«No, no, non capisci…»
«Oh, sì, invece, capisco. Devo metterti davanti a uno specchio?» Si alzò da dietro la scrivania e mi fissò. «Devo farti sedere e costringerti a esaminare la lezione del racconto che ho ascoltato dalle tue stesse labbra? Lestat, tu hai realizzato il nostro sogno! Non te ne rendi conto? Ce l’hai fatta! Sei rinato come uomo mortale. Un mortale forte e attraente!»
«No», urlai. Indietreggiai, scuotendo il capo e implorandolo con le mani alzate. «Tu sei pazzo. Non sai quello che stai dicendo. Io detesto questo corpo! Detesto essere un umano. Louis, se c’è in te un briciolo di compassione, metti da parte simili illusioni e ascolta le mie parole!»
«Ti ho ascoltato. Ho sentito tutto. Perché non mi ascolti tu? Lestat, hai vinto. Ti sei liberato dall’incubo. Sei di nuovo vivo.»
«Io sono un infelice!» gli urlai. «Un infelice! Mio Dio, che cosa devo fare per convincerti?»
«Nulla. Sono io a dover convincere te. Quanto tempo hai vissuto in quel corpo? Tre giorni? Quattro? Parli dei disagi come se si trattasse di fatali disgrazie, dei limiti fisici come se fossero restrizioni maligne e punitive. Eppure tu stesso, con le tue infinite lamentele, mi hai suggerito di respingerti! Tu stesso mi hai implorato di mandarti via. Lestat, perché mi hai raccontato la storia di David Talbot e della sua ossessione per Dio e il Diavolo? Perché riferirmi i discorsi di sorella Gretchen? Perché descrivermi il piccolo ospedale che hai visto nel tuo sogno febbricitante? Oh, lo so che non è stata Claudia a venire da te. Non voglio dire che Dio abbia messo quella donna, Gretchen, sulla tua strada. Ma tu la ami, lo hai ammesso. Lei sta aspettando il tuo ritorno; può diventare la tua guida tra i dolori e i fastidi della vita mortale…»
«No, Louis, hai frainteso tutto. Io non voglio che lei mi guidi. Non voglio questa vita mortale!»
«Lestat, non riesci a vedere quale opportunità ti è stata data? Non riesci a scorgere il cammino che ti si apre davanti e, in fondo, la luce?»
«Se non la smetti con questi discorsi, finirò per impazzire…» «Lestat, che cosa possiamo fare, noi, per redimerci? E chi più di te è stato ossessionato da questa domanda?»
«No, no!» Alzai le braccia al ciclo e le incrociai più volte, come se stessi cercando di arrestare la corsa di un autocarro carico di pura follia lanciato contro di me. «No! Tutto ciò è falso. È la peggiore delle bugie.»
Mi diede le spalle e io, incapace di trattenermi, mi gettai di nuovo verso di lui. Stavo per afferrarlo e scuoterlo quando lui, con un gesto troppo rapido per il mio occhio, mi scagliò all’indietro, contro la sedia. Stordito, con una caviglia slogata e dolorante, ricaddi sui cuscini e chiusi a pugno la mano destra, battendola nel palmo dell’altra. «Oh, no, niente sermoni, non ora.» Ero alle lacrime. «Non voglio banalità o raccomandazioni bigotte.»
«Torna da lei», disse. «Tu sei pazzo!»
«Pensa…» continuò come se non avessi parlato, dandomi la schiena mentre, forse, teneva lo sguardo fisso sulla finestra. A malapena ne udivo la voce e la sua sagoma scura si stagliava contro il riflesso argenteo della pioggia battente. «Pensa a tutti gli anni di disumano desiderio, di nutrimento maledetto e sordo a ogni rimorso. Tu sei rinato. E là, in quel piccolo ospedale nella giungla, in teoria potresti salvare una vita umana per ognuna di quelle che hai preso. Ma che razza di angeli custodi sono i tuoi, che ti perdonano? Perché sono così misericordiosi? E vieni da me a implorarmi di riportarti in quest’orrore, mentre ogni tua parola testimonia lo splendore di ciò che hai visto e sofferto.»
«Io metto a nudo la mia anima per te e tu usi questa cosa contro di me!»
«Oh, no, Lestat. Cerco solo di farti ragionare. Tu mi stai pregando di riportarti da Gretchen. Sono forse io l’unico angelo custode? Sono forse io l’unico che può ratificare il tuo destino?»
«Miserabile bastardo, figlio di puttana! Se non mi dai il sangue…»
Si voltò. Il suo viso pareva quello di un fantasma, con grandi occhi, orribili e innaturali nella loro bellezza. «Non lo farò. Né ora, né domani, né mai. Torna da lei, Lestat. Vivi la tua vita mortale.»
