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L’animale era così vicino al vecchio che i suoi resti gli caddero addosso, e Lane dovette aiutarlo a rialzarsi.

— Grazie, Lane — disse ansando il Marinaio.

— Va al diavolo, vecchio! — sbottò Lane irritato. — D’ora in poi tieni tu l’implosore e te ne stai almeno a cento metri da me. E Dio ti aiuti se mi toccherà spappolare un altro Diavolo per causa tua.

Si avvicinò alle due carcasse intatte e le cosparse di conservante. Poi tornò ai resti del terzo e finì di distruggerli con l’implosore riducendoli a una pozza di liquido scuro. Quindi attese finché il terreno molle non l’ebbe assorbito.

— Perché l’hai fatto? — gli chiese il Marinaio.

— I Diavoli Cornuti non sanno che si è stabilito qui un altro predatore. Perché lasciare tracce?

— E le due carcasse?

— Il conservante elimina gli odori, e da come sono fatti questi animali immagino che si fidino più del naso che degli occhi.

Nel tardo pomeriggio Lane uccise altri tre Diavoli Cornuti, quindi piantò il campo alla base della parete del cratere, circondando la zona con diversi congegni di allarme. La notte passò tranquilla, e il giorno dopo Lane uccise altre sette bestie.

Il terzo giorno avevano imparato ad essere più cauti, e si spostarono all’estremità opposta del cratere, largo circa nove chilometri. In quel punto uccise in due giorni altri otto Diavoli Cornuti, e poi cambiò ancora postazione.

Al mattino del sesto giorno aveva tutti gli esemplari che gli erano stati ordinati. Tornò quindi a bordo, svegliò il Mufti, andò a caricare le prede, e si preparò a passare sei noiose settimane nello spazio alla vana ricerca del leggendario e inafferrabile Spazzastelle del Marinaio.

6

Passò una settimana, poi un’altra e una terza.

La nave aveva sorpassato Pinnipes, si era portata all’estremità della nube cosmica, e stava tornando sui suoi passi. Nessuna traccia dello Spazzastelle.

La nave sorpassò una ventina di stelle, entrò ed uscì dalla nube, schivò i buchi neri segnati sulle mappe, sparò un razzo. Nessuna risposta.

— Sarebbe più facile cercare un ago in un pagliaio — disse Lane mentre stavano mangiando. — La galassia è maledettamente grande, Marinaio, e quella dannata bestia è piccola.

— Però è da queste parti — asserì il Marinaio con convinzione. — Sono un vecchio malandato, Lane, e quella arrampicata sul vulcano di Ansard IV non mi ha certo giovato, ma se esiste un Dio nel cosmo, non deve lasciarmi morire senza aver visto bene da vicino lo Spazzastelle. Ho visto troppi posti, troppe cose strane, per non avere il diritto di vedere la più strana di tutte.

— Prima dobbiamo trovarlo, e poi potrai soddisfare la tua aspirazione.

— Ti assicuro che lo troveremo.

— Ti rimangono tre settimane — disse Lane alzandosi per andare a sdraiarsi sulla sua branda.

Non ci vollero tre settimane, e neanche due; per essere precisi ci vollero undici giorni, due ore e trentacinque minuti.

— Be’, che mi pigli un accidente — disse Lane esaminando il pannello degli strumenti. — O là fuori c’è una nave che va in giro senza meta, o finalmente abbiamo trovato il tuo Spazzastelle.

Si fece da parte perché il vecchio potesse dare un’occhiata al pannello. Il Marinaio tentò un’analisi spettroscopica, ma senza risultato.

— È proprio lui — disse, con gli occhi che brillavano per l’eccitazione. — Pura energia, e grande quanto una stella di neutroni.

— Il nostro apparato sensorio non lo descrive così — obiettò Lane.

— È gigantesco, te lo dico io — insisté il Marinaio. — Avvicinati abbastanza e nasconderà le stelle.

— Un po’ meno poesia da due soldi e un po’ più navigazione — disse Lane facendo elaborare al computer un paio di rotte che avrebbero permesso alla nave di intersecare il percorso dello Spazzastelle, e scegliendo la meno diretta.

