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Il signor Queen si guardò attorno. C’erano alcuni mobili di gran pregio, un bel camino di marmo italiano e almeno tre o quattro quadri di valore. J. G. notò il suo interessamento.

«I quadri sono stati scelti tutti da Hermione Wright» disse. «Se ne intende d’arte. Ma eccola assieme a John.»

Ellery si alzò. Si era aspettato di vedere una donna imponente e severa; invece Hermione, che gli intimi chiamavano Hermy, aveva un aspetto fragile, dolce e materno. Hermy Wright ingannava sempre chi non la conosceva. John F. Wright era un ometto dal viso delicato e aristocratico. A Ellery riuscì subito simpatico. Portava sotto il braccio un album di francobolli.

«John» disse Pettigrew un po’ impacciato «le presento il signor Ellery Smith che vorrebbe prendere in affitto una casa ammobiliata. Il signor Wright, la signora Wright, il signor Smith… ehm…»

John F. si dichiarò “fortunatissimo” di conoscere il signor Smith, ed Hermione gli porse la mano mormorando con voce dolcissima «tanto piacere di conoscerla»; ma il signor “Smith” vide un bagliore gelido passare negli occhi azzurri della donna e capì che, come al solito, era meno malleabile dell’uomo. Si affrettò allora a sfoderare la propria galanteria. Hermy si ammansì un po’ e si passò le dita affusolate tra i capelli grigi.

«Naturalmente» soggiunse J. G. in tono rispettoso «ho pensato subito a quella bella casetta di sei locali che avete costruito qui accanto…»

«Non mi garba affatto l’idea di affittarla, John» intervenne Hermione con voce fredda. «Non capisco, signor Pettigrew…»

«Se lei sapesse chi è il signor Smith, forse…» insinuò J. G.

Hermy parve un po’ sconcertata. John si protese in avanti.

«Chi è?» domandò la signora Wright.

«Il signor Smith è Ellery Smith, il famoso scrittore» ribatté il mediatore gonfiando il petto.

«Il famoso scrittore!» balbettò Hermy. «Oh, che emozione! Metta qui, metta qui, Ludie, sul tavolino!»

La donna depose il vassoio sul quale, assieme a quattro bicchieri di cristallo, troneggiava un’enorme caraffa colma di succo di frutta.

«Sono sicura che la nostra casa le piacerà, signor Smith» proseguì Hermy. «L’ho arredata io con le mie mani. Lei tiene conferenze? Il nostro circolo femminile…»

«Qui attorno ci sono anche dei buoni campi da golf» intervenne John. «Per quanto tempo vuole affittarla, signor Smith?»

«Sono certa che il signor Smith s’innamorerà di Wrightsville e ci rimarrà a lungo» fece Hermy. «Gradisce un po’ di succo di frutta, signor Smith? È la specialità della nostra Ludie.»

«C’è un inconveniente» mormorò John, aggrottando le sopracciglia. «Data l’affluenza di forestieri a Wright, credo che mi possa capitare presto l’occasione di venderla…»

«Il rimedio è molto semplice, John» dichiarò J. G. «Inseriremo nel contratto una clausola in base alla quale il signor Smith, in caso di vendita della casa, dovrà sgomberare con un preavviso ragionevole.»

«A questi particolari penseremo dopo» protestò Hermy in tono gaio. «Intanto il signor Smith non ha visto la casa. Signor Pettigrew, resti qui a far compagnia a John. Lei venga con me, signor Smith.»

Hermione rimase aggrappata al braccio di Ellery durante il breve tragitto dalla casa grande alla casa piccola, come se temesse di vederlo scappar via.

«Abbiamo coperto i mobili per proteggerli dalla polvere, ma sono molto belli, vedrà. Non è deliziosa?»

Hermy pilotò Ellery dalla cantina al solaio, sostando in ogni stanza per decantarne la bellezza e i vantaggi.

«Naturalmente le cercherò una cameriera» disse Hermy. «Oh, dove lavorerà, signor Smith? Si potrebbe trasformare la seconda camera da letto del primo piano in uno studio. Le occorre senz’altro uno studio, signor Smith.»

Il signor Smith disse che era un’ottima idea.

«Dunque le piace la nostra casetta? Sono proprio contenta!» Hermione abbassò la voce. «Immagino che sia venuto in incognito.»

«Veramente, il termine è un po’ solenne, signora Wright…»

«Farò in modo che nessuno lo sappia, all’infuori dei nostri amici più intimi» soggiunse Hermione sorridendo. «Che genere di lavoro ha in programma, signor Smith?»

«Un romanzo» rispose Ellery con voce fioca. «Un romanzo che si svolge in una tipica cittadina, signora Wright.»

«Allora è alla ricerca del colore locale! E ha scelto la nostra cara Wrightsville! Bisogna che le faccia conoscere subito mia figlia Patricia, signor Smith. È una ragazza intelligentissima. Potrà aiutarla molto, se vuole conoscere a fondo Wrightsville…»

Due ore dopo, il signor Ellery Queen firmava col nome di Ellery Smith un contratto in base al quale prendeva in affitto per un periodo di sei mesi, a decorrere dal 6 agosto 1940, la casa posta al numero 460 di Hill Drive, al prezzo di 75 dollari mensili. Avrebbe dovuto versare un trimestre d’affitto anticipato, e il proprietario s’impegnava a dargli un preavviso di un mese in caso di vendita.

«Signor Smith, le confesso che per un attimo ho trattenuto il respiro» disse J. G. mentre uscivano da casa Wright.

«Quando?»

«Quando ha preso la penna di John per firmare il contratto.»

«Ha trattenuto il respiro?» Ellery corrugò la fronte. «Perché?»

J. G. sghignazzò:

«M’è venuto in mente il povero Hunter che è morto proprio quando stava per concludere l’affare. La casa del malaugurio! Che idea! E lei è qui vivo e vegeto!»

Senza smettere di ridere, il mediatore salì in macchina e partì verso la città. Andava a prelevare il bagaglio di Ellery all’albergo Hollis.

Ellery Queen rimase sul viale di casa Wright in preda a uno strano senso di irritazione.

Quando Ellery rientrò nella sua nuova residenza, si sentì correre un brivido lungo la schiena. Ora che non si trovava più in compagnia della signora Wright, gli sembrava che la casa avesse un aspetto desolato, squallido. Ma ben presto si riprese, dandosi dello sciocco. La casa del malaugurio! Che stupidaggine! Sarebbe stato come chiamare Wrightsville il paese del malefico! Si tolse la giacca, si rimboccò le maniche della camicia e si mise all’opera.

«Signor Smith!» gridò una voce scandalizzata. «Che cosa sta facendo?»

Con aria colpevole, Ellery lasciò ricadere la copertura di tela che stava togliendo da un mobile, e in quel momento Hermione Wright entrò come un bolide.

«Questi non sono lavori per lei! Alberta, vieni dentro; il signor Smith non ti mangerà.» Un’amazzone dall’aria scontrosa entrò dietro la signora Wright. «Signor Smith, questa è Alberta Manaskas, proprio la domestica che fa al caso suo. Alberta, non restare lì impalata. Corri di sopra!»

Alberta scappò via. Ellery mormorò qualche parola di ringraziamento e si lasciò cadere sopra una poltrona coperta di tela, mentre la signora Wright si metteva all’opera per riordinare la stanza con un’energia impressionante.

«Tutto sarà a posto in men che non si dica. A proposito: spero che non le dispiaccia… poco fa, quando sono andata a cercare Alberta, ho fatto casualmente una capatina alla redazione del Record… misericordia, che polvere! E ho avuto un colloquio in privato con Lloyd, il direttore del giornale…»

Ellery provò una stretta al cuore.

«A proposito: mi sono presa anche la libertà di ordinarle delle provviste. Però, questa sera pranzerà a casa nostra. Aspetti; forse ho dimenticato qualcosa… l’elettricità, il gas, l’acqua… no, ho pensato a tutto. Quanto al telefono, me ne occuperò domattina. Dunque, come dicevo, ho pensato che, per quanto ci sforziamo, presto o tardi tutti verranno a sapere la sua identità, a Wrightsville, signor Smith… Naturalmente, da buon giornalista, Frank dovrà scrivere un articolo su di lei… quindi ho ritenuto opportuno pregare Frank, come favore personale, di non menzionare il fatto che lei è un famoso autore… Patricia, Carter, oh, cari, ho una grande sorpresa per voi!»