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— Esiste, sicuro come è sicuro che Satana siede sul trono dell’inferno — dichiarò il Marinaio.

— Ascoltami, Marinaio. Noi dovremo viaggiare per altri cinquanta o sessanta giorni, e mi auguro che per l’avvenire tu cambi argomento, altrimenti ti imbottisco di sonniferi.

— Voglio fare un patto con te, Lane — disse il Marinaio dopo un breve silenzio.

— E sarebbe?

— Quanto calcoli che durerà la caccia ai Diavoli Cornuti?

— Cinque o sei settimane.

— Se ti insegno come riuscirci in meno di una settimana accetti di impiegare le altre cinque nella ricerca dello Spazzastelle?

— Non ho mai visto un Diavolo Cornuto — disse Lane, — ma secondo i dati del computer di bordo ci vuole al minimo un mese per scovarli. Vivono nella parte più folta di una foresta piovosa. Inoltre, dobbiamo cacciarne uno per volta. Ci mettono molto a morire e non mi andrebbe di aver intorno cinque o sei Diavoli feriti contemporaneamente:

— Non mi hai risposto. Accetti le mie condizioni?

— Impossibile.

— Ma non hai niente da perdere, ti pare? Se…

— Marinaio — lo interruppe Lane, — secondo il computer non è possibile…

— Lane — disse il vecchio interrompendolo a sua volta — chi credi che abbia cartografato quel maledetto pianeta? Tutto quel che il tuo computer sa si basa sui miei rapporti.

— Questo vorrebbe dire che sai qualcosa che non compariva nei rapporti?

— Certamente. I miei rapporti erano destinati ai minatori e ai colonizzatoli, non ai cacciatori.

— E dico bene asserendo che non mi sveli quel che sai se non accetto le tue condizioni?

— Dici bene, Lane.

Dopo averci pensato sopra qualche minuto, Lane finì col rispondere: — E va bene, vecchio bastardo, hai vinto. E adesso dimmi come si fa a uccidere i Diavoli Cornuti.

— Lo vedrai — sogghignò il Marinaio. — Intanto ti suggerisco di cominciare a pensare al modo di uccidere lo Spazzastelle. Ne parliamo mentre farò colazione.

Si alzò avviandosi zoppicando verso la cambusa, e cantando una vecchia melodia spaziale che parlava di una donna verde, una certa Beela, dotata di tre esemplari di tutto ciò che si può ritenere essenziale in un corpo femminile.

5

Ansard IV era un pianeta caldo, caldo e umido coperto per quasi tre quarti da un oceano di acqua dolce. Il resto, un continente e tre grandi isole, era coperto da foreste primeve, fitte giungle, tre imponenti catene montuose e qualche deserto. Sulle isole c’erano numerosi laghi oltre che foreste molto umide. L’intrico dei rami nascondeva a volte il sole, mentre invece la pioggia riusciva in qualche modo a penetrare. E siccome notte e giorno non faceva altro che piovere, il terreno di queste foreste era sempre sepolto sotto uno spesso strato di fango e melma.

Nessuno si era preso la briga di catalogare gli insetti di Ansard IV, ma Lane calcolò che chi l’avesse fatto non avrebbe terminato se non dopo averne catalogato almeno due milioni di specie. L’aria non era così ricca di ossigeno come in altri mondi-giungla dov’era stato, ma bastava per indurlo a prendere ogni tre ore un calmante per esser certo di mantenere l’equilibrio mentale. Era atterrato su una spiaggia sabbiosa, secondo le istruzioni del Marinaio, poi aveva analizzato l’atmosfera, l’acqua, alcuni esemplari della flora e della fauna (cioè erba e insetti), e infine aveva preso nella stiva l’attrezzatura che gli serviva. Depositò il Mufti nella macchina di ibernazione e chiamò il Marinaio che stava passeggiando a piedi nudi sulla sabbia, con gli stivali in mano.

— E allora? — gli chiese.

— Allora cosa? — ribatté il vecchio.

— Se vuoi che qui ce la sbrighiamo in una settimana per poi andare alla ricerca del tuo Spazzastelle, sarà bene che mi insegni come devo fare per trovare e abbattere due dozzine di Diavoli Cornuti.

— È facile — rispose il Marinaio. — Vedi quel vecchio vulcano? — e così dicendo indicò una montagna lontana pochi chilometri.

— Sì.

— Si trovano là.

— Sulle pendici o nel cratere?

— Nel cratere. Il vulcano è spento da un’infinità di tempo. Il fondo del cratere è coperto d’erba, ci sono perfino un paio di foreste e abbastanza acqua, così chi ci vive non ha bisogno di uscire. Proprio come il cratere Ngoro-ngoro sulla Terra.

— Abbiamo visto molti crateri, durante la discesa — disse Lane. — Come fai a essere sicuro che questo sia quello dove vivono i Diavoli Cornuti?

— Questo è il più vicino e il più comodo da raggiungere a piedi. Per questo l’ho scelto. Del resto uno vale l’altro. Quanto ai Diavoli, be’, qui non c’è niente che gli possa dare fastidio. Sono i padroni del pianeta e vivono un po’ dappertutto.

— E allora perché non mi hai detto di atterrare nel cratere? — obiettò Lane. — L’avrei potuto fare senza difficoltà.

— E rischiar di far scappare i Diavoli Cornuti? No, Lane. Se io posso camminare per otto o dieci chilometri, puoi farlo benissimo anche tu.

— Spero che tu non abbia da obiettare se dopo aver fatto fuori quelle dannate bestie scenderò nel cratere con la nave. O preferiresti che portassimo fin qui le carcasse a spalle?

— Già, non ci avevo pensato — confessò il Marinaio.

— E non avevi neanche pensato al sistema di tener lontani gli insetti dalle carcasse mentre noi tornavamo a prendere la nave, vero? — rincarò Lane, e sorrise vedendo l’espressione avvilita del vecchio. — Non preoccuparti, Marinaio, le spruzzerò con una bombola di conservante che si indurisce al contatto e dura abbastanza da impedire che qualcosa penetri attraverso la pellicola che si forma, finché non saremo tornati a prenderle. Adopero sempre quella sostanza per conservare le pelli e le carcasse nella stiva.

— Con che cosa pensi di ucciderli?

— Con lo stridente.

— Sono animali molto grossi — disse con aria dubbiosa il Marinaio.

— Lo so. Ma sono esemplari destinati ai musei, non posso rovinare le carcasse. Comunque porterò anche un implosore molecolare, per maggior sicurezza anche se spero di non usarlo. Ha effetti devastatori.

— Sei tu il cacciatore — osservò il Marinaio alzando le spalle.

— Infatti. Te la senti di partire subito, o preferisci aspettare domattina?

— Prima partiamo, prima ce la sbrighiamo.

Si munirono di viveri, medicinali, armi, conservante, bussola, stimolanti e sedativi, repellenti contro gli insetti, lanterne, radiofaro e acqua, e cosi equipaggiati si addentrarono nella foresta primeva.

Erano costretti a procedere molto lentamente, a causa del fango e delle radici degli alberi millenari che ostacolavano loro il cammino. Riposavano di frequente, ma riuscirono comunque a procedere di un paio di chilometri all’ora.

Lane era sorpreso dalla varietà, dimensioni e aspetto degli insetti. Una specie in particolare lo affascinava, somigliavano a libellule ed erano lunghi almeno quaranta centimetri. Apparentemente erano privi di occhi e di antenne nonché di altri organi sensori, ma erano infallibili nel catturare al volo gli insetti più piccoli. Lane non riusciva a vederne la bocca né a intuire il loro metodo di attacco, così rapido e sicuro: si avventavano fulminei, afferravano la preda con le potenti chele, e se la portavano via in volo. Per quanto li osservasse, Lane non riuscì a immaginare come ingerissero il cibo. Ne chiese al Marinaio, che rispose: — Sono mutanti, o vivono in una zona ristretta. Non so. Comunque, non li ho visti l’altra volta che sono stato qui. Forse hanno la bocca nelle chele.

— Bah, non direi. Secondo me invece schiacciano la preda contro l’addome e se ne nutrono per osmosi, anche se non mi pare che con questo sistema si possano nutrire molto.

— Chi lo sa? Al ritorno ammazzane un paio e sezionali. Potrai sempre darli da mangiare al Mufti.