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Improvvisamente giunsero il giudice Martin e Carter Bradford. Tutti trasalirono quando il nemico varcò la soglia. Carter era pallidissimo e cercava di non guardare Pat che era diventata più pallida di lui. Clarice Martin, spaventata, lanciò uno sguardo interrogativo a suo marito, che rispose scotendo il capo con aria rassicurante.

«Non vorrei disturbare, signora Wright» disse Cart rigido. «Volevo solo che sapeste quanto male mi ha fatto tutto questo.»

«Grazie, Carter» rispose Hermy dolcemente. «E, figliolo: che ne è di Jim?»

«È scomparso, signora Wright.»

«Ne sono felice!» esclamò Pat. «Ne sono veramente contenta!»

«Non dire così, Patty» fece Cart lanciandole un breve sguardo. «Questo genere di cose non va mai a finir bene. Nessuno riesce a cavarsela. Jim avrebbe fatto meglio a restare dov’era.»

«Per darti il modo di mandarlo sulla sedia elettrica, immagino!»

Carter disse: «Naturalmente è stato dato l’allarme; tutte le strade sono controllate; è solo questione di tempo».

«Bradford, ha già scoperto da dove veniva quell’automobile?» domandò il signor Queen senza muoversi dal caminetto. «Mi è sembrata tutta una cosa preparata. L’automobile era nel posto ideale e, per di più, aveva il motore acceso.»

«A chi appartiene quell’automobile?» domandò Lola.

«È stata presa a nolo stamattina, in un garage della città bassa, da quella donna: Roberta Roberts.»

«Ah!» esclamò Ellery Queen, come se quella fosse appunto la notizia che si aspettava. Gli altri rimasero sorpresi.

«Carter mi ha permesso di parlare con quella donna, un minuto fa» spiegò il giudice Martin stancamente. «Dice che aveva noleggiato l’automobile per venire al funerale.»

«E sostiene di aver lasciato il motore acceso per sbaglio» concluse Cart seccamente. «Non c’è dubbio sulla sua complicità, ma se non riusciamo a prendere Jim Haight non potremo incriminare la Roberts. Probabilmente saremo costretti a rilasciarla.» E concluse irosamente: «Ho sempre diffidato di lei!».

«Domenica era andata a trovare Jim» osservò Ellery in tono meditabondo.

«Anche ieri! È probabile che abbiano preso accordi per la fuga.»

Hermy ripeté:

«Povero Jim» e chiuse gli occhi lentamente.

Quella sera, alle dieci, Carter Bradford ricomparve in casa Wright. Andò direttamente verso Pat. La ragazza ne fu tanto sorpresa, che si dimenticò di reagire.

«Tutto sta a te e a Lola, ora, Pat» disse Carter gentilmente.

«Si può sapere di che cosa stai parlando?» chiese Pat con voce tremula e acuta.

«Gli uomini di Dakin hanno trovato l’automobile di Jim.»

«L’hanno trovata

Ellery Queen raggiunse in fretta i due giovani.

«Se ci sono cattive notizie, parli sottovoce. La signora Wright è appena andata a letto, e John è al limite estremo delle sue forze. Dov’è stata trovata l’automobile?»

«In fondo al burrone che costeggia la strada del nord, dalla parte delle colline, a circa settanta chilometri da qui.»

«Oh, Dio» mormorò Pat con gli occhi sbarrati.

«È uscita da una curva ed è finita in fondo al precipizio. È stato un volo di più di cento metri…»

«E Jim?» domandò Ellery.

«L’hanno trovato nell’automobile.» Cart voltò il viso. «Morto. E così questa è la fine del “caso”.»

Il giovane si rivolse a Patricia. «È la fine, Pat.»

«Povero Jim» mormorò Pat.

«Voglio parlare con voi due» disse il signor Queen.

Era tardi e non c’era tempo da perdere. Le ultime ore erano state un incubo. Hermione aveva sorpreso la conversazione e alla notizia della morte di Jim era crollata. Al funerale della figlia il coraggio non l’aveva abbandonata, ma la fine del genero l’aveva trovata indifesa. Aveva perso il controllo e il dottor Willoughby aveva lavorato ore e ore per riuscire a farla dormire. John non era certo stato meglio: improvvisamente aveva cominciato a tremare come una foglia e il medico se n’era accorto. L’aveva mandato immediatamente a letto, con Lola ad assisterlo. Ora finalmente i due coniugi dormivano. Il dottor Willoughby era tornato a casa sfinito.

