«No, c’è una feroce volontà di annullamento in te. Tu sei affamata d’amore nello stesso modo in cui io, notte dopo notte, mi affanno alla ricerca di sangue. Ti punisci facendo l’infermiera e negando i tuoi desideri carnali, la tua passione per la musica e tutte le altre cose del mondo che sono come la musica. Tu sei una virtuosa, una virtuosa del tuo stesso dolore.»
«Hai torto, Lestat», disse lei, scuotendo la testa con un altro breve sorriso. «Tu sai che non è vero. È quello che vorresti credere di una come me. Lestat, ascoltami. Se ciò che mi hai raccontato corrisponde a verità, allora era destino che tu m’incontrassi.»
«Vale a dire?»
«Vieni, siediti qui con me e parliamo.» Non so perché esitai. Non so perché avevo paura. Infine, tornai a sedermi sulla coperta e mi misi di fronte a lei con le gambe incrociate e la schiena appoggiata al fianco della libreria.
«Non capisci?» chiese. «Io rappresento una strada opposta, una strada che tu non hai mai considerato e che potrebbe portarti proprio la consolazione che cerchi.»
«Gretchen, tu non credi affatto che io ti abbia raccontato la verità su di me. Non puoi crederlo. Non mi aspetto che tu lo faccia.»
«Ti credo! Credo a ogni tua parola. E la pura verità, di per sé, non ha importanza. Tu vuoi qualcosa che i santi cercavano nel momento in cui si mettevano al servizio di Cristo, rinunciando così alla loro vita normale. E non importa che tu non ci creda, non è rilevante. Ciò che conta è che finora hai condotto un’esistenza infelice, al limite della follia, e che la mia strada potrebbe offrirti un’alternativa.»
«Stai dicendo tutto questo a me?» chiesi. «Certo che sì. Non vedi il collegamento? Arrivi in questo corpo, mi cadi tra le braccia, mi regali l’attimo d’amore di cui ho bisogno. Ma cosa ti ho dato io? Che significato ho io per te?» Alzò la mano per impedirmi di ribattere. «No, non parlare di nuovo dei grandi schemi. Non chiedere se esiste un vero Dio. Pensa a quello che ti ho detto. Il mio discorso era rivolto a me, ma anche a te. Quante vite hai preso durante la tua esistenza soprannaturale? Quante vite ho salvato, in senso letterale, nelle missioni?»
Ero pronto a ribattere. Invece m’imposi di aspettare, rimanere in silenzio e riflettere.
Mi assalì di nuovo il pensiero agghiacciante che avrei potuto non recuperare mai più il mio corpo soprannaturale, rimanendo imprigionato in quella carne mortale per tutta la vita. Se non fossi riuscito a catturare il Ladro di Corpi e a farmi aiutare dagli altri, quella morte che dicevo di volere sarebbe stata mia, prima o poi. Ero ricaduto nella morsa del tempo.
E se ci fosse stato davvero un disegno, in tutto quello? Se ci fosse stato un destino? E se io avessi trascorso la mia vita mortale a lavorare come faceva Gretchen, dedicandomi agli altri per intero, anima e corpo? E se fossi andato con lei in quell’avamposto nella giungla? Oh, non come suo amante, ovvio. Era evidente che quelle cose non facevano per lei. Ma se l’avessi seguita come suo assistente, come aiutante? E se avessi seppellito la mia vita mortale proprio nell’annullamento di me stesso?
Di nuovo, m’imposi di rimanere in silenzio.
C’era però un fattore che lei ignorava: l’abbondanza di risorse che io avrei potuto dare alla sua missione e ad altre simili. E benché quella ricchezza fosse così vasta che alcuni uomini non sarebbero riusciti neppure a calcolarla, io sapevo farlo. Potevo figurarmi, in una visione fiammeggiante, i suoi limiti e i suoi effetti: popolazioni d’interi villaggi nutrite e vestite, ospedali riforniti di medicine, scuole attrezzate con libri, lavagne, radio e pianoforti. Sì, pianoforti. Oh, ma quella era una vecchia storia, quello era un vecchio sogno.
Rimasi in silenzio a riflettere. Immaginai di passare i giorni, ogni singolo giorno della mia possibile vita mortale, a spendere una fortuna in quel sogno. La vidi come sabbia che scivolava attraverso la strozzatura di una clessidra.
