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«Ecco, con queste maledette dita mortali non riesco a fare il nodo alla cravatta», dichiarai, stizzito. «Ma perché mi sto mettendo così in ghingheri, David? Non vai mai in giro vestito con qualcosa di sportivo? Santo ciclo, sembra che dobbiamo andare a un funerale. Perché devo portare questo cappio al collo?»

«Perché senza sembreresti ridicolo, in un abito di tweed», rispose con noncuranza. «Vieni, lascia che ti aiuti.» Ancora una volta, aveva quello sguardo timido mentre mi si avvicinava. Capii che era molto attratto dal mio corpo; in quello precedente lo avevo sbalordito, ma in questo accendevo la sua passione. E mentre lo studiavo attentamente, e avvertivo la tenue, ma costante pressione dovuta al lavorio delle sue dita intorno al nodo della cravatta, mi resi conto che anch’io ero molto attratto da lui.

Pensai a tutte le volte che avevo desiderato prenderlo, circondarlo con le braccia, affondare con infinita tenerezza i denti nel suo collo e bere il suo sangue. Ah, adesso avrei potuto possederlo in un senso senza averlo in un altro. Avrei potuto sperimentare con lui quel modo tutto umano d’intrecciare gli arti e scambiarsi effusioni e dilettevoli abbracci. Magari gli sarebbero piaciuti. E sarebbero piaciuti a me.

L’idea mi paralizzò, trasmettendo un brivido a tutta la mia pelle umana. Mi sentii legato a lui, come lo ero stato alla giovane donna triste e sfortunata che avevo violentato, ai turisti in giro per la capitale coperta di neve, miei fratelli e sorelle, e alla mia amata Gretchen. La consapevolezza di essere un umano e di trovarmi in compagnia di un umano era così acuta e meravigliosa che d’un tratto ne ebbi timore. E capii che la paura faceva parte di quella bellezza.

Sì, finalmente ero mortale come lui. Strinsi le dita e raddrizzai la schiena, lasciando che il brivido si trasformasse in un’intensa sensazione erotica.

Allarmato, David si allontanò bruscamente da me, prese la giacca dalla sedia e mi aiutò a infilarla.

«Mi devi raccontare tutto quello che ti è successo», disse. «Fra circa un’ora potremo avere notizie da Londra; sapremo se il bastardo ha colpito ancora.»

Mi allungai e con la mia debole mano mortale gli strinsi la spalla, attirandolo verso di me. Lo baciai sulla guancia: di nuovo, si allontanò.

«Smettila con queste sciocchezze», sbottò, come se stesse rimproverando un bambino. «Voglio sapere tutto. Hai fatto colazione? Hai bisogno di un fazzoletto. Tieni.»

«Come ci arriveranno queste notizie da Londra?»

«All’albergo via fax da parte della Casa Madre. Ora vieni, andiamo a mangiare qualcosa. Ci aspetta una giornata di lavoro per cercare di capire la situazione.»

«Se non è già morto due notti fa a Santo Domingo», dissi con un sospiro. Mi sentivo di nuovo schiacciato da un senso di nera disperazione, che minacciava il mio delizioso impulso erotico.

David prese dalla valigia una lunga sciarpa di lana e me la sistemò intorno al collo.

«Non puoi telefonare di nuovo a Londra?» chiesi.

«È un po’ presto, ma farò un tentativo.»

Trovò il telefono vicino al divano e, per circa cinque minuti, intrattenne una fitta conversazione con qualcuno oltre oceano. Ancora nessuna notizia.

Apparentemente, la polizia di New York, quella della Florida e quella di Santo Domingo non comunicavano tra loro: tra quei crimini, infatti, non era ancora stato stabilito nessun collegamento.

Alla fine riappese e mi disse: «M’invieranno le informazioni via fax all’albergo non appena le avranno ricevute. Andiamo là, che dici? Per quanto mi riguarda, sono affamato. Sono stato qui tutta la notte, in attesa. E il cane, che cosa farai di quello splendido cane?»

«Ha già fatto colazione. Sarà contento di starsene nel giardino pensile. Sei molto ansioso di uscire da questo appartamento, vero? Perché non andiamo a letto insieme? Non capisco.»

«Stai dicendo sul serio?»

Feci spallucce. «Ma certo.» Cominciavo a essere ossessionato da quella semplice possibilità. Fare l’amore prima che accadesse qualsiasi altra cosa. Sembrava un’idea meravigliosa!

