torna in te, Claudia… Sei malata, mi senti? Tu devi fare come ti dico, per guarire.» Affondai i denti nella carne del mio polso e, quando il sangue cominciò a sgorgare, lo portai alle sue labbra. «Proprio così, cara, ancora di più…»

«Prova a bere un po’ di questo.» Lei fece scivolare la mano dietro il mio collo. Ah, che dolore quando sollevai la testa. «È del tutto insapore. Non è affatto come il sangue.» Le sue palpebre apparivano pesanti e levigate. Come la donna greca dipinta da Picasso, lei sembrava così semplice, nella sua sana, forte e robusta struttura ossea. Qualcuno aveva mai baciato la sua bocca da suora?

«Qui la gente sta morendo, vero? Ecco perché i corridoi sono stipati. Sento piangere. È un’epidemia, non è così?»

«È un brutto momento», disse, muovendo appena le sue labbra virginali. «Ma tu starai bene. Io sono qui.»

Louis era così in collera.

«Ma perché, Lestat?»

Perché lei era meravigliosa, perché stava morendo, perché volevo vedere se avrebbe funzionato. Perché nessuno la voleva e lei era là. Io la presi tra le braccia. Perché era qualcosa che io potevo realizzare, come, in chiesa, la fiamma detta piccola candela riesce a crearne una nuova pur conservando la propria luce. È il mio modo di creare, il solo che conosco, non vedi? Eravamo in due fino a un momento prima, poi siamo diventati tre.

Lui era così afflitto, nel suo lungo mantello nero, eppure non riusciva a smettere di guardarla, a distogliere gli occhi dalle levigate guance colar avorio e dai suoi polsi sottili. Provate a immaginare: una bambina vampira! Una di noi.

«Capisco.»

Chi ha parlato? Ero trasalito, ma non era Louis: era David. Se ne stava lì accanto, con la sua copia della Bibbia. Louis alzò lo sguardo. Lui non sapeva chi era David.

«Siamo vicini a Dio quando creiamo qualcosa dal nulla? Quando abbiamo la pretesa di essere la minuscola fiamma che ne genera altre?»

David scosse il capo. «Un brutto errore.»

«Lo è il mondo intero, allora. Lei è nostra figlia…»

«lo non sono vostra figlia. Io sono figlia della mia mamma.»

«No, cara, non più.» Alzai gli occhi su David. «Ebbene, rispondimi.»

«Perché rivendichi aspirazioni così elevate per quello che hai fatto?» chiese, ma c’era in lui una tale compassione, una tale delicatezza… Louis era ancora sconvolto, mentre teneva lo sguardo fisso su di lei e sui suoi piedini bianchi. Erano così seducenti, quei piedini!

«E allora ho deciso di accettare. Non m’importava ciò che lui intendesse fare col mio corpo. Mi bastava che riuscisse a farmi entrare per ventiquattr’ore in questa forma mortale, così che io potessi vedere la luce del sole, provare le stesse sensazioni degli esseri umani, conoscere la loro debolezza e la loro sofferenza…» Mentre parlavo, le stringevo la mano.