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«Come mai la gente non riesce a leggere nell’animo di una donna simile?»

«Forse perché c’è troppa carne soda e fiorente che impedisce la vista» ribatté il signor Queen, e si diresse verso la cucina per la dodicesima volta ad osservare i maneggi di Jim.

Le serate di gala, nelle case “distinte” di Wrightsville, non erano rinomate per la loro allegria, ma Rosemary Haight, la forestiera, esercitò un’influenza irresistibile sul tono della riunione. Numerosi liquori l’avevano resa evidentemente allegra, col massimo disgusto della zia Tabitha. La sua vivacità contagiava specialmente gli uomini, cosicché le voci si alzarono di tono, le risate divennero forti e un po’ malferme e per ben due volte Jim dovette recarsi nella dispensa per preparare nuovi beveraggi, e Pat dovette aprire un’altra bottiglia di ciliege al maraschino. Entrambe le volte il signor Queen comparve sorridente al fianco dello sposino offrendo il proprio aiuto.

Carter Bradford brillava per la sua assenza. Pat stava in attesa dello squillo del campanello d’ingresso. Qualcuno accese la radio, e Nora disse a Jim:

«Non abbiamo più ballato dai giorni della nostra luna di miele, vieni caro!»

Jim la guardò con aria incredula, poi un largo sorriso gli apparve sul volto. Afferrò la moglie per la vita e cominciò a piroettare con pazza energia. Ellery andò in cucina rapidamente e si preparò un liquore… il primo della serata.

Mancavano quindici minuti a mezzanotte quando Rosemary agitò un braccio con aria drammatica e ordinò:

«Jim, un altro bicchiere!»

«Non ti pare di aver bevuto abbastanza, Rosemary?» domandò suo fratello allegramente.

Quella sera il marito di Nora non aveva bevuto quasi nulla. Rosemary fece la faccia scura.

«Portami qualcosa da bere, guastafeste!»

Jim si strinse nelle spalle e si diresse verso la cucina, seguito dal clamoroso consiglio del giudice Martin:

«Ne prepari in abbondanza, figliolo!»

Una porta divideva l’atrio dalla cucina, e una arcata dava dalla cucina nella dispensa, dove s’apriva anche l’uscio della sala da pranzo. Il signor Ellery Queen si fermò alla porta dell’atrio e accese una sigaretta. Il battente era semiaperto e il giovane poteva vedere sia in cucina, sia in dispensa. Jim si dava da fare coi liquori in dispensa fischiettando in sordina. Aveva appena finito di riempire la nuova serie di bicchieri con la miscela del cocktail, quando qualcuno bussò alla porta posteriore della cucina, Ellery s’irrigidì ma resisté alla tentazione di distogliere gli occhi dalle mani di Jim.

Lo sposo lasciò i bicchieri e andò ad aprire.

«Lola! Pensavo che… Nora m’aveva detto…»

«Jim» pareva che Lola avesse molta fretta. «Dovevo vederti…»

«Me?» Jim sembrava perplesso… «Ma Lola…»

Lola abbassò ancor più la voce; Ellery non riuscì a capire quel che diceva. La figura di Jim la nascondeva completamente. Il colloquio fu brevissimo. Dopo pochi minuti Lola se ne andò e Jim richiuse la porta dirigendosi in dispensa con aria assente. Mentre era intento a gettare una ciliegia in ciascun bicchiere, Ellery lo raggiunse.

«Sta ancora facendo il barista, Jim?» Il marito di Nora sorrise e preso il vassoio s’incamminò seguito da Ellery verso la sala da pranzo ove fu accolto da una salve di giubilo.

«È quasi mezzanotte» esclamò Jim allegramente. «Qui c’è un bicchierino per tutti. Dobbiamo brindare all’anno nuovo.»

Il giovane fece il giro della sala col vassoio e ciascuno prese il proprio bicchiere. «Coraggio Nora» esclamò poi con un sorriso. «Una goccia d’alcool non ti farà male, e la notte di capodanno non viene tutte le sere!»

«Ma Jim, credi davvero che…»

«Su, prendi questo» rise Jim porgendole un bicchiere.

«Non so se faccio bene» cominciò Nora con aria dubbiosa. Ma poi prese il bicchiere dalle mani del marito ridendo.

«Fai attenzione, Nora» consigliò Hermy. «Sai che sei stata poco bene. Oh, mi gira la testa!»

«Ubriacona!» fece John baciando galantemente la mano della moglie.

«Un sorso non mi farà male, mammina» protestò Nora.

«Un momento!» gridò il giudice Martin. «Ecco che sta arrivando il nuovo anno, urrà!» la voce del vecchio giurista fu soffocata dai clamori di cori e di campane che venivano dalla radio.

«Al nuovo anno!» vociò John. Tutti brindarono, perfino la schizzinosa zia Tabitha. Nora bevve un sorso con una smorfietta, Jim la vide, scoppiò a ridere e la baciò teneramente.

Fu come un segnale: tutti cominciarono ad abbracciarsi, e il signor Queen, che si dava un gran da fare per tener tutto sott’occhi, si trovò stretto fra due braccia morbide e tiepide.

«Buon Anno!» mormorò Pat e, alzato il viso sorridente, baciò il giovane sulle labbra. Per un istante la stanza, illuminata dalle luci tremule delle candele, parve ondeggiare, poi il signor Queen con un risolino si chinò per rubare un altro bacio, ma Pat gli fu strappata dalle braccia dal vecchio dottor Willoughby che borbottò:

«E a me niente?» ed Ellery si trovò ad abbracciare stupidamente l’aria.

«Ancora!» gridò Rosemary. «Un altro giro! Sbronziamoci tutti, perdinci!»

La ragazza agitò il proprio bicchiere vuoto sotto il naso del giudice Martin che le lanciò un’occhiata strana. Frank Lloyd bevve due cocktails uno dopo l’altro. Jim disse che sarebbe sceso in cantina per prendere qualche altra bottiglia… al piano superiore non ce n’erano più.

«Ma dov’è il mio bicchiere?» insisteva Rosemary. «Che razza di casa è questa? È capodanno e non c’è niente da bere!» Sembrava molto in collera. «Chi ha un liquore da darmi?» Nora le stava passando accanto dirigendosi verso la radio. «Ehi, Nora! tu hai un bicchiere pieno!»

«Ma Rosemary: ne ho bevuto già un sorso…»

«Voglio bere, ho detto!»

Nora fece un’altra piccola smorfia e diede il suo bicchiere a Rosemary, che l’inghiottì d’un colpo come un vecchio soldato, poi arretrò barcollando verso il divano dove cadde a sedere con una risata vacua. Un momento dopo era profondamente addormentata.

«Russa» esclamò Frank Lloyd gravemente. «La dama affascinante, russa» e coprì Rosemary di fogli di giornale, tutta all’infuori del viso. John si mise a recitare con molto sentimento una poesia, tra il disinteresse generale finché sua sorella Tabitha, un po’ accaldata in viso, non dichiarò che era un vecchio idiota; John allora l’afferrò per la vita e si lanciò con lei in un valzer turbinoso accompagnato piuttosto malamente dalla radio che suonava una rumba. Tutti convennero di essere un poco brilli, ma non era una serata meravigliosa? Tutti meno il signor Ellery Queen che origliava di nuovo alla porta della cucina osservando Jim Haight che preparava dei cocktails.

Trentacinque minuti dopo la mezzanotte uno strano grido venne dal salotto e fu seguito da un silenzio ancora più strano.

«Che cosa stanno combinando ora?» domandò Jim ad Ellery, mentre usciva dalla cucina carico d’un vassoio di liquori. I due giovani corsero in salotto. Il dottor Willoughby era chino su Rosemary Haight che giaceva ancora sul divano coperta dai fogli di giornale. Il signor Queen provò una breve pungente fitta al cuore. Il dottore si rialzò. Era pallido come uno straccio.

«John!» Il vecchio medico s’inumidì le labbra con la lingua.

John disse stupidamente:

«Ma per l’amor del cielo. Questa ragazza ha semplicemente perso coscienza. Ha… ha… vomitato, come succede agli ubriachi. Perché ti comporti come se…?