«Allora per quale motivo la gente può volerci andare?» chiesi.
«Be’, per lo più non ci vanno», confessò, grattandosi la cima della testa calva. «Fatta eccezione per le navi da crociera, naturalmente: hanno ricominciato a fermarsi là da qualche anno. Sì, ecco.» Mi mise in mano il dépliant di una piccola nave chiamata Corona dei Mari, molto graziosa a giudicare dalle fotografie, che andava a toccare tutte le isole, con ultima fermata a Curacao prima di riprendere il viaggio verso casa.
«Navi da crociera!» sussurrai, fissando l’immagine. I miei occhi si spostarono sui giganteschi poster di navi che ricoprivano le pareti dell’ufficio. «Ma certo, lui aveva fotografie di navi ovunque nella sua casa di Georgetown», esclamai. «David, è così! Si trova su un qualche tipo di nave! Non ricordi quello che mi avevi raccontato? Suo padre lavorava per una compagnia di navigazione. Lui stesso disse qualcosa a proposito del fatto di voler andare in America a bordo di una grande nave.»
«Mio Dio», replicò David. «Potresti avere ragione. New York, Bai Harbour…» Guardò l’impiegato dell’agenzia. «Le navi da crociera fermano a Bai Harbour?»
«A Port Everglades», precisò l’uomo. «Proprio lì vicino. Ma non sono in molte a partire da New York.»
«E Santo Domingo?» chiesi. «Si fermano là?» «Sì, quello è di certo un porto regolare. Tutte variano i loro itinerari. A quale tipo di nave stavate pensando?»
David annotò i luoghi e le notti in cui si erano verificate le aggressioni, senza un motivo logico apparente. Ma poi sembrò scoraggiarsi. «No», disse. «Riconosco che non è possibile. Quale nave da crociera potrebbe andare dalla Florida a Curacao coprendo quella distanza in tre notti?»
«Be’, ce n’è una», ribatté l’uomo dell’agenzia. «In effetti è salpata da New York la notte di mercoledì scorso. È la nave ammiraglia della linea Cunard, la Queen Elizabeth 2.»
«È lei», esclamai. «La Queen Elizabeth 2 ! David, è proprio la nave di cui lui mi aveva parlato. Hai detto che suo padre…»
«Ma io credevo che la Queen Elizabeth 2 facesse la traversata atlantica», replicò David.
«Non durante l’inverno», precisò l’uomo garbatamente. «Si trattiene nei Caraibi fino a marzo. Ed è forse la nave più veloce di tutti i mari. Può raggiungere i ventotto nodi. Ma, ecco, possiamo controllarne subito l’itinerario.»
Ricominciò a frugare tra le carte della sua scrivania, venendone fuori alla fine con una grande brochure stampata con caratteri eleganti, che aprì e distese con la destra.
«Sì, è partita da New York mercoledì. Ha attraccato a Port Everglades venerdì mattina ed è salpata prima della mezzanotte, dirigendosi poi dritta fino a Curacao, dov’è arrivata ieri mattina alle cinque. Ma non si è fermata nella Repubblica Dominicana, mi dispiace; per questo temo di non potervi essere d’aiuto.»
«Questo non importa, quello che conta è che ci è passata!» esclamò David. «È passata dalla Repubblica Dominicana la notte successiva! Guarda la carta. È chiaro che è così. Oh, quello sciocco. Te lo aveva praticamente detto lui, Lestat, con tutto quel folle e ossessivo chiacchierare! Si trova a bordo della Queen Elizabeth 2, la nave che stava così a cuore a suo padre, e sulla quale il vecchio ha trascorso tutta la vita.»
Ringraziammo l’uomo dell’agenzia per le carte e le brochure, e ci dirigemmo ai taxi davanti all’albergo.
«Oh, è proprio da lui!» esclamò David, mentre la macchina ci portava verso il mio appartamento. «Per questo pazzo ogni cosa rappresenta un simbolo. Lui era stato licenziato dalla Queen Elizabeth 2 tra lo scandalo e il disonore. Te lo avevo raccontato, ricordi? Ah, avevi ragione. Si tratta di un’ossessione, ed è stato lui stesso, il piccolo demone, a fornirti l’indizio.»
«Già. Inoltre il Talamasca non ha voluto mandarlo in America a bordo della Queen Elizabeth 2 e lui non ve l’ha mai perdonato.»
«Lo odio», sussurrò David, con uno slancio che mi stupì, nonostante le circostanze in cui ci trovavamo.
«Ma non è poi così sciocco», commentai. «Anzi è astuto in modo diabolico, non capisci? Certo, a Georgetown, chiacchierando, si è lasciato andare a qualche confidenza che possiamo attribuire al suo istinto di autodistruzione, però non credo si aspettasse che io lo capissi. E, francamente, se tu non mi avessi mostrato gli articoli sugli altri omicidi, forse non ci sarei mai arrivato da solo.»
«È possibile. Io penso che voglia essere catturato.»
«No, David. Si sta nascondendo. Da te, da me e dagli altri. Oh, è molto abile. Abbiamo questo stregone brutale, capace di nascondersi perfettamente, e dove va a rintanarsi? In un microcosmo brulicante di mortali, nel grembo di una nave ad alta velocità. Guarda l’itinerario! Ogni notte è in navigazione e solo di giorno rimane in porto.»
«Va bene», assentì David. «Tuttavia preferisco pensare a lui come a un idiota! E lo prenderemo! Dunque, mi hai detto di avergli dato un passaporto, non è vero?»
«Era a nome di Clarence Oddbody. Ma senz’altro non lo avrà usato.»
«Lo scopriremo presto. Il mio sospetto è che si sia imbarcato a New York nel solito modo: con tutte le cerimonie e lo sfarzo possibili, riservandosi per esempio la suite più elegante e concedendosi una passeggiata sul ponte superiore, davanti agli steward pronti a inchinarsi al suo passaggio. Le suite sul ponte più alto, le Grand Suites, sono enormi e lui non avrebbe nessuna difficoltà a tenervi un grosso baule come nascondiglio per il giorno. Nessuno steward addetto alle cabine si sognerebbe mai di disturbarlo.»
Eravamo finalmente arrivati davanti al mio appartamento. David pagò l’autista, quindi ci avviammo su per le scale.
Una volta a casa, ci sedemmo per esaminare l’itinerario della Queen Elizabeth 2 e gli articoli, e provammo a tracciare uno schema della modalità degli omicidi.
Era palese che quella bestia aveva ucciso il mio agente a New York solo alcune ore prima che la nave salpasse; dopodiché, aveva avuto tutto il tempo per imbarcarsi prima delle undici di sera. L’omicidio vicino a Bai Harbour era stato commesso poche ore prima dell’attracco; perciò lui doveva avere coperto una piccola distanza servendosi del volo, per fare ritorno alla sua cabina o a un altro nascondiglio prima del sorgere del sole. Per quanto riguardava l’assassinio di Santo Domingo, invece, aveva lasciato la nave forse per un’ora, per poi raggiungerla durante il suo viaggio verso sud. Si trattava di distanze irrisorie per lui; non doveva nemmeno ricorrere alla vista soprannaturale per localizzare la mastodontica Queen Elizabeth 2 che, a grande velocità, solcava il mare aperto. I delitti di Curacao avevano avuto luogo solo poco dopo che la nave era salpata, e lui, pur carico di tutto il suo bottino, l’aveva probabilmente ripresa in meno di un’ora.
In quel momento, la Queen Elizabeth 2 era di nuovo in viaggio verso nord. Aveva attraccato a La Guajira, sulla costa del Venezuela, solo due ore prima. Se il bastardo avesse colpito quella notte a Caracas o dintorni, saremmo stati certi di averlo scovato, ma non avevamo la minima intenzione di aspettare conferme alla nostra teoria.
«Va bene, ragioniamo un momento», dissi. «Possiamo correre il rischio d’imbarcarci anche noi sulla nave?»
«Certo, dobbiamo farlo.»
«Allora sarebbe meglio se ci procurassimo dei passaporti falsi, perché potremmo lasciarci alle spalle un bel trambusto. David Talbot non deve risultare implicato in nessun modo, e io non posso usare il passaporto che mi ha dato lui. Inoltre non so nemmeno dove l’ho lasciato; forse è ancora nella villetta di Georgetown. Dio solo sa perché ha usato il suo nome, magari per mettermi nei guai la prima volta che avessi tentato di passare la dogana.»