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Il signor Ellery Queen, per caso, quella mattina aveva fatto una passeggiata alla stazione di Wrightsville. Vide così Rosemary Haight, seguita da un facchino che portava il suo bagaglio, scendere dal treno e restare un attimo in posa, al sole, come una stella del cinema. La vide poi avvicinarsi a Jim e baciarlo, poi voltarsi radiosa verso Nora e porgerle la guancia. Gli occhi del signor Queen si rannuvolarono.

Quella sera stessa, a casa di Nora, ebbe modo di consolidare la sua prima impressione. Evidentemente, Rosemary non era una ragazza di campagna, emozionata da un lungo viaggio: era un prodotto stracittadino, insolente e annoiato, che cercava di nascondere il suo tedio alla meno peggio. Inoltre era pericolosamente bella.

Hermy, Pat e Nora la presero immediatamente in antipatia; Ellery se ne accorse subito dall’estrema cortesia con la quale la trattavano. John era affascinato, vivace e galante. Più di una volta Hermy lo rimproverò con un’occhiata silenziosa. Quella notte Ellery perse varie ore di sonno cercando di far quadrare la signorina Rosemary Haight nel grosso problema che gli si presentava, ma non venne a capo di nulla.

In quei giorni Jim cominciò ad avere molto da fare alla banca, e lasciò il problema d’intrattenere la sorella a Nora. Non era un compito facile perché, come Pat ebbe a dire ad Ellery, Rosemary assumeva verso tutto e tutti un’aria superiore e sprezzante.

Bisognò sopportare l’assalto delle signore della città, e la lunga sequela di feste in onore dell’ospite. Le pettegole locali si misero immediatamente in azione. Emmeline Du Pré diceva che Rosemary Haight aveva un’aria ambigua e Clarice Martin riteneva che i suoi abiti fossero troppo audaci; e la signora Malensky dichiarò in tono categorico ch’era una sgualdrina nata, e che tutti gli uomini che le giravano intorno erano degli idioti. A Hermy Wright riuscì molto difficile difenderla perché, sotto sotto, era dello stesso parere.

«Vorrei che se ne andasse» sospirò Pat a Ellery alcuni giorni dopo l’arrivo di Rosemary. «Non è una cosa orribile? Ma io la dico ugualmente. E pensare che ora ha mandato a prendere i suoi bauli!»

«Ma io credevo che non le piacesse star qui.»

«Infatti. Anch’io non riesco a capire. Nora diceva che si sarebbe fermata pochissimo, ma Rosemary si comporta come se avesse intenzione di mettere le radici per tutto l’anno. Naturalmente, Nora non può far nulla per scoraggiarla.»

«E Jim che cosa dice?»

«A Nora nulla, ma…» Pat abbassò la voce e si guardò intorno. «A quanto pare, ha detto qualcosa a Rosemary, perché stamattina, quando sono capitata in casa degli sposi, Nora era rimasta chiusa per sbaglio nello stanzino delle stoviglie e Jim e Rosemary, evidentemente pensando che lei fosse di sopra, stavano litigando in sala da pranzo. Dio, che carattere, quella donna!»

«Per cosa litigavano?» chiese Ellery ansiosamente.

«Sono arrivata alla fine, e non ho sentito niente d’importante; ma Nora dice che era… ecco: dice che era spaventoso. Non ha voluto raccontarmi che cosa avesse sentito, ma era terribilmente sconvolta… aveva la stessa faccia del giorno in cui aveva letto le lettere cadute dal libro di tossicologia.»

«Vorrei aver sentito quella discussione» borbottò Ellery. «Ma perché non posso mai sapere qualcosa di definitivo? Pat, lei non è gran che come aiutante per un investigatore!»

«Sissignore» convenne Pat con aria infelice.

Il baule di Rosemary Haight arrivò il giorno quattordici. Il signor Queen, che stava prendendo il fresco sotto il portico di casa Wright, vide Steve Polaris, il camionista del paese, caricarselo sulle spalle ed entrare in casa di Nora. Un minuto dopo, il giovane uscì accompagnato da Rosemary che indossava una straordinaria vestaglia rossa, bianca e blu. Sembrava un cartellone pubblicitario. Ellery vide Rosemary firmare il libro di ricevute di Steve e rientrare in casa. Steve s’incamminò giù per il vialetto.