Tornò a fissarmi in silenzio, in modo esasperante e quasi ipnotico. «Ti rendi conto che il tuo è un corpo davvero magnifico, no? Voglio dire, non sei ignaro del fatto che sei stato depositato in un… bellissimo, giovane maschio.»

«L’ho guardato bene prima dello scambio, ricordi? Perché non vuoi…»

«Sei stato con una donna, vero?»

«Vorrei che non mi leggessi nel pensiero. È scortese. Inoltre, che t’importa?»

«Una donna che amavi.»

«Ho sempre provato amore per le donne come per gli uomini.»

«II tuo è un uso un po’ a sproposito della parola ‘amore’. Ascolta: adesso non lo possiamo fare. Quindi, comportati bene. Io devo sapere tutto su quella creatura, su quel James. Ci vorrà del tempo per formulare un piano.»

«Un piano. Pensi davvero che potremmo fermarlo?»

«Certo che lo penso!» Mi fece segno di seguirlo.

«Ma come?» chiesi. Stavamo uscendo.

«Dobbiamo osservare con attenzione il comportamento di quella creatura e valutarne i punti deboli e quelli di forza. E poi ricordati che siamo due contro uno, e abbiamo un notevole vantaggio.»

«Quale?»

«Lestat, libera il tuo cervello mortale dalle immagini erotiche e sfrenate che lo affollano, e seguimi. Io non riesco a pensare a stomaco vuoto e tu, evidentemente, non stai ragionando affatto.»

Mojo si avvicinò con passo felpato al cancello con l’intenzione di seguirci, ma io gli ordinai di fermarsi. Lo baciai teneramente sul lungo muso nero, e lui si accucciò sul cemento bagnato, limitandosi a scrutarmi con occhio deluso e severo mentre scendevamo le scale.

L’albergo si trovava a solo qualche isolato di distanza, e la passeggiata sotto il ciclo azzurro non fu spiacevole, a dispetto del vento tagliente. Tuttavia avevo troppo freddo per cominciare la mia storia; inoltre, la vista della città alla luce del sole continuava a distrarmi. Ancora una volta, rimasi impressionato dalla spensieratezza della gente, che se ne andava in giro di giorno. In quella luce tutto il mondo sembrava beato, nonostante la temperatura. E mentre guardavo, sentivo crescermi dentro un senso di tristezza, perché, sebbene affascinante e splendido, non volevo affatto rimanere in quel mondo pieno di sole.

Ridatemi la mia vista soprannaturale, pensai. Restituitemi la bellezza oscura del mondo della notte. In cambio della mia forza e della mia resistenza sovrumane rinuncerei volentieri per sempre a questo spettacolo. Il vampiro Lestat… c’est moi.

Fermandosi alla reception, David lasciò detto che ci saremmo accomodati nella caffetteria e che, se fosse arrivato un fax, avrebbero dovuto consegnarcelo subito. Poi ci sistemammo a un tavolo tranquillo nell’angolo di un’ampia sala dal soffitto ornato di stucchi e con tappezzerie di seta bianca. Quindi cominciammo a divorare una ricchissima colazione alla New Orleans, a base di uova, focaccine, pancetta fritta, salsa e spesse fette di pane imburrate.

Dovevo ammettere che, andando verso sud, il cibo era migliorato. Ormai me la cavavo anche meglio a mangiare, non m’ingozzavo più tanto e riuscivo a non martoriarmi la lingua coi denti. Il caffè denso e sciropposo della mia città natale superava la perfezione. E il dessert di banane flambée allo zucchero sarebbe stato sufficiente, da solo, a mettere in ginocchio qualsiasi essere senziente.

Ma più che cedere a simili delizie tentatrici o alla disperata speranza di ricevere presto qualche notizia da Londra, mi premeva raccontare a David l’intera triste storia. Lui insistette per maggiori dettagli, interrompendomi con numerose domande, così che il resoconto risultò molto più accurato di quello fatto a Louis, oltre che molto più doloroso per me. Che terribile sofferenza rivivere la mia ingenua conversazione con James nella villetta, confessare di non aver minimamente sospettato di lui e, infine, dover ammettere di essere stato troppo sicuro che un semplice mortale non sarebbe mai riuscito a ingannarmi. Seguì poi il racconto dell’infame stupro, il commovente resoconto del tempo passato con Gretchen, i tremendi incubi di Claudia e il congedo da Gretchen per tornare a casa da Louis che, fraintendendo ogni mia parola, aveva insistito con le sue interpretazioni e mi aveva negato ciò di cui avevo bisogno.