Già, in quel preciso istante, mentre ce ne stavamo seduti in una piccola stanza pulita, la gente moriva di fame in India, in Africa. Ovunque nel mondo, uomini e donne perivano di malattia o travolti dalle catastrofi naturali. Le alluvioni portavano via le loro abitazioni, la siccità inaridiva il loro cibo e le loro speranze. Anche la miseria di un’unica nazione era più di quanto la mente potesse tollerare, pure se quella miseria veniva descritta per sommi capi.
Ma se anche avessi riservato tutto ciò che possedevo al compimento di quell’impresa, che cosa avrei ottenuto, in fin dei conti? Come potevo essere sicuro che la medicina moderna in un villaggio della giungla funzionasse meglio degli antichi sistemi? Come potevo sapere se l’educazione data a un bambino in quelle condizioni avrebbe significato per lui la felicità? Come potevo avere la certezza che tutto ciò sarebbe valso l’annullamento di me stesso? Come potevo anche solo fare sì che me ne importasse qualcosa? Era quello l’orrore.
Non m’importava. Avrei potuto piangere per una singola anima che soffrisse, questo sì, ma sacrificare la mia vita a milioni di senzanome sparsi per il mondo proprio non m’interessava! Mi riempiva piuttosto di terrore, di un terribile e oscuro terrore. Era triste, più che triste. Non era vita, quella. Sembrava addirittura l’opposto della trascendenza.
Scossi il capo. A voce bassa, balbettando, le spiegai perché quella visione mi spaventava. «Secoli fa, quando per la prima volta mi sono ritrovato a Parigi sul palcoscenico di un piccolo teatro, davanti ad applausi e a visi felici, mi sono sentito come se anima e corpo avessero trovato il loro destino. Mi è parso che ogni promessa fatta al momento della mia nascita e nel corso della mia infanzia avesse trovato infine il proprio adempimento. Oh, c’erano altri attori, migliori e peggiori, altri cantanti, altri pagliacci. Un milione ce ne sono stati dopo di allora e un milione ne verranno. Ma ognuno di noi brilla del proprio inimitabile potere, ognuno di noi diventa vivo nel suo unico e abbagliante momento, ognuno di noi ha la sua occasione per superare per sempre gli altri nella mente dello spettatore: è questo l’unico genere di risultato che riesco davvero a concepire, il tipo di raggiungimento in cui il sé — e intendi pure questo sé — ne esce completo e trionfante. Sì, avrei potuto essere un santo, hai ragione, ma avrei dovuto fondare un ordine religioso o condurre un esercito in battaglia, avrei dovuto fare miracoli di tale portata da far cadere il mondo in ginocchio. Io devo osare, anche se ho torto marcio. Gretchen, Dio mi ha dato un’anima individuale e io non la posso seppellire.»
Mi stupii nel vedere che lei mi stava ancora sorridendo, mentre il suo viso appariva soffuso di quieta meraviglia. «È meglio essere re all’inferno che servo in paradiso?» chiese con cautela. «Oh, no. Io porterei il paradiso in terra, se potessi. Ma devo alzare la voce e devo brillare, cercando di raggiungere proprio l’estasi che tu hai negato, la grande intensità dalla quale sei fuggita! Per me è questa la trascendenza! Quando ho creato Claudia, benché si trattasse di un grossolano errore, ebbene, quella era trascendenza. Quando ho creato Gabrielle, benché sembrasse perverso, era trascendenza. Non moriranno, ho detto… Sì, probabilmente ho fatto ricorso alle stesse parole che tu rivolgi ai bambini del villaggio. Eppure è stato per portare Claudia e Gabrielle nel mio mondo soprannaturale che io ho pronunciato quelle parole. Lo scopo non era di salvarle, bensì di trasformarle in ciò che ero io, un essere unico e terribile. Volevo conferire loro la stessa individualità che io amavo. Saremmo vissuti, perfino in questo stato che chiamano morte vivente, avremmo amato, provato sensazioni, opposto resistenza a coloro il cui intento era di giudicarci e distruggerci. Era quella la mia trascendenza. E né la volontà di annullamento né la redenzione ne facevano parte.» Oh, com’era frustrante non riuscire a esprimerle i miei pensieri, far sì che lei mi credesse. «Non capisci? Io sono sopravvissuto a tutto ciò che mi è successo perché sono quello che sono. La mia potenza, la mia volontà, il mio rifiuto a cedere: questi sono gli unici elementi presenti nel mio cuore e nella mia anima cui riesco davvero a dare un nome. Il mio ego, se così vuoi chiamarlo, è la mia forza. Io sono il vampiro Lestat e nulla… nemmeno questo corpo mortale… potrà sconfiggermi.»