Mi stupì vederla annuire. Aveva sul viso un’espressione di totale accettazione. «Se tu venissi con me, il vampiro Lestat cesserebbe di esistere, vero?» mormorò. «Lui morirebbe della sua stessa redenzione.»
«Sì, morirebbe a poco a poco e in modo orribile nelle piccole mansioni ingrate, prendendosi cura di sterminate orde di esseri senza volto ed eternamente bisognosi.»
Mi sentii all’improvviso così triste da non riuscire a continuare. Provavo una stanchezza mortale: la chimica della mia mente aveva forse agito sul corpo. Pensai al mio sogno e al discorso che avevo fatto a Claudia. Lo avevo raccontato di nuovo a Gretchen, ed ebbi la sensazione di conoscermi come mai prima.
Sollevai le ginocchia e vi appoggiai le braccia, abbandonando il capo in avanti. «Non posso farlo», dissi sottovoce. «Non posso seppellirmi vivo come hai fatto tu. E non lo voglio nemmeno: e questa è la parte terribile. Io non lo voglio fare! Non credo che questo mi salverebbe l’anima. Non credo che farebbe differenza.»
Sentii le sue mani sulle braccia. Mi stava di nuovo accarezzando i capelli, tirandoli indietro dalla fronte.
«Ti capisco», sussurrò. «Anche se sbagli.»
Mi abbandonai a una breve risata mentre alzavo lo sguardo verso di lei. Presi un tovagliolo e mi asciugai il naso e gli occhi. «E non ho scosso la tua fede, vero?»
«No», rispose. Il suo sorriso era diverso, più caldo e più autenticamente radioso. «L’hai confermata», sussurrò. «Che persona strana sei, e com’è miracoloso il fatto che tu sia venuto da me. Posso quasi credere che la strada che hai scelto sia giusta per te. Chi altri potresti essere? Nessuno.»
Mi appoggiai all’indietro e sorbii un piccolo sorso di vino. Si era riscaldato per via del fuoco, ma il sapore era ancora buono, e mi trasmise un lieve fremito di piacere alle membra inerti. Ne bevvi ancora, poi riposi il bicchiere e la guardai. «Ti voglio fare una domanda», dissi. «Tu rispondimi con schiettezza. Se vinco la mia battaglia, cioè se riesco a riconquistare il mio corpo, vuoi che io venga da te? Vuoi che dimostri di averti raccontato la verità? Pensaci bene prima di rispondere. Io lo vorrei fare, davvero. Ma non sono sicuro che sia la cosa migliore per te. La tua è una vita quasi perfetta, una vita da cui il nostro piccolo interludio carnale non può distoglierti. Prima avevo ragione, vero? Adesso sai che il piacere erotico non è davvero importante per te e che tornerai al tuo lavoro nella giungla molto presto, se non subito.»
«Questo è vero», ammise. «Però c’è qualcos’altro che dovresti sapere. Per un attimo, stamattina, ho pensato di poter abbandonare tutto… solo per stare con te.»
«No, non tu, Gretchen.»
«Sì, io. Mi sono sentita trascinare via, come faceva una volta la musica. E se tu, anche adesso, mi dicessi ‘vieni con me’, io forse verrei. Se quel tuo mondo esistesse davvero…» S’interruppe alzando di nuovo le spalle, poi scosse il capo, riaggiustandosi i capelli. «Castità significa non innamorarsi», continuò, mentre mi guardava. «Io potrei innamorarmi di te. Lo so che potrei.» Si fermò, poi aggiunse con voce bassa e turbata: «Potresti diventare il mio dio. So che è così».
Mi spaventò, eppure sentii subito uno spudorato senso di piacere e di appagamento, una triste fierezza. Tentai di non cedere all’eccitazione fisica che a poco a poco si stava impadronendo di me. Dopotutto, lei non si rendeva conto di quello che diceva.
Non poteva rendersene conto. Eppure c’era qualcosa di assai convincente nella sua voce e nei suoi modi.
«Tornerò laggiù», disse con lo stesso tono, pieno di sicurezza e di umiltà. «Forse partirò tra pochi giorni. Tuttavia, se vincerai questa battaglia, se riconquisterai la tua vecchia forma, per l’amor di Dio, vieni da me. Sì, io voglio… saperci»
Non risposi subito. Ero troppo confuso, ma poi espressi il mio turbamento. «Sai, quando io verrò da te per rivelarti il mio vero essere, potresti rimanere delusa, potrebbe essere orribile.»