«Come osi fare questa scelta al posto mio?» Ero di nuovo in piedi. Ormai era finito il tempo delle lamentele e delle suppliche.
«Non aggredirmi ancora, altrimenti ti farò del male. E non voglio», disse in tono paziente.
«Tu mi hai ucciso! Ecco ciò che hai fatto. Tu pensi che io creda alle tue bugie! Mi hai condannato a questo marcio, puzzolente corpo dolorante, ecco ciò che hai fatto! Pensi che io non riconosca la profonda ostilità che c’è in te, la vera faccia del castigo, quando la vedo? Per amor di Dio, dimmi la verità.»
«Questa non è la verità. Io ti amo. Ma adesso sei accecato dall’impazienza e sfinito da semplici malesseri e dolori. Sei tu che non mi perdoneresti mai se ti derubassi del destino che ti appartiene. Ci vorrà un po’ di tempo perché tu comprenda il vero significato di ciò che sto facendo.»
«No, no, per favore.» Mi avvicinai a lui, ma non ero più in preda alla collera. Mi mossi lentamente, finché non arrivai ad appoggiargli le mani sulle spalle e annusare il lieve odore di polvere e morte che impregnava i suoi vestiti. Signore Iddio, come faceva la nostra pelle ad attirare la luce in modo così delicato? E i nostri occhi… Ah, guardarlo negli occhi.
«Louis. Voglio che tu mi prenda. Per favore, fa’ ciò che ti chiedo. Lascia a me le interpretazioni dei miei racconti. Prendimi, Louis, guardami.» Afferrai la sua mano fredda e senza vita, e me l’appoggiai sul volto. «Senti il sangue che c’è in me, senti il calore. Tu mi vuoi, Louis, lo sai. Mi vuoi, vuoi che io sia in tuo potere nello stesso modo in cui io ho avuto te in mio potere tanto, tanto tempo fa. Sarò la tua creaturina, il tuo bambino, Louis. Fallo, per favore. Fa’ che non ti debba implorare in ginocchio.»
Potei percepire in lui il cambiamento: un improvviso sguardo da predatore nei suoi occhi. Ma che cos’era più forte della sua sete? La sua volontà.
«No, Lestat», bisbigliò. «Non posso. Anche se io ho torto e tu hai ragione, e tutte le tue metafore sono senza senso, non posso farlo.»
Lo abbracciai: era così freddo e rigido, quel mostro che io avevo creato da carne umana. Gli premetti le labbra sulla guancia, sentendomi rabbrividire, e gli feci scivolare le dita intorno al collo. Non si allontanò da me; non riusciva a decidersi a farlo. Avvertii il lento e silenzioso sollevarsi del suo petto contro il mio. «Fammelo, per favore, tesoro», gli bisbigliai all’orecchio. «Prendi il mio calore nelle vene e restituiscimi il potere che una volta io ti diedi.» Premetti le labbra sulla sua bocca fredda e smorta. «Dammi il futuro, Louis. Dammi l’eternità. Fammi scendere da questa croce.»
Con la coda dell’occhio vidi la sua mano sollevarsi, poi avvertii le dita di velluto contro la mia guancia e una carezza sul collo. «Non lo posso fare, Lestat.»
«Puoi, lo sai che puoi», sussurrai, baciandogli l’orecchio. Mentre gli parlavo, cercavo di frenare le lacrime e gli feci scivolare intorno alla vita il mio braccio sinistro. «Non lasciarmi in questa sofferenza, non farlo.»
«Smettila d’implorarmi», disse addolorato. «È inutile. Ora me ne vado. Non mi rivedrai più.»
«Louis!» Mi avvinsi a lui. «Non puoi respingermi.» «Invece posso, e devo.»
Lo sentii irrigidirsi, mentre cercava di allontanarsi da me senza ferirmi. Lo tenni ancora più stretto, rifiutandomi di cedere.
«Non mi troverai più qui. Ma sai dove andare a cercare lei. Ti sta aspettando. Non ti rendi conto della vittoria che hai ottenuto? Ancora una volta ti ritrovi mortale, e così giovane, bello e in possesso di tutta la tua conoscenza e della volontà indomabile che ti ha sempre contraddistinto.» Con fermezza, mi allontanò le braccia senza fatica e mi spinse indietro, pur trattenendo le mie mani nelle sue. «Addio, Lestat», mormorò. «Forse gli altri verranno da te. Un giorno, quando riterranno che tu abbia pagato abbastanza.»