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Rosemary si strinse nelle spalle.

«Nora non viene.»

«Che cosa?»

«Dice che non si sente bene.»

Trovarono Nora a letto, debole, pallida, spossata. Jim camminava su e giù per la stanza come un’anima in pena.

«Come stai Nora, tesoro?» esclamò Hermy allarmata.

«Sei stata ancora male?» domandò suo padre.

«Non è nulla» rispose Nora parlando con gran sforzo. «Solo un disturbo di stomaco. Andate pure in montagna.»

«Ce ne guarderemo bene!» protestò Pat indignata. «Jim non ha chiamato il dottor Willoughby?»

«Nora non me l’ha permesso» spiegò Jim con voce opaca.

«Non te l’ha permesso! Ma che cosa sei, un uomo o un fantoccio? Adesso scendo subito e…»

«Pat» balbettò Nora «non lo fare.»

«Ma Nora…»

Nora spalancò gli occhi. Aveva un’espressione febbrile.

«Non voglio il dottore» disse fra i denti «non voglio che nessuno ficchi il naso negli affari miei. Cosa devo fare per farvelo capire! Io… sto bene. Sto benissimo.» Nora si morse le labbra, poi continuò con grande sforzo: «E ora per favore andatevene, andatevene. Se domattina mi sentirò meglio vi raggiungerò con Jim all’albergo…».

«Nora» fece John schiarendosi la voce «è ora che tu ed io abbiamo una conversazione a quattro occhi, alla moda antica…»

«Lasciami in pace!» urlò Nora.

Lentamente tutti uscirono dalla stanza.

Il mattino di Natale Ellery e Pat andarono all’albergo di Bill York a ritirare i doni e li riportarono a Wrightsville. Hermy passò la giornata in camera sua, Pat preparò una specie di pranzo di Natale con dell’agnello avanzato e una scatola di marmellata, ma sua madre si rifiutò di scendere e John, dopo aver ingoiato un paio di bocconi, depose la forchetta e dichiarò che non aveva fame. Pat ed Ellery mangiarono soli. Subito dopo andarono a trovare Nora. A pianterreno, Rosmary Haight, accoccolata su un divano, leggeva una rivista di moda mordicchiando cioccolatini. La bellezza stracittadina rispose alle loro domande in modo sbrigativo. Jim e Nora avevano avuto un’altra lite. La sposa stava bene, era ancora debole, ma in via di guarigione. Lo sposo era scappato a gambe levate. Dio, che noia passare il Natale in una cittadina come Wrightsville! E, dopo questo commento petulante, Rosemary tornò con ostentazione alle pagine della sua rivista.

Pat corse al piano superiore per vedere sua sorella. Quando scese, fece un cenno a Ellery, e il giovane la condusse fuori in fretta. Mentre varcavano la soglia della casa di Nora, Pat si asciugò gli occhi.

«Ellery, Nora mi ha fatto paura. Mi ha scaraventato un libro addosso!»

Il signor Queen scosse il capo. «E non vuol parlare» continuò Pat. «Ha delle crisi di nervi quasi in continuazione. E sta male, malissimo! La congiura continua» mormorò Pat desolata. «Il cibo di Nora è stato avvelenato un’altra volta ieri.»

«Sta anche lei diventando nevrastenica come Nora» affermò Ellery. «Vada a fare un pisolino, Pat. Non può una donna sentirsi male ogni tanto?»

«Ritorno da Nora. Non ho nessuna intenzione di lasciarla sola!»

Quando Pat l’ebbe lasciato, Ellery fece una lunga passeggiata sulla collina: si sentiva profondamente infelice. Il giorno prima, mentre gli altri erano di sopra con la sposa, l’investigatore era sceso silenziosamente in sala da pranzo. La tavola non era ancora stata sparecchiata, ed Ellery aveva assaggiato quel che era rimasto nel piatto di Nora. Aveva preso un boccone piccolissimo, ma gli effetti erano stati quasi immediati. Aveva provato un fortissimo mal di stomaco, poi una nausea violenta. Rapidamente aveva allora ingoiato il contenuto di una boccetta che portava sempre con sé da qualche tempo: idrossido di ferro con magnesia, il rimedio classico contro gli avvelenamenti da arsenico. Non c’era dubbio possibile. Qualcuno aveva versato un composto di arsenico nel piatto di Nora. E solo nel piatto di Nora. Ellery aveva assaggiato in seguito il contenuto degli altri piatti e nulla era accaduto. Il piano continuava a funzionare. Prima la festa del Ringraziamento, poi il Natale. La morte sarebbe dovuta arrivare il giorno di Capodanno.

V

Capodanno: l’ultima cena

Nora passò quattro giorni a letto, dopo la vigilia di Natale, ma il ventinove dicembre si presentò ai familiari fresca, ridente e gaia… troppo gaia, ed annunziò che era stanca di far la malata come una vecchia signora; sapeva di aver rovinato il Natale alla sua famiglia, ma avrebbe rimediato: invitava tutti per una bella festa di Capodanno! Perfino Jim si rallegrò e la baciò con goffo imbarazzo. Pat, che assisteva alla scena, rivolse il viso altrove di scatto, ma Nora restituì il bacio a Jim, e per la prima volta dopo tante settimane di liti i due si guardarono, con la vecchia intima espressione degli innamorati.

Hermy e John furono felici di quell’improvviso ritorno di vitalità di Nora.

«Un’ottima idea, cara!» esclamò Hermy. «Prepara tutto come vuoi tu, io non alzerò un dito. A meno che tu, naturalmente…»

«Ma figurarsi…» sorrise Nora. «È la mia festa e desidero fare tutto io.» La sposa abbracciò tristemente Pat. «Oh sorellina, sei stata un angelo con me questa settimana, mentre io… ti ho tirato dietro un libro! Potrai mai perdonarmi?»

«Brutta scimmia» esclamò Pat corrucciata «ti perdonerei tutto se ti comportassi sempre così!»

«Sono contenta che Nora sia così di buon umore» dichiarò Ellery quando Pat gli riferì tutto. «Chi ha intenzione di invitare?»

«La famiglia, il giudice Martin, il dottor Willoughby e perfino Frank Lloyd!»

«Ehm, le dica d’invitare anche Carter Bradford.»

«Cart?» Pat impallidì «perché proprio lui? Non ha mandato neanche un biglietto d’auguri a Natale, quel serpente!»

«È ora che facciate la pace. Voglio che Bradford sia presente la sera di Capodanno. Deve convincerlo a tutti i costi.»

Pat guardò Ellery fisso negli occhi.

«Se insiste, Cart sarà qui.»

Cart disse a Pat per telefono che avrebbe “fatto il possibile” per essere presente, era stata tanto gentile ad invitarlo… che sorpresa!… naturalmente lui aveva numerosi altri “inviti”… gli sarebbe dispiaciuto di dare una delusione a Carmel Pattigrew, ma… ecco, avrebbe “cercato in qualche modo” di fare una scappatina. Sì sì, Pat poteva contare su di lui.

L’editore e scrittore Frank Lloyd giunse presto alla festa. Si dimostrò come al solito imbronciato e poco socievole, salutando la gente a monosillabi o non salutandola affatto, e alla prima occasione si diresse verso il bar, e ci rimase in permanenza.

L’interesse del signor Queen per i problemi culinari, quella sera parve raggiungere limiti incredibili. Il giovane aveva piantato le tende in cucina, e osservava Alberta, osservava Nora, osservava la stufa e la ghiacciaia, teneva sott’occhio tutti coloro che andavano e venivano, badando attentamente a quel che facevano nelle vicinanze dei cibi o delle bevande. E si dimostrò tanto premuroso e servizievole che, non appena Alberta se ne fu andata per partecipare a una festa di Capodanno in casa di alcuni amici lituani, al villaggio, Nora esclamò:

«Mamma mia, Ellery, che temperamento casalingo! Ecco qua, mi aiuti a farcire le olive!»

E così il signor Queen farcì le olive, mentre Jim nella dispensa adiacente preparava alcune bibite. Dal punto in cui il signor Queen si trovava, poteva seguire perfettamente i movimenti del suo ospite.

Nora servì una cena sontuosa: i cibi erano squisiti e i cocktails perfetti. Ben presto una nuova allegria cominciò a regnare nella stanza. Lola non era presente. Era stata invitata, ma aveva declinato cortesemente l’invito.

Rosemary Haight teneva corte in un angolo, circondata dalla maggior parte degli uomini presenti… Era chiaro che non l’interessavano affatto, aveva un’aria annoiatissima, ma pareva che ritenesse necessario mantenersi in esercizio. Pat, osservando il vecchio dottor Willoughby trotterellare in giro premuroso e compunto per riempire il bicchiere di Rosemary, domandò ad Ellery: