«È probabile. Posso occuparmi io dei documenti, prima di partire da New Orleans. È impossibile che riusciamo ad arrivare a Caracas alle cinque, prima che la nave salpi, perciò non ci resta che imbarcarci domani a Grenada. Avremo tempo fino alle cinque di sera. Molto probabilmente ci saranno cabine disponibili: sai, le disdette dell’ultimo minuto, a volte anche i decessi dell’ultimo minuto… Su una nave costosa come la Queen Elizabeth 2 c’è sempre qualcuno che muore. Senza dubbio James lo sa bene: così, con le dovute precauzioni, può nutrirsi quando vuole.»
«Ma perché? Perché dovrebbero esserci dei decessi sulla Queen Elizabeth 2?»
«Passeggeri anziani», tagliò corto David. «È una realtà della vita di crociera. La Queen Elizabeth 2 dispone di un ospedale per le emergenze. Una nave di quelle dimensioni è come un mondo galleggiante. Ma non dobbiamo preoccuparci: i nostri investigatori ci procureranno tutte le informazioni necessarie. Li metto subito al lavoro. Noi due possiamo raggiungere Grenada da New Orleans con facilità e avere il tempo per prepararci a quello che ci aspetta.
«Ora, Lestat, analizziamo la cosa nel dettaglio. Supponiamo di affrontare questo demone appena prima dell’alba e di riuscire a rispedirlo dritto dentro il tuo corpo mortale, ma se poi non possiamo controllarlo? Abbiamo bisogno di un nascondiglio per te… una terza cabina prenotata con un nome che non sia riconducibile a nessuno di noi due.»
«Giusto, una cabina nella parte centrale della nave, su uno dei ponti inferiori. Non il più basso, perché sarebbe troppo ovvio. Qualcosa nel mezzo, direi.»
«Ma con quale velocità riuscirai a muoverti? Ce la farai ad arrivare al ponte inferiore in pochi secondi?»
«Senza dubbio. Non preoccuparti per questo. Ciò che conta è avere a disposizione una cabina interna, abbastanza grande da contenere un baule. Be’, se metto un chiavistello alla porta, il baule non è essenziale, ma sarebbe comunque una buona idea.»
«Ah, capisco. Ora so ciò che dobbiamo fare. Tu riposati, bevi il tuo caffè, fatti una doccia, fa’ quello che vuoi. Io vado nella stanza accanto a telefonare a chi di dovere, al Talamasca, intendo, perciò lasciami solo.»
«Non dirai sul serio», ribattei. «Voglio sentire quello che stai…»
«Fa’ come ti dico. E trova qualcuno che si prenda cura di quello splendido cane. Non possiamo portarlo con noi! Sarebbe assurdo, e un animale simile non va trascurato.»
Si allontanò, chiudendomi fuori della camera, così da poter fare da solo tutte le sue eccitanti telefonate.
«Proprio quando cominciavo a divertirmi», borbottai.
Andai subito a recuperare Mojo, che stava dormendo nell’umido e freddo giardino pensile come se fosse la cosa più naturale del mondo. Lo portai giù dall’anziana signora del primo piano; tra i miei affittuari era la più cordiale, e di certo avrebbe avuto bisogno di qualche centinaio di dollari per ospitare un tenero cane. Al primo accenno della mia proposta, si mostrò entusiasta: Mojo avrebbe potuto usare il cortile dietro l’edificio, e lei aveva bisogno di denaro, oltre che di compagnia; e io non ero forse un simpatico giovanotto? Tanto simpatico quanto mio cugino, Monsieur de Lioncourt, un angelo custode per lei, mai ansioso d’incassare gli assegni dell’affitto.
Tornato all’appartamento, scoprii che David era ancora al lavoro e ancora si rifiutava di lasciarmi entrare. Mi disse di preparare il caffè, cosa che naturalmente non sapevo fare, perciò bevvi quello avanzato e chiamai Parigi.
Il mio agente rispose subito: stava proprio per inviarmi il rapporto che avevo richiesto sulla mia situazione finanziaria; tutto procedeva per il meglio; non c’erano stati ulteriori tentativi da parte del misterioso ladro, anzi l’ultimo risaliva a venerdì sera. Forse lo sconosciuto ci aveva rinunciato. Un’ingente somma di denaro mi aspettava presso la mia banca di New Orleans.
Invitai di nuovo il mio agente a prendere ogni precauzione e gli dissi che avrei richiamato presto.
Venerdì sera. Ciò significava che James aveva tentato di spillarmi i soldi per l’ultima volta prima che la Queen Elizabeth 2 lasciasse gli Stati Uniti. Per mare il bastardo era impossibilitato a tentare il furto via computer, e sicuramente non aveva intenzione di fare del male al mio agente di Parigi. Sempre che fosse tuttora soddisfatto della sua vacanzina a bordo della Queen Elizabeth 2. Perché nulla gl’impediva di abbandonare la nave in qualsiasi momento.
Tornai al computer e provai ad accedere ai conti di Lestan Gregor, lo pseudonimo sotto cui erano stati trasferiti i venti milioni alla banca di Georgetown. Proprio come sospettavo: Lestan Gregor esisteva ancora, ma risultava praticamente al verde, senza un soldo, saldo zero. I venti milioni trasferiti a Georgetown a disposizione di Raglan James erano sì tornati al signor Gregor venerdì alle dodici, ma poi erano stati subito prelevati dal conto. La transazione notificava che l’operazione era stata programmata la sera precedente; all’una di venerdì, il denaro se n’era andato, seguendo un percorso imprecisato. La storia era tutta lì, registrata nei codici numerici e nell’incomprensibile gergo delle banche, e qualsiasi idiota poteva vederla.
E proprio un idiota era l’individuo che si trovava allora a fissare lo schermo.
Quel bastardo mi aveva avvertito che era capace di rubare via computer. Senza dubbio aveva ottenuto le informazioni dal personale della banca di Georgetown in modo subdolo, magari violando telepaticamente le loro menti ignare, e procurandosi così i codici e i numeri che gli servivano. Qualunque mezzo avesse usato, disponeva di una fortuna, una fortuna che un tempo era stata mia. Lo odiavo ancora di più. Lo detestavo per avere ucciso il mio uomo a New York, per avergli fracassato i mobili e avere rubato ogni cosa dall’ufficio. Lo odiavo per la sua meschinità e la sua intelligenza, per la sua brutalità e per la sua audacia.
Rimasi seduto a bere il caffè avanzato, pensando a ciò che ci aspettava.
Allora compresi le azioni di James, benché sembrassero stupide. Fin dall’inizio avevo saputo che i suoi furti erano dovuti a una fame radicata nel profondo della sua anima. La Queen Elizabeth 2 era stata il mondo di suo padre, un mondo da cui lui, colto in flagrante mentre rubava, era stato tagliato fuori.
Sì, tagliato fuori, come gli altri avevano tagliato fuori me. E di certo aveva desiderato intensamente tornarvi, con tutta la ricchezza e il potere da poco acquisiti. Forse aveva cominciato a pianificarlo fin da quando avevamo fissato la data per lo scambio. Se io avessi rimandato lo scambio, senza dubbio avrebbe dovuto raggiungere la nave più tardi, in qualche altro porto. Per come andarono le cose, James poté cominciare il suo viaggio a poca distanza da Georgetown, e quindi colpire il mio agente prima che la nave salpasse.
Ah, il modo in cui era rimasto seduto in quella piccola cucina fiocamente illuminata di Georgetown, fissando in continuazione il suo orologio! Voglio dire, il mio orologio.
Infine David uscì dalla camera, blocnotes alla mano. Tutto era stato predisposto.
«Nessun Clarence Oddbody risulta imbarcato sulla Queen Elizabeth 2. Tuttavia, un misterioso giovane inglese di nome Jason Hamilton ha riservato la lussuosa suite Regina Vittoria solo due giorni prima che la nave salpasse da New York. Dobbiamo supporre che si tratti del nostro uomo. Avremo ulteriori informazioni dai nostri investigatori prima di arrivare a Grenada.
«Abbiamo una prenotazione in partenza da Grenada per due suite in coperta sullo stesso ponte del nostro misterioso amico. Possiamo imbarcarci domani a qualsiasi ora, prima che la nave salpi alle cinque del pomeriggio. Il primo volo parte da New Orleans fra tre ore. Avremo bisogno di almeno un’ora per ottenere un paio di passaporti falsi da un gentiluomo che mi è stato molto raccomandato per questo tipo di operazioni, e che ci sta già aspettando. Ho qui l’indirizzo.»