Continuò a seguirlo con i sensori mentre quello accelerava aumentando sempre più la distanza. Anche Lane accelerava in proporzione, e mancavano all’incirca un paio d’ore all’intersecazione quando lo strano essere dirottò.

— Credi che cerchi di seminarci, Lane? — chiese il Marinaio.

— Non so. Forse non sa nemmeno che siamo qui. E poi perché dovrebbe cercare di sfuggirci?

— Forse sa che abbiamo un assassino a bordo.

— Non dotiamolo di facoltà paranormali, Marinaio. E poi noi vogliamo soltanto dargli un’occhiata, non vogliamo ammazzarlo.

— Forse ignora, la differenza. E quando gli saremo vicini, forse anche tu avrai cambiato idea.

Lane alzò le spalle senza rispondere e tornò a occuparsi dei suoi strumenti. Passarono altri novanta minuti, dopo di che Lane accese lo schermo.

— Se esce solo un momento dalla nube riusciremo a vederlo — disse. — A questa distanza forse sembrerà una stella molto luminosa, ma dovrebbe pulsare e filare a gran velocità.

Aspettarono, guardando ora il pannello ora lo schermo, ma sembrava che lo Spazzastelle non avesse intenzione di uscire dalla nube.

— Ci stiamo avvicinando — disse infine Lane. — Forse lo indurremo a uscire spaventandolo.

Passò ai comandi manuali e procedette così per ottomila chilometri. Lo Spazzastelle continuava a restare dentro la nube. Lane sparò una volta con il cannone laser.

— Non ammazzarlo prima che abbia potuto vederlo! — strillò il Marinaio.

— Ci vuol altro che una cannonata per ammazzarlo — ribatté Lane. — Cerco solo di farlo uscire allo scoperto.

Lo Spazzastelle si fermò, e Lane si trovò a una distanza di mille chilometri prima di riuscire a fermare la nave. Gli parve allora di scorgere la creatura perché un punto della nube pulsava di una fievole luce.

— Non mi va — disse. — Quel maledetto animale dovrebbe far qualcosa!

Rimise in moto e si fermò a cinquecento chilometri. Gli sudavano le mani e gli prudevano le palpebre. — Accidenti, perché non si muove! — esclamò, facendo avanzare ancora un po’ la nave.

— Tremi come una foglia, Lane — disse il Marinaio con una risata stridula.

— Neanche tu mi sembri molto calmo — replicò Lane notando che il vecchio grondava sudore.

Rimasero così immobili, inseguito e inseguitori. Lane si accorse che stava davvero tremando come gli aveva detto il Marinaio. In venticinque anni di caccia si era trovato più di una volta in pericolo, ma di solito più la situazione diventava tesa più la sua calma aumentava. Adesso invece si trovava a lottare per tener a bada il panico cieco, il bisogno impellente di fare dietrofront e scappare.

Con un enorme sforzo di volontà costrinse la mano a premere il comando dell’accelerazione e ancora una volta tentò di avvicinarsi alla bestia. Il Marinaio si legò a un sedile, premendo il dorso contro lo schienale, la faccia cinerea, le mani strette sui braccioli.

L’essere cominciò a ritirarsi e infine esplose letteralmente fuori dalla nube, allo scoperto. La nave lo seguì pochi secondi dopo, e i due uomini riuscirono finalmente a vederlo. Aveva la forma di una sfera irregolare che emanava un’opaca luminosità rosso arancione e pulsava variando costantemente d’intensità.

Sembrava privo di organi sensori e di mezzi di locomozione, tuttavia era ovvio che si rendeva conto dei particolari ambientali e poteva muoversi a suo piacimento.

Era enorme — con un diametro di almeno sette chilometri — sebbene fosse difficile giudicare perché le sue dimensione variavano a ogni pulsare della luminosità. Lane non riusciva neanche a immaginare come si nutrisse, cosa mangiasse e come si riproducesse . se mai si riproduceva, cosa di cui dubitava. Poteva avere un anno, o un secolo o essere vecchia come la galassia. Ma era una creatura senza tempo, per cui pareva inutile e non necessario cercare di indovinare l’età. Sospeso nello spazio, era una creatura enorme, pulsante, viva fatta di energia pura, spaventosa per le dimensioni e per il potenziale della sua capacità.