«Pat» fece Ellery ansiosamente. «Conosce bene quel camionista?»

«Steve? E come no!»

Steve gettò il libro di ricevute sul suo autocarro e fece per risalirvi.

«Allora me lo distragga in qualsiasi modo… lo baci, lo abbracci, faccia la danza dei sette veli ma lo porti lontano da quel camion per un paio di minuti!»

Pat balzò immediatamente in piedi, gridando: «Steeeve!», e scese di corsa i gradini del portico. Ellery la seguì d’un balzo. Sulla collina non c’era nessuno in vista.

Mentre Pat, tutta sorrisi, passava un braccio intorno alle spalle di Steve spiegandogli qualcosa del suo pianoforte, e trascinava il giovanotto, tutto ringalluzzito, verso casa sua, Ellery con un gesto furtivo s’impadronì del libro di ricevute e cominciò a sfogliarlo attentamente… Quando Pat riapparve con Steve, il signor Queen stava osservando i boccioli morenti dell’aiuola di zinie di Hermione, con l’accorata tristezza di un poeta. Passando, Steve gli lanciò un’occhiata ironica.

«Ora dovrà di nuovo trasportare il piano al suo posto» fece Pat mentre il camion si allontanava rombando. «Mi dispiace, ma non sono riuscita a trovare una scusa migliore.»

«Avevo torto» borbottò Ellery.

«A proposito di che?»

«Di Rosemary.»

«Oh, la smetta di fare il misterioso. Si può sapere perché ha voluto fare allontanare Steve? Che cosa c’è sotto, signor Queen?»

«Avevo avuto un’intuizione. Mi ero detto: “Questa signorina Rosemary non è della stoffa di Jim Haight; non mi sembrano affatto fratello e sorella…”

«Oh, Ellery!

«Era possibilissimo. Ma la mia intuizione era sbagliata. È sua sorella.»

«E lo ha scoperto con l’aiuto del camion di Steve Polaris?»

«Con l’aiuto del suo libro di ricevute, sul quale quella donna ha firmato un minuto fa. Io posseggo la firma dell’autentica Rosemary Haight, come lei ricorderà, mia cara Watson.»

«Su quel lembo di busta che ha trovato nello studio di Jim, vero?»

«Appunto. E le due firme sono perfettamente uguali.»

«Il che ci lascia al punto di prima» osservò Pat seccamente.

«No» fece il signor Queen con un pallido sorriso. «Prima pensavamo che quella signora fosse la sorella di Jim. Ora lo sappiamo per certo. Anche la sua mente primitiva può avvertire questa distinzione, Watson?»

Più a lungo Rosemary Haight rimaneva a casa di Nora, e più inesplicabile diveniva il suo contegno. Jim era sempre più impegnato alla banca; a volte non tornava nemmeno a casa per pranzo. E varie volte il suo modo di fare ridusse Nora in lacrime, che la sposa versava, come venne riferito al signor Queen dalla sua spia favorita, nel segreto della sua stanzetta. Con Pat ed Hermione, Rosemary era meno esplicita. Ma continuava a darsi tali e tante arie di superiorità, che le due signore Wright si seccarono e cominciarono a ripagarla di uguale moneta.

Tuttavia Rosemary continuava ad abitare dagli sposi.

«Che ne pensa di quella donna?» domandò Pat al signor Queen mentre questi l’accompagnava in macchina verso la città bassa. «A me pare che quella sua pigrizia da pantera sia tutta una commedia. Sotto sotto è fredda e dura come l’acciaio. È una donna da poco. Non le pare?»

«È terribilmente bella» rispose Ellery evasivamente.

«È una divoratrice di uomini» rimbeccò Pat, e dopo un po’ soggiunse: «Cosa ne pensa di tutta questa faccenda, Ellery? Della condotta di Jim, di Rosemary, delle lettere?…»

«Non ne penso nulla» fece Ellery. «Almeno per ora.»

«Ellery, guardi!»

La macchina stava avvicinandosi a un vistoso edificio bianco, a un piano solo, sui cui muri una lunga teoria di diavoli e diavolesse danzava una sarabanda sfrenata, mentre dal tetto uscivano fiamme appuntite di lamiera dipinta. L’insegna al neon, spenta in quel momento, indicava che quello era l’“Allegro Inferno” di Vic Carlatti. Davanti al locale era ferma una piccola automobile.