«Perché dici così?»
«Tu pensi a me come a un essere umano sublime, per via dei discorsi spirituali che abbiamo fatto. Mi vedi come una specie di santo che, nella sua follia, trabocca di verità e di errori come potrebbe fare un mistico. Ma io non sono umano. E, quando te ne renderai conto, forse odierai tutto questo.»
«No, io non potrei mai odiarti. E sapere che tutto ciò che hai detto è vero, be’, quello sarebbe… un miracolo.»
«Forse, Gretchen, forse. Ma ricordati le mie parole. Noi siamo una visione senza rivelazione, un miracolo senza significato. Vuoi davvero portare questa croce insieme con tutte le altre?»
Non rispose. Stava valutando le mie parole. Non riuscii a immaginare che cosa potessero significare per lei. Mi allungai per prenderle la mano e lei me lo permise, ripiegando dolcemente le sue dita intorno alle mie, mentre continuava a fissarmi.
«Non c’è nessun Dio, non è vero, Gretchen?»
«No, non c’è», sussurrò.
Avrei voluto ridere e piangere nel contempo. Feci una risatina sommessa e rimasi a osservarla. Se ne stava seduta con tranquillità statuaria, mentre la luce del fuoco si rifletteva nei suoi occhi chiari.
«Tu non sai che cos’hai fatto per me», disse. «Non sai quanto abbia significato la tua presenza. Adesso sono pronta, pronta a tornare.»
Annuii. «Allora, mia cara, non ha importanza se ci buttiamo insieme in quel letto ancora una volta, no? Perché dovremmo farlo.»
«Sì, credo che dovremmo», rispose.
Era quasi buio quando la lasciai, trascinando nel piccolo bagno il telefono col suo lungo filo per chiamare il mio agente di New York. Ancora una volta, il numero suonava a vuoto. Ero sul punto di rinunciare e di rivolgermi di nuovo al mio uomo di Parigi, quando udii una voce impacciata ed esitante: sottovoce, mi disse che in realtà il mio agente di New York era morto. Era stato aggredito nel suo ufficio su Madison Avenue, parecchie notti prima. Ormai era assodato che il movente dell’aggressione fatale era il furto: il suo computer era sparito e, con esso, ovviamente, tutti i suoi file.
Ero così sbalordito che non riuscivo a rispondere alla voce dall’altra parte del telefono. Infine mi ripresi a sufficienza per porre alcune domande.
Il delitto aveva avuto luogo mercoledì sera, verso le otto. No, nessuno-conosceva l’entità del danno causato dal furto dei file. Sì, sfortunatamente il pover’uomo aveva sofferto.
«Una situazione terribile, terribile», disse la voce. «Se lei fosse a New York, non potrebbe fare a meno di esserne al corrente. Ogni giornale della città ha riportato la storia. L’hanno chiamato l’’omicidio del vampiro’: il corpo è stato interamente prosciugato di tutto il suo sangue.»
Riagganciai il telefono, e per un lungo momento rimasi lì seduto, in silenzio, irrigidito dalla paura. Poi chiamai Parigi. Il mio agente rispose dopo una breve attesa.
Grazie a Dio avevo chiamato, mi disse. Comunque mi dovevo identificare. No, le parole in codice non erano sufficienti. E che ne era stato allora delle conversazioni che avevamo avuto in passato? Ah, sì, sì, era così. Parli, parli, continuò. Sciorinai una litania di segreti noti soltanto a me e a quell’uomo, e potei avvertire il suo grande sollievo quando infine ebbe la certezza che, all’altro capo del filo, c’ero io.
Stavano succedendo le cose più strane, mi spiegò. Era stato contattato due volte da qualcuno che pretendeva di essere me, e che di certo non lo era. Quell’individuo conosceva persino due delle parole chiave usate in passato e aveva fornito una storia fantasiosa sul perché non fosse al corrente delle ultime. Nel frattempo, gli erano pervenuti parecchi ordini elettronici per spostamenti di fondi, ma ogni volta i codici erano errati. Anche se non del tutto. Infatti, c’era motivo di credere che quella persona fosse ormai in procinto di penetrare nel nostro sistema.