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Avevo raccontato tutto.

In un impeto di mortale sincerità, avevo descritto ogni spaventosa, sconcertante esperienza: dalla mia conversazione con Raglan James fino all’ultimo, triste addio a Gretchen. Avevo anche raccontato dei miei sogni, di me e di Claudia nel piccolo ospedale di molto tempo prima, della nostra conversazione nel salotto della suite dell’albergo del XVIII secolo, e della triste e terribile solitudine da me provata nell’amare Gretchen, perché sapevo che, in cuor suo, lei mi credeva pazzo, ed era quello l’unico motivo del suo trasporto per me. Aveva creduto che io fossi un beato idiota, nulla di più.

Ero devastato, distrutto. Non avevo idea di dove scovare il Ladro di Corpi, ma dovevo trovarlo. E quella ricerca avrebbe potuto, cominciare soltanto se, prima, fossi tornato vampiro, se nel mio potente corpo fosse tornato a scorrere il sangue soprannaturale. Mi sarei ritrovato soltanto col potere trasmessomi da Louis e tuttavia, benché debole, sarei comunque stato circa venti volte più forte di quanto non lo fossi come mortale. Forse mi sarei persino azzardato a chiedere aiuto agli altri, perché chissà che novellino sarei diventato. Una volta trasformato il corpo, la mia voce avrebbe avuto poteri telepatici, permettendomi di chiedere aiuto a Marius, ad Armand, o anche a Gabrielle. Sì, anche alla mia amata Gabrielle, perché lei non sarebbe più stata la mia creatura e mi avrebbe potuto sentire, cosa che, nel naturale ordine delle cose, ammesso che si potesse usare quel termine, non sarebbe riuscita a fare.

Louis sedette alla scrivania, dimentico delle correnti d’aria, naturalmente, e della pioggia che picchiettava sulle persiane. Aveva tutto il tempo, lui. Gli parlavo e lui mi ascoltava in silenzio, guardandomi con espressione addolorata e stupita mentre, in preda all’eccitazione, balzavo in piedi e cominciavo a misurare la stanza a lunghi passi, continuando le mie divagazioni.

«Non giudicarmi per la mia stupidità», lo implorai. Gli raccontai di nuovo della mia prova nel deserto dei Gobi, della strana conversazione con David e della sua visione nel caffè di Parigi. «Ero in uno stato di cieca disperazione quando ho fatto quella scelta. Tu sai perché ho agito così. Non c’è bisogno che te lo dica. Ma ora tutto ciò dev’essere annullato.»

Ormai non riuscivo quasi più a smettere di tossire, mentre mi soffiavo il naso con quei miseri fazzolettini di carta. «Non puoi immaginare come sia rivoltante stare in questo corpo», esclamai. «Ora, per favore, agisci in fretta, ricorri alle tue abilità migliori. Sono passati cento anni da quando l’hai fatto per l’ultima volta, grazie a Dio. Il potere non è andato perso. Sono pronto. Non c’è bisogno di preparazione. Una volta ripresa la mia forma, sbatterò quel ladro in questo corpo e lo ridurrò in cenere.»

Lui non rispose.

Ripresi a camminare per la stanza, nel tentativo di mantenermi caldo, e anche perché una terribile apprensione si stava impadronendo di me. Dopotutto, stavo per morire per poi rinascere, com’era successo più di duecento anni prima. Ah, ma non avrei sentito dolore. No, nessuna sofferenza… solo quei terribili fastidi che non erano nulla se paragonati al dolore al petto che provavo, o al freddo che mi attanagliava i piedi e le mani.

«Louis, per amor di Dio, fa’ presto», implorai. Mi fermai a guardarlo. «Cosa c’è? Che c’è che non va?»

Con voce molto bassa e incerta rispose: «Non posso farlo».

«Come?»

Lo fissai, cercando di capire che cosa intendesse, quali dubbi potesse nutrire, quali difficoltà ci fossero da superare. E mi accorsi di quale terribile cambiamento avesse subito il suo volto affilato: tutta la levigatezza si era dissolta, trasformandosi in una maschera di rammarico. Ancora una volta mi resi conto che lo stavo vedendo come lo vedeva un essere umano. Un debole scintillio rossastro velava i suoi occhi verdi. In realtà, la sua intera figura, in apparenza così solida e potente, stava tremando.

«Non posso farlo, Lestat», ripeté. E tutta la sua anima sembrò riversarsi in quelle parole. «Non posso aiutarti!»

«Che mi stai dicendo, in nome di Dio?» gli chiesi. «Io ti ho creato! Tu esisti stanotte grazie a me! Tu mi ami, sono queste le parole che mi hai detto. È ovvio che mi aiuterai.» Mi precipitai verso di lui, piantando le mani sulla scrivania e fissandolo negli occhi. «Louis, rispondimi! Cosa vuoi dire con ‘non posso aiutarti’?»

«Oh, non ti biasimo per la tua scelta. No di certo. Ma non ti rendi conto di ciò che è accaduto? Lestat, ci sei riuscito. Sei rinato come uomo mortale.»

«Louis, non è il momento di fare i romantici sulla mia trasformazione. Non rinfacciarmi quello che io stesso ho detto! Ho sbagliato.»

«No, non hai sbagliato.»

«Che vuoi dire? Louis, stiamo sprecando tempo. Devo andare alla ricerca di quel mostro! Lui ha il mio corpo.»

«Lestat, di lui se ne occuperanno gli altri. Forse lo hanno già fatto.»

«Già fatto! Cosa significa?»

«Non credi che sappiano quello che è successo?» Appariva profondamente angosciato, ma anche incollerito. Mentre parlava, le rughe di espressione del suo viso si spianavano, poi si rivelavano di nuovo. «Come sarebbe potuta accadere una cosa simile senza che loro se ne accorgessero?» esclamò, quasi mi stesse supplicando di capire. «Mi hai descritto questo Raglan James come uno stregone: nessuno stregone può sottrarsi a creature potenti come Maharet o sua sorella, come Khayman e Marius, o anche come Armand. E che stregone maldestro, poi, a uccidere il tuo agente mortale in modo così sanguinario e crudele.» Scosse il capo, premendosi all’improvviso le mani sulle labbra. «Lestat, loro sanno ! Devono sapere. E forse il tuo corpo è già stato distrutto.»

«Non lo farebbero.»

«Perché no? Tu hai consegnato a quel demone un perfetto strumento di distruzione…»

«Ma lui non sapeva come usarlo! Era unicamente in cambio di trentasei ore di vita mortale! Louis, in ogni caso, mi devi dare il sangue. Rimandiamo a dopo le prediche. Opera la Magia Tenebrosa e io troverò le risposte a tutte le domande. Stiamo sprecando ore, minuti preziosi.»

«No, Lestat. Non stiamo affatto sprecando tempo, è questo il punto. Non dobbiamo preoccuparci del Ladro di Corpi e del corpo che ti ha rubato, bensì di ciò che sta succedendo a te e alla tua anima dentro questo corpo.»

«Va bene. Hai ragione. Adesso però trasforma questo corpo in un vampiro!»

«Non posso. O, meglio, non voglio.»

Senza riuscire a trattenermi, mi lanciai su di lui e in un istante gli afferrai le falde del polveroso cappotto nero. Tirai il tessuto, pronto a sollevarlo dalla sedia, ma lui rimase inamovibile, mentre mi guardava in silenzio, il volto triste e provato. Come una furia impotente, lasciai la presa e rimasi là, immobile, cercando di placare il tumulto che sentivo nel cuore.

«Non è possibile che tu voglia davvero fare quello che dici», lo supplicai, battendo di nuovo i pugni sulla scrivania. «Come puoi negarmi ciò?»

«Ora mi permetterai di amarti?» chiese con la voce di nuovo carica di emozione e il viso soffuso di profonda tristezza. «Non potrei farlo, e non importa quanto tu soffra, con quanta foga mi abbia supplicato, o quale spaventosa catena di eventi tu mi abbia elencato. Non posso farlo perché per nessuna ragione al mondo creerò un altro della nostra specie. Eppure tu non mi hai causato una profonda infelicità. Non sei affatto perseguitato da una spaventosa catena di disastri!» Scosse la testa, sopraffatto, come se non fosse in grado di continuare, e poi aggiunse: «Tu hai trionfato in questo come solo tu potevi fare».