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«Non mi guardi in quel modo, straniero! Sono invitata, parola d’onore. È stata Nora. Riunione di famiglia, e baci di pace. Che bella festa! Come mai non è venuto a trovare la piccola Lola?»

«Ho lavorato al romanzo.»

«Che bella storia!» rise Lola appoggiandosi al braccio di Ellery. «Nessuno scrittore lavora più di qualche ora al giorno. Ma io ho capito tutto: è troppo impegnato ad amoreggiare con Pat. Mica male come gusto! Poteva scegliere peggio.»

«Non è vero niente, Lola.»

«Oh, che nobiltà d’animo! Bene, arrivederci, fratello, devo andare a porgere i miei omaggi alla famiglia.»

Il signor Queen aspettò per qualche minuto poi seguì la ragazza. Ci volevano occhi molto esercitati per avvertire la tensione che covava sotto l’allegria di quella riunione. Non era facile cogliere la perplessità nel sorriso dolce di Hermy, o vedere il tremito lieve della mano di John, mentre accettava un martini da suo genero. Poco dopo, Nora raggiunse gli ospiti e li guidò in sala da pranzo dove c’era la tavola imbandita e scintillante di argenti e di cristalli.

L’incidente avvenne mentre Jim distribuiva per la seconda volta le porzioni di tacchino. Nora stava passando il piatto a sua madre quando emise un gemito soffocato e il vassoio le cadde di mano. Il piatto di preziosa porcellana andò in frantumi sul pavimento. Jim afferrò convulsamente i braccioli della sedia. Nora balzò in piedi con le mani strette alla tovaglia, la bocca contorta da un orribile spasimo.

«Nora!»

Ellery raggiunse la sposina in un balzo. Lei lo respinse debolmente umettandosi le labbra. Il suo viso era bianco come la tovaglia nuova. Poi lanciò un grido e si liberò dalla stretta dell’investigatore con forza sorprendente e corse barcollando al piano di sopra. Un istante dopo si udì lo scatto di una serratura che si chiudeva.

«Sta male. Nora sta male!»

«Chiamate il dottor Willoughby, chiamate qualcuno!»

Ellery e Jim raggiunsero il piano superiore contemporaneamente, Jim si guardava intorno come un pazzo, ma Ellery stava già bussando con energia alla porta della stanza da bagno.

«Nora!» gridava Jim. «Apri la porta! Che cosa ti succede?»

Arrivarono Pat e gli altri.

«Il dottor Willoughby sarà qui tra poco» annunziò Lola. «Andatevene, voi uomini!»

«È impazzita?» domandò Rosemary, con voce soffocata.

«Buttate giù quella porta!» ordinò Pat. «Ellery la butti giù! Jim, papà, aiutatelo!»

«Se ne vada, Jim» brontolò Ellery. «Da un fastidio tremendo.»

Ma al primo urto Nora lanciò un grido.

«Se qualcuno entra io… io… non entrate ho detto!»

Hermy gemeva piano, come un gatto ammalato, e John continuava a mormorarle: «Su, su, su…».

Finalmente la porta cedette. Ellery si precipitò nella stanza da bagno. Nora era china sul lavabo, tremante, pallida, debole e inghiottiva delle cucchiaiate colme di latte di magnesia. Si voltò a guardare l’investigatore con una strana espressione di trionfo negli occhi, poi gli svenne tra le braccia.

Quando Nora rinvenne vi fu un’altra scenata.

«Mi pare di essere un animale nello zoo! Mamma ti prego, mandali via, mandali via tutti!» Tutti se ne andarono eccetto la signora Wright e Jim.

Ellery udì ancora Nora gridare con voce stridula: «No, no, no! Non voglio che stiate qui! Non voglio vederlo!».

«Mia cara» la voce di Hemy tremava. «Il dottor Willoughby, il medico che ti ha aiutata a venire al mondo…»

«Se quel vecchiaccio mi viene vicino» urlò Nora, «farò qualche pazzia! Mi ucciderò! Mi butterò dalla finestra!»

«Nora» gemette Jim.

«Fuori di qui, vattene! Anche tu, mamma!»

Hermy scivolò fuori dalla stanza seguita da Jim che aveva gli occhi rossi e sembrava istupidito. Nell’interno, si sentì Nora vomitare e piangere. Quando il dottor Willoughby arrivò, quasi senza fiato, John gli disse che c’era stato un errore e lo mandò via.

Ellery chiuse la porta senza rumore, ma ancor prima di accendere la luce, sapeva che c’era qualcuno nella sua stanza. Girò l’interruttore e disse: «Pat». E Pat era là, accoccolata sul letto; sul cuscino, accanto al suo viso, c’era una macchia umida.

«Sono rimasta sveglia ad aspettarla» spiegò Pat sbattendo gli occhi abbagliata dalla luce viva. «Che ora è?»

«Mezzanotte passata.» Ellery tornò a spegnere la luce e si sedette vicino alla ragazza. «Come sta Nora?»

«Dice che sta bene. Credo che si riprenderà.» Pat rimase in silenzio per un momento. «E lei perché è sparito?»

«Sono andato a Connhaven in tassì.»

«Connhaven! Ma son più di centoventi chilometri!» Pat si rizzò a sedere. «Ellery, che cosa ci è andato a fare?»

«Ho portato il contenuto del piatto di Nora a un laboratorio chimico.»

«E hanno trovato…»

«Non hanno trovato nulla.»

«Allora forse…»

Il giovane cominciò a camminare su e giù, per la stanza buia.

«Forse niente. C’erano i cocktails, la minestra, gli antipasti. Non si può mai dire. In ogni caso, fosse nel cibo o nel liquore, era senz’altro arsenico. I sintomi erano chiari. Fortunatamente s’è ricordata di prendere del latte di magnesia… è un antidoto d’emergenza per l’avvelenamento da arsenico.»

«Oggi è… il giorno del Ringraziamento» disse Pat in tono deciso. «Ricorda la lettera di Jim a Rosemary, datata 28 novembre?… Oggi… “Mia moglie è ammalata”. Mia moglie è ammalata, Ellery!»

«Brava Patty, è un ottimo detective… ma questa potrebbe anche essere una coincidenza.»

«Crede?»

«Potrebbe trattarsi di un improvviso attacco di indigestione. Nora è agitatissima. Ha letto quella lettera, ha letto il brano sull’arsenico nel libro di tossicologia… Forse, psicologicamente…»

«Già…»

«Tante volte ci lasciamo trascinare dall’immaginazione. In ogni caso abbiamo tempo a disposizione. Se pure esiste un piano, è appena agli inizi.»

«Sì…»

«Pat, lo prometto: Nora non morirà.»

«Oh, Ellery!» La ragazza si avvicinò al giovane nel buio e nascose il viso nella sua giacca. «Sono tanto contenta che lei sia qui…»

«Fuori dalla mia stanza da letto» ordinò teneramente il signor Queen. «Se ne vada prima che suo padre arrivi qui con un fucile spianato.»

IV

Natale: il secondo avvertimento

Cadde la prima neve. Il vento cominciò a spazzare le vallate. Hermy si dava da fare per il Natale dei poveri. Sulle colline i ragazzini aspettavano ansiosamente che gli stagni gelassero. Ma Nora… Nora e Jim erano dei veri problemi. La sposa si era ripresa dalla sua “indisposizione” dell’ultima domenica di novembre. Era un po’ più pallida, un po’ più magra, un poco più nervosa, ma perfettamente padrona di sé. Di tanto in tanto, però, sembrava spaventata, e rifiutava sempre di parlare, anche a sua madre che tentò più di una volta.

«Nora, ma cosa c’è che non va? Puoi dirmelo…»

«Nulla; che cosa avete voi piuttosto?»

«Ma Jim beve, cara. Ormai lo sa tutto il paese» gemette Hermy. «E poi litigate continuamente, è un fatto…»

«Mamma, ho il diritto di dirigere la mia vita come meglio mi pare» affermò Nora fissando duramente la madre.

«Tuo padre è preoccupato…»

«Mi dispiace, mamma. È la mia vita.»

«Ma è a causa di Rosemary che litigate? Quella ragazza continua a trascinare Jim negli angoli e a parlargli all’orecchio. Per quanto tempo resterà ancora con voi? Nora, cara, sono la tua mamma. Puoi confidarti con me…»

Ma Nora era già scappata piangendo.

Pat si incupiva ogni giorno di più.