«Voglio parlare con voi due» ripeté il signor Queen. Pat era rimasta in silenzio sotto il portico ad aspettare che Carter Bradford uscisse per tornare a casa. Ed ora finalmente il giovane era arrivato.

«Non credo che possa dirmi nulla che io desideri udire» brontolò Carter con voce roca e fece per andarsene.

«Ellery, non…» esclamò Pat afferrandogli una mano.

«Devo parlarvi. Questo ragazzo crede d’essere un martire, lei Pat pensa di essere l’eroina di qualche tragedia di Byron. Entrambi siete due stupidi e questa è la verità.»

«Buona notte!» esclamò Carter Bradford.

«Aspetti un momento, Bradford. Abbiamo tutti passato momenti terribili e questa è stata una giornata particolarmente penosa. Ed io sto per lasciare Wrightsville.»

«Ellery!» gemette Pat.

«Sono già rimasto troppo a lungo, Pat. Ora non vi è più nulla che mi trattenga… assolutamente nulla.»

«Proprio nulla?»

«Risparmiatemi i vostri teneri addii» rimbeccò Cart. Poi rise un po’ imbarazzato e si sedette sul gradino vicino agli altri due. «Non badatemi. Sono intontito in questi giorni, a volte penso di essere un rompiscatole terribile.»

«Cart… tu? Che fai l’umile?» esclamò Pat sgranando gli occhi.

«Sono molto cresciuto in questi ultimi mesi» disse Cart a mezza voce.

«Molta gente è cresciuta qui attorno» fece il signor Queen in tono mite. «Che ne direste di dimostrare un po’ di buon senso, finalmente?»

«La prego, Ellery» mormorò Pat scostando la propria mano da quella del giovane.

«So che sto impicciandomi degli affari vostri e il mestiere di ficcanaso è duro» sospirò il signor Queen «ma, comunque, che ne dite della mia decisione di partire?»

«Pensavo che fosse innamorato di lei» borbottò Cart ruvidamente.

«E lo sono infatti.»

«Ellery!» esclamò Pat. «Non mi ha mai, mai…»

«Sarò innamorato di quel buffo faccino finché vivrò» dichiarò il signor Queen. «È un adorabile musino di bamboccia. Ma il male è, Pat, che lei non è innamorata di me.» Pat fece per dire una parola, ma ci ripensò e tacque. «Lei è innamorata di Cart.»

Pat balzò in piedi.

«Che importa se anche lo sono stata! La gente non dimentica le scottature e le ferite!»

«Oh sì, dimentica» disse pacato il signor Queen. «La gente sa dimenticare con maggiore facilità di quanto non si creda.»

«Impossibile» ribatté Pat corrucciata. «Non è il momento di comportarsi come ragazzini. Pare che non si sia reso conto di quel che è successo in questa casa. Ormai noi siamo dei paria. Dovremo combattere una lunga battaglia per riabilitarci. E ormai ci siamo solo io e Lola per aiutare mamma e papà a rimettersi di nuovo in piedi.»

«Potrei aiutarvi io, Pat» fece Cart in un soffio.

«Grazie mille! Faremo noi. È tutto, signor Queen?»

«Non c’è fretta» mormorò il signor Queen.

Pat rimase in silenzio per un momento poi augurò la buona notte con voce stizzosa ed entrò correndo in casa. La porta sbatté alle sue spalle. Ellery e Carter tacquero per un po’.

«Queen» disse finalmente Cart.

«Sì, Bradford?»

«Questa faccenda non è finita, vero?»

«Che cosa intende dire?»

«Ho la strana sensazione che lei sappia qualcosa che io non so.»

«Davvero?» domandò il signor Queen.

«Non voglio negare di esser stato gretto e testardo, ma la morte di Jim ha mosso qualcosa dentro di me. Non so perché, dal momento che non ha cambiato i fatti. Jim rimane sempre il solo che avesse un vero motivo per desiderare la morte di Nora. Eppure… non ne sono più sicuro come